Ho letto anche con divertimento la stroncatura di Franco Cardini sul mio libro "Cristoforo Colombo l'ultimo dei Templari" (Sperling & Kupfer Rai Eri). Perché di stroncatura si tratta. Ma l'ho riletta più volte, soprattutto, con una profonda delusione per il tipo di argomentazioni scelte. A fronte di un lavoro di circa 350 pagine, di cui non si affrontano mai le tesi di fondo e quando lo si fa lo si fa di sfuggita e, mi si perdoni, con fumantina superficialità.

1) Cardini dice che io non sono uno storico. E chi l'ha mai detto? Io mi considero un "giorna-storico" e soprattutto un geografo fai-da-te, che tale è costretto a restare in solitudine, nonostante i frustrati tentativi di lavoro in équipe. Purtroppo io non dispongo di giovani studenti da utilizzare e sguinzagliare, di uffici, di segreterie e di finanziamenti per la ricerca. Cardini aggiunge, contraddicendosi ripetutamente, che ognuno deve fare il suo mestiere, ma mi incita, nonostante tutto ad andare avanti. Io invito Cardini ad andare a rileggersi quanto scrisse, nel 1997, per il mio "Cristoforo Colombo ed il papa tradito", dove affermava: "Eppure l'idea che Ruggero Marino abbia toccato una questione storica d'importanza rimane… Bloch diceva che lo storico è come l'orco; e che, dovunque senta odore di carne umana, là c'è il suo pasto. Conosco storici che non hanno nulla di questa sublime forma di antropofagia: sono soltanto dei malinconici, uggiosi topolini di biblioteca; e quando squittiscono le loro ricerchine stitiche nelle quali sono fermamente convinti che il mondo si esaurisca, il loro è il solito ruggito del topo. Marino, invece, no: lui un po' di sangue dell'orco ce l'ha". A questo punto lei mi confonde. Sono un aspirante lupo mannaro o un "contaballe"? Dal 1997 sono passati 8 anni. Puó essere che, dopo ulteriori letture, il "sangue" si sia talmente annacquato? Aggiungeva che ero "intollerabilmente ingenuo, tremendamente coinvolgente" e aggiunge oggi "generoso", "simpatico", "cordiale". Si possono conciliare queste qualità con l'arroganza? Con l'"illuso", "velleitario", "presuntuoso", che lei rivolge a se stesso, perché suocera intenda?

2) Cardini avverte che per fare uno storico ci vuole una vita. Non ho mai detto il contrario. Io mi occupo a tempo quasi pieno da 16 anni, credo non siano pochi, della scoperta dell'America e di Colombo. Ed è evidente che mi rivolgevo soprattutto alla categoria dei colombisti. Perché nessuno mi convincerà che la storia di Colombo sia il frutto del preteso rigore professional-scientifico. Colombo è per gli spagnoli scientificamente loro, altrettanto per i portoghesi, non parliamo degli italiani e via così… ognuno con le sue brave pezze d'appoggio documentali. In un girotondo dalla sconcertante "scientificità". E mai come per Colombo si puó richiamare l'abusato paragone del marziano, al quale lei purtroppo ricorre. Di un "marziano-vu-cumprà-chicano-messicano", che varca la frontiera ed entra negli Stati Uniti in pieno terzo millennio; e nella più sbandierata delle moderne democrazie pretende di andare da Bush. Per essere ricevuto alla Casa Bianca. Dove si dice pronto a trovare altri pianeti ed altre vite, purché gli vengano affidate tre astronavi. A patto di diventare il signore di quei nuovi mondi. E quel tonto di Bush gli darebbe la sua benedizione. E' credibile oggi tutto questo? E' credibile tutto questo, trasferito nel 1492, con re come Ferdinando ed Isabella, che fanno fuori i grandi di Spagna, musulmani ed ebrei? E' credibile la vicenda di un oscuro, ignorante marinaio che non sa niente, ma che indovina tutto, che frequenta il re del Portogallo, che poi tratterà, a scoperta avvenuta, peggio di come lei praticamente tratta me? In quel Portogallo dove sposa a corte una nobile fanciulla? Cosa normalissima, a quel tempo, in notorie e conclamate democrazie…? Che va in Spagna e viene ricevuto dalle teste coronate alle quali impone il suo diktat? Che se la fa con monaci