“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi” (Brecht). Evidentemente questa Italia disastrata ne ha un estremo bisogno. Al punto da inventarseli. Faccio una premessa per non essere frainteso. Anche io ammiravo Frizzi, la sua bonomia, la sua allegria, la sua signorilità, la sua professionalità in una tv ormai piena di nani e ballerine, di linguaggi grevi e urla da bettola. Ma ho l’impressione che si perda il senso della misura e che soprattutto lo perda la sua tv, quella stessa che privilegiando la volgarità non sempre gli era stata amica e che oggi lo piange e rimpiange, anche con lacrime e dichiarazioni di coccodrillo. È