NELLA SCIA DI PIRI REIS ED IL TOPONIMO BERAGUA (PANAMA)

È risaputo che i viaggi di Colombo dopo il 1492 non permisero all’”Ammiraglio del Mare Oceano” di mappare granché del Nuovo Mondo.

Ecco perché le mappe di Piri Reis del 1513 hanno necessariamente costituito e costituiscono una sfida alle conoscenze tradizionali della cartografia. Si sa infatti che l’ammiraglio turco aveva copiato “carte alessandrine” molto antiche, come egli stesso ammise. Carte che rappresentavano perfettamente non solo le coste euroafricane fino al Golfo di Guinea, ma anche, nei dettagli, tutta la parte centro-meridionale del continente americano e una sorprendentemente circostanziata Artartide libera dai ghiacci polari e collegata alla Terra del Fuoco, più o meno come doveva presentarsi, secondo alcuni, circa tredicimila anni fa. Ma Piri Reis non è stato evidentemente il solo ad attingere a conoscenze dimenticate peraltro acquisibili da chi avesse saputo dove cercare. Il legato di una perduta civiltà primeva era con ogni probabilità conservato da sempre esclusivamente per gli “iniziati” e i soli esponenti della “intellighenzia” del mondo antico e medioevale, escluso per altri occhi fino al Rinascimento. Gli incendi della Biblioteca di Alessandria da parte dei Romani di Giulio Cesare prima e degli Arabi poi nel 642 d. C. dovettero consentire peraltro, nel caos conseguente, che certuni testi e documenti, salvati in extremis ai roghi dei conquistatori, fossero infine trasmessi e svelati ad occhi profani. L’ultimo forzato “travaso” di tali conoscenze si è verificato con l’islamizzazione dell’Egitto. Com’è noto, a chi gli faceva notare che l’avere appiccato il fuoco alla Biblioteca di Alessandria significava la distruzione di tanti libri pieni della intera conoscenza erede del luminoso passato di antiche civiltà e culture, il condottiero islamico Amr Ibn Al-As che aveva dato l’ordine rispose con una battuta (“Se quei libri contengono conoscenza e verità, esse sono già nel Corano; in caso contrario, è bene che brucino!”). Ma è proprio da quell’ultimo drammatico evento che si ebbe certo la diffusione di certi materiali prima “proibiti”. Piri Reis è solo la punta dell’iceberg. Così non ci meraviglia certo di dover constatare la sostanzialmente corretta presenza e rappresentazione del continente antartico nella nota mappa di Oronzio Finneo del 1531 o in quella di Giorgio Calopodio del 1537. Più recentemente, ricollegandosi agli studi inediti di Rolando Berretta, Alessandro Moriccioni, Andrea Somma e Andrea Femore hanno pubblicato sulla rivista “Mystero” n. 28 l’articolo “Il segreto di Piri Reis”, illustrandolo fra l’altro con lo sconcertante planisfero del 1508 attribuito al cartografo Francesco Rosselli, mostrante sorprendentemente l’Antartide più o meno come la conosciamo oggi, rappresentata addirittura con ampie zone di verde e perfino con l’apparente indicazione di siti notevoli e forse finanche di città.

Incredibile?

No, in effetti, se consideriamo quanto abbiamo già detto. Dal canto nostro, ci preme però attirare l’attenzione dei ricercatori su un’altra carta, di solo 11 anni successiva a quella di Rosselli, ed egualmente sconcertante. Si tratta del planisfero portoghese di Lopo Homen del 1519 riferito all’emisfero “est” con le nuove terre che il Romano Pontefice aveva proclamato di potenziale competenza coloniale del Portogallo, che raffigura in termini abbastanza corretti Europa, Africa ed Asia fino all’Estremo Oriente, nonché la parte centro-meridionale del continente americano comprensiva del Brasile, con la Patagonia collegata al “Mondus Novus” della “Terra Australis Incognita”. Come Piri Reis solo 6 anni prima, Lopo Homen raffigura le terre antartiche nei dettagli e libere dai ghiacci, con montagne, fiumi ed estuari lungo la linea costiera. Tutti particolari apparentemente troppo precisi e dettagliati per essere casuali. Anche il geografo portoghese, come l’italiano Rosselli e l’ottomano Piri Reis, aveva dunque attinto a originali quanto ignote fonti cartografiche del periodo alessandrino?

Articolo tratto dalla rivista Archeomisteri

mappa del mondo di Francesco Rosselli 1508        mappa Beragua

decorazione

Agli amici Pinotti, Beretta, Somma e Moriccioni è sfuggito però un particolare estremamente interessante a proposito della già anomala mappa Rosselli. Se si mette, difatti, la carta di fronte ad uno specchio ci si accorgerà che quella che da alcuni studiosi viene definita “la quarta penisola asiatica”, posta alle estremità delle Indie, appare come qualcosa di deja vu che noi interpretiamo come il Nord America avendone la stessa identica conformazione fino al punto dove dovrebbe esistere il famoso “passagium” che Colombo cercava, ovvero lo stretto che lo proiettasse verso l’Asia. La mappa dimostra la confusione che regnava al tempo, tanto è vero che nella parte sud di quella penisola si può leggere il toponimo Beragua, ovvero l’odierna Panama. A conferma che si tratta del continente americano che, per qualcuno faceva parte delle Indie. Mentre tutte le terre che si fossero trovate ad Oriente avrebbero avuto quel toponimo, facendo parte delle molteplici Indie di cui si favoleggiava, fra conosciute ed ignote. A meno che questa mappa non sia un tentativo di depistaggio. Colombo, difatti, sa perfettamente che le sue Indie (come è giusto che le chiami) non avevano invece nulla a che vedere con l’Asia, che infatti non nomina mai.

 Ruggero Marino firma

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