e cardinali? Che dà a papa Borgia le direttive per spaccare in due il mondo come una mela? Che si scrive con il Toscanelli? Che minaccia di andare per qualcuno dal re di Francia per altri dal re di Inghilterra, dove si trovava il fratello Bartolomeo? Professore io, a differenza sua, l'apprezzo. Le pare credibile tutto questo fumetto d'antiquariato, questa "soap opera" d'annata-e-dannata ? Ho letto anche Le Goff (non vorrei sbagliare) che afferma che per quei tempi non ci puó fermare ai documenti, ma bisogna osare con la fantasia. A me che, anche con intuizione-fantasia (e non solo) procedo nel mio fai-da-te, pare che in questa "scientifica" ricostruzione di fantasia ce ne sia troppa. Ma aggiungo, e qua sfioro l'arroganza, che ci sono elementi più documento del documento, dai quali non si puó prescindere: e sono la logica, il buon senso, in certi casi addirittura l'evidenza. E torniamo ai colombisti. Ai membri della Commissione scientifica del 1992, per i 500 anni della scoperta dell'America, io mi sono rivolto umilmente a quasi tutti, per averne in risposta sorrisini di scherno: "Fesserie di un giornalista… a lei non risponderemo visto che è un giornalista…, lei non ha letto il mio studio… non è carino con gli spagnoli…" e via così. Per tacere delle insolenze sui giornali di Genova. Dove sulle mie ricerche, vere, ipotetiche o sbagliate che fossero, compariva si e no una riga. Mentre loro potevano scrivere quello che volevano e alle mie repliche, a dispetto di ogni deontologia professionale, ero allora redattore capo de "Il Tempo", non compariva una riga. Mi rivolsi perció altrove. Avevo trovato un confidente in un professore di Perugia. In un periodo in cui ebbi dei problemi di salute uscì un suo libro; il "clou" era costituito da tutti i particolari inediti che gli avevo rivelato. Un altro mi fece chiamare da un suo amico per farmi comunicare che era d'accordo e che lui aveva già scritto in contemporanea le stesse cose. Il professore in questione, mi si disse, mi avrebbe potuto dare la copertura accademica che mi mancava nei convegni internazionali. Pregai l'amico del professore di inviarmi le pubblicazioni, dove si parlava delle stesse cose che avevo scritto io. Le pubblicazioni non sono mai arrivate. Non le dico poi delle censure vere e proprie, dei cialtroni e dei plagiatori che sono spuntati. Potrei continuare, inoltre, in un lungo "florilegio", anche di errori "scientifici" che mi riguardano e che ritengo premeditati. Purtroppo quando si verificano tante "coincidenze" un minimo di paranoia è inevitabile. Mentre, come membro della nuova Commissione colombiana, ho appreso questo aneddoto, per me esemplare, circa la rivalità fra due baroni della scienza, chiamati dal re per risolvere, a favore dell'uno o dell'altro, la loro supremazia. Solo che uno dei due era cieco da un occhio. Il re disse a quello che aveva due occhi: "chiedimi per i tuoi studi qualsiasi cosa ed io te la concederó, ma sappi che lo stesso faró anche per il tuo rivale"; la risposta fu: "cavami un occhio". E le pare, professore che, a questo punto, mi possa riconoscere nel "monellaccio" (io ancora tale, eternamente ragazzaccio alla mia non "giovanissima" età, lei naturalmente cresciuto e solo "ex"…) al quale mi paragona e che sogna di fare parte del giardino dell'Eden, al di là del cancello che gli è precluso? E crede veramente che mi senta frustrato ed esacerbato per non essere cooptato alla presunta "corte dei sapienti"? Fa decisamente torto anche al mio minimo di amor proprio e di intelligenza (sempre che ne abbia una). Per concludere con i colombisti le faccio presente che noi giornalisti quando ci sfugge una notizia importante parliamo di "buchi" e facciamo ammenda. Come considera lei la voragine abissale di un papa genovese, Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo (1484-1492), praticamente ignoto ai colombisti (persino al genovese Taviani) e pochissimo conosciuto a Genova?

3) Cardini divide poi le mie fonti in "fonti doc" e "fonti spazzatura". In proposito mi pare che si echeggi, ancora superficialmente, il distinguo "rock o lento" di Celentano. Io, professore, saró tremendamente ingenuo, ma non riesco a pensare che uno si alzi la mattina, fatta salva qualche eccezione, per affrontare l'onere e la fatica, perché tale è sempre, di scrivere un libro, per raccontare unicamente balle. Forse per affrontare queste letture bisogna spogliarsi di una forma inveterata di "razzismo culturale". Mentre resto convinto che anche nel libro più "spazzatura" ci possa essere un rigo prezioso, in grado di aprire una strada che necessita, comunque, di ulteriori verifiche. Senza contare che alcuni dei libri-spazzatura che lei cita mi sono stati consigliati da alcuni suoi emeriti colleghi. Senza contare che suoi emeriti colleghi non hanno mostrato la sua insofferenza, ma ne hanno elogiato più di un contenuto, presumo "spazzatura" compresa. E mentre "Il giornale dei misteri", che lei ironicamente cita, non si è speso per me, il "Times", che non è un giornaletto, mi ha dedicato due pagine. Ma le diró ancora di più, a costo di sfiorare l'improntitudine. Volutamente e provocatoriamente, fra un testo "doc" e un testo "spazzatura", a parità di informazioni, io ho preferito citare i secondi, poiché fra tante scorie offrono a chi vuole cercare qualche spunto all'intelligenza vera e fanno più solletico al cervello di tanta supponente erudizione. Ho letto un'infinità di illeggibili libri "doc" che non sono altro che un elenco del telefono di date, di nomi, di fatti e fattarelli, a loro volta preziosi, ma che non hanno mai un barlume in grado di restituire l'atmosfera e tanto meno la psicologia dei tempi e degli uomini. Specie per quei potenti che non possono non avere avuto anche complicati disegni nelle loro teste.

4) E veniamo a quelle che sarebbero le dolenti note del "florilegio" di errori (e non "lapsus") denunciati da Cardini. Alcuni reali, altri presunti, altri ancora inventati. Lo stesso Cardini ammette che nessuno ne è esente. Ma io, nella premessa, scrivo di un "labirinto dalle molte porte, che potrebbero comportare anche inevitabili errori, di cui chiediamo in anticipo scusa al lettore". Inoltre Cardini sa che lo abbiamo cercato ripetutamente per fargli leggere in anteprima il lavoro, ma che non è stato possibile. Non per colpa nostra. Lo facevamo anche per evitarci le "cacchette di piccione", che eravamo certi non sarebbero mancate e sulle quali con tanto accanimento lei si spreca. Al punto da fare apparire come sostanza del libro quella che sostanza non è, al punto che ci sembra che con l'acqua sporca e niente affatto "calda", si preferisca buttare anche il bambino. In un costume cattedratico tipico e in un abuso-diffuso, per cui ho avuto sempre un'impressione di fastidio, leggendo simili rilievi, che per conto mio, andrebbero fatti in privato. Altrimenti mi pare assumano il tono di un "gossip-pubblico-plateal-intellettualistico", né più né meno come le sbandierate diatribe Albano-Lecciso. Una sorta di "guarda come ti erudisco il pupo e ti dimostro che io sono più bravo di te". Costituendo poi, nella sostanza, il mezzo più facile e frequente, non solo per quanto mi riguarda, per evitare gli argomenti di fondo, sui quali lei si limita a dire: "non mi meraviglierebbe pertanto se Ruggero Marino avesse ragione su tanti fra i problemi ch'egli propone a proposito dello scopritore del Nuovo Mondo". Bah… Altri suoi colleghi o scrittori di storia, prestigiosi almeno quanto lei, dicono che il libro è "estremamente interessante, avvincente, plausibile, affascinante…" e potrei continuare. Nella sua stroncatura non c'è invece una sola nota di assoluzione. Così come non mi pare, nonostante la sua encomiastica prefazione al libro del 1997, che io abbia mai avuto l'onore di una sua citazione. Mentre ora mi sarei aspettato da lei qualcosa sul supposto scontro-incontro fra spiritualisti dell'Islam e del Cristianesimo, in vista di una possibile pace universale, anche se si resta nel campo delle sole congetture. Ma mi pare che la storia, anche quella "doc", sia lastricata di ipotesi. E sul fatto che Colombo sapeva benissimo quali terre avrebbe incontrato, un argomento sul quale spendo molte pagine e molte fonti? Vede, professore, il mio libro, lo si vede fin dalla confezione, è diretto al grande pubblico, quello che da ormai 16 anni fa da volenteroso porta a porta alle mie ricerche. Io non ho mai preteso di scrivere solo per i "doc". Anzi. Convinto come sono che, se fosse per gli "amici degli amici" e "i compagni di merende", sarei rimasto in eterno nella nebbia. Io scrivo, se vogliamo in chiave "nazionalpopolare", contro la "vulgata" corrente da libro di scuola (e non solo), che vuole ancora oggi Colombo come un avventuriero di umili origini, avido d'oro che, grazie alla generosità delle corone di Spagna, ottiene il finanziamento per il suo viaggio. Per non capire fino alla morte dove è riuscito ad andare. E' chiaro che, in questa scelta, io uso un linguaggio più consono ad una lettura facilitata, che si serve anche di un po' di esemplificazioni e di "spezie" per condire la pagina e catturare il lettore. Senza per questo tradire, mi auguro, le finalità anche "revisioniste", spero non in senso deteriore, alle quali tende il libro. Crede proprio Cardini, che dopo tante letture, io non sappia che Vaticano per quei tempi è un termine "anacronistico", usato solo per farmi intendere? Non a caso nel capitolo dell'infedele Piri Reis, in una nota, si puó leggere, per chi vuole leggere senza preconcetti: "Usiamo il termine Vaticano anche se, dati i tempi, è improprio". Crede inoltre veramente che possa confondere, se non per mancanza di "familiarità con il linguaggio cronologico," Cinquecento e quinto secolo", che non possa considerare Savonarola (forse avrei fatto bene a mettere le virgolette) "fiorentino" d'adozione, che abbia usato per la battaglia di Lepanto l'aggettivo "definitiva" non in senso assoluto, ma per ribadire l'approdo vittorioso di un momento epocale di scontro, che nel mio lavoro inizia con la sconfitta di Costantinopoli? Che non conosca alcune concezioni di Aristotele? Mentre Renato d'Angió dalle mie fonti, forse per lei spazzatura, risulta un cultore anche del mistero, mentre non è mai scritto che fosse "semisconosciuto alla medievistica" e a pagina 279 viene definito, fra diverse altre cose, "un antesignano dei coltissimi principi italiani del Rinascimento"? Mentre nomino sì il "Priorato di Sion", sempre per aiutare chi legge in certe correlazioni, dato il successo di Don Brown, ma aggiungo per il presunto ordine l'aggettivo "fantomatico", che sul dizionario Treccani equivale ad "irreale"? Che è vero che a pag. 19 parlo di San Francesco e il Saladino, ma appena 7 pagine prima (pagina 12) avevo scritto che si era recato dal sultano, in un classico "lapsus". Dovuto pensi a che cosa? Al fatto che stavo leggendo il suo libro sul "Saladino", dove lei sente il bisogno di ringraziare per l'editing" Tuvia Fogel, a dimostrazione che anche Cardini necessita di un occhio amico ed attento alle cacchette di piccione e forse ad altro. Quello che probabilmente a me è in parte mancato. E' vero poi che parlo di flotta templare (pensi, ho letto anche Demurger e la Frale), ma in un capitolo che alterna realtà e leggenda, anche perché si tratta di una leggenda mai morta e di un rebus mai risolto. Cardini critica anche il termine "flotta" templare, per sostenere che, vista la quantità di navigli, si tratta di frutto della fantasia. Puó darsi, ma io so che per la prima spedizione di Colombo, una nave, due caravelle e circa 100 uomini di equipaggio, si parla nel documento di "Armada"(?). Cardini aggiunge: "Mai sentito parlare dei rapporti tra mondo scandinavo e Bisanzio tra Nono ed Undicesimo secolo?". A pag. 168 è scritto: "I Vichinghi sono l'espressione di un popolo… che verso l'886 era giunto persino a Costantinopoli, alla fonte di molte carte." A parte che in un'opera, pur densa, che spazia forse con troppo ardire e, se vuole, con incoscienza nei millenni, non si possono certo esaurire tutti i filoni di indagine possibile. Quanto all'ordine del Santo Sepolcro, forse e per una volta mi auguro di essere io a cogliere in fallo il professore, probabilmente è Cardini a non sapere che Innocenzo VIII lo fece confluire nell'ordine di Rodi. E non parliamo della terra piatta, della "terra australis", del Colombo-profeta, laddove Cardini, cambiando la disposizione delle carte, anche geografiche, sostiene che io attribuisco la mia ignoranza all'ignoranza dei cultori della storia. Non è così, professore. Circa la terra piatta a me pare che diciamo le stesse cose, ed io a riprova delle conoscenze che il Medioevo doveva avere, porto a supporto anche la lapalissiana evidenza di tante statue e di tante immagini, nelle quali personaggi sacri e re del mondo hanno nella mano la sfera dell'orbe. Quanto alla "terra australis" so bene che la cosa è "strasconosciuta", ma ribadisco che la questione è del tutto fraintesa e sottovalutata di fronte alla valanga di documentazioni e mi soffermo soprattutto su carte dove, circa la "terra australis", si parla non di una zona "incognita", ma non completamente "cognita" e quindi, presumibilmente e sia pure parzialmente, già toccata da qualche navigatore. Ed è altrettanto evidente che sia noto il fatto che Colombo sia stato interpretato anche come "di spirito profetico dotato" e che abbia scritto un "Libro delle profezie". Ma curiosamente quel libro, dagli stessi cultori di Colombo, è completamente trascurato. Nell'opera omnia degli "Scritti" di Colombo, usciti per Einaudi nel 1992, quell'opera non compare. Lo stesso dicasi per la monumentale "Grande Raccolta Colombiana", pubblicata in 20 tomi per i 500 anni della scoperta dell'America. Certo che si sapeva, ma quello spirito profetico veniva quasi sempre accantonato con sufficienza, interpretato come un abile e furbo alibi del navigatore, o del tutto ignorato dagli stessi colombisti ed isolato, mentre se quello stesso spirito lo si colloca in un'operazione voluta dalla Chiesa di Roma e da un papa anche "eretico" come Innocenzo VIII, che si serve di monaci e cardinali per i suoi scopi universalistici e geografici, non trova che quello stesso spirito, negletto da gran parte della pubblicistica, venga ad assumere una valenza diversa e fondamentale? Soprattutto in un'epoca ammantata di millenarismo e anche di spiritualità, come lei mi insegna e come io sottolineo? Quanto alle sue fonti "doc" lei è proprio convinto che la navigazione d'altura non fosse possibile e che Colombo, come sostiene qualcuno dei suoi autori "doc", fosse quasi un ignorante? Oggi la rotta atlantica è stata percorsa persino da una donna con una barchetta a remi. Io è evidente non mi permetterei mai, come fa lei, di bistrattarla, ma ho l'impressione che lei di Colombo non sappia a sufficienza. Ed è un peccato, perché io ho sempre pensato che con le sue conoscenze lei avrebbe potuto decriptare molte delle infinite lacune che sussistono nella vicenda del navigatore. E non citi, per favore, a mó di "j'accuse", il Bignami e Don Brown. Le garantisco che non le fa onore.
Nella già citata prefazione al mio precedente libro Cardini concludeva, sempre a proposito del mio "sangue da orco", che preso dalla mia indagine, nemmeno me ne sarei accorto. Ora me ne sarei accorto per eccesso. Io non mi impanco a storico, anche perché non ho trovato nelle mie esperienze dirette esempi stimolanti. Il mio primo libro fu osteggiato, anche se in qualche caso saccheggiato, perché non era un libro "formalmente" storico, mancante peraltro di note. Come se fossero prevalenti sull'insieme del lavoro. Sulla base di queste critiche ho tentato ora di fare un'imitazione dello storico con citazioni di fonti varie e ho scritto ben 70 pagine di note. Cercando tuttavia di farmi leggere "in primis" dal lettore comune. Nemmeno così va bene, non è il mio mestiere, "il lavoro finisce per venir male comunque". E a questo punto ho l'impressione che finché mi limito a fare il libro solo da giorna-detective, e Cardini scrive che il lavoro dello storico "assomiglia molto a quello del detective", io possa accattare un sorriso paternalistico ed essere accettato. Ma che quando tento di fare con fatica un salto di qualità, vengo redarguito (accade soprattutto in Italia) e punito per invasione di campo. Sporco negro sei nato e sporco negro resterai: il tuo modo di camminare lo dimostra, anche se poi capita che i neri vincano le gare di fondo e di velocità. E' solo una battuta. Lei mi parla anche di sfragistica. Ebbene, lo confesso: sono dovuto ricorrere al vocabolario. Non sapevo cosa fosse. Abito all'attico. Devo per questo buttarmi di sotto? Sono perció del tutto inutili le 350 pagine che ho scritto?

In conclusione io credo (resto un illuso?) e spero di essere incappato in una di quelle giornate in cui si scende dal letto con il piede sbagliato. E di aver fatto le spese dell'overdose di "Codici". Tanto è vero che Cardini dice che "bisogna pur dare uno stop", anche se personalmente, visto che lo aveva scelto come "guida", mi lascia una certa amarezza il fatto che abbia scelto proprio me per farlo. Reagendo, di fronte al "Mistero" e alla parola Templare, come un indemoniato di fronte alla croce dell'esorcista. Il guaio è che per me quello che oggi passa spregiativamente per "mistero" costituiva una "forma mentis" fra le più alte di quel tempo lontano, mentre resto, per ora e sino ad ora, convinto che il filone cavalleresco non poté fare a meno del retaggio templare fino alla scoperta dell'America. Da Cardini lo "stop" è stato fatto. Ed è giusto che lui si esprima secondo il suo pensiero. Ma a questo punto permetta anche a me un consiglio, se puó avere un valore il mio a-professionale parere: lei potrebbe essere lo storico e scrittore italiano in grado di regalare al grande pubblico e alla letteratura italiana il più bel libro di storia. Superiore a quelli fortunatissimi di Eco. Solo che abbia il coraggio di spogliarsi del suo troppo sapere e di troppe certezze, di non restare ingessato nella sua corazza baronale, di rinunciare in parte alla sua graniticità manichea e di aprirsi almeno un poco a quel mistero, che sembra disprezzare in ogni forma. Ma che al tempo di Colombo apparteneva a quel tipo di pensiero che sembra tornare oggi nelle parole di Benedetto XVI, quando avverte che non tutte le risposte si possono esaurire nella ragione e nella scienza. Cerchi, dunque, di scendere dal cadreghino quel tanto che possa essere sufficiente a non rinnegare il suo Dna. Lei, oltre alle conoscenze, ha una rara capacità di scrittura e una vena di lirismo, di ironia e persino di perfidia. Non a caso l'elenco (ancor m'offende) che lei fa dei cultori balordi del mistero comincia con la mia categoria di giornalista e finisce con "odontoiatri, stagnari e ciabattini … che spesso nel loro prezioso cassetto, conservano anche delle belle poesie…". Ed io, come si evince dalla bandella di copertina, ho il peccato originale di scrivere anche poesie... Quanto a Schliemann e Heyerdhal, citati come "pasticcioni", mi sarebbe di troppo onore essere considerato un loro allievo. E per quanto riguarda il secondo, che io considero un gigante, mi basterebbe avere un'unghia del suo genio, anche se lei non lo considera "doc". Ecco perché, caro Cardini, la sua stroncatura a me è parsa sussiegosamente paternalistica e sorprendentemente irrispettosa. Mentre io ho rispetto di lei e della sua schiettezza. Ma schiettezza per schiettezza la sua, più che una recensione, mi è parsa una difesa d'ufficio della "razza padrona e/o barona" (anche, in certi casi, non poi così rari, nel senso di bari). D'ora in poi, pur continuandola a leggere, mi guarderó bene dall'"assediarla". Anche perché sono stanco, come credo capiti a lei, quando viene definito un "catto-islamista", di essere considerato l'esemplare di una terza età "entusiasta, generosa, ingenua" e un giornalista da ganascino "irruente, simpatico, divertente…" A me sembra solo il ritratto di un vecchio "bischero" o di un candido giullare. A me piace quanto meno, come ha detto qualcuno, sentire parlare di "tenacia". Se tale non fosse e se non fossi stato un operatore dei media la storia di Colombo e del suo papa genovese sparito sarebbe, grazie all'omertà accademica, ancora al palo dopo 16 lunghi anni. Da un suo pervicace, nel bene e nel male, lettore.

Ruggero Marino firma

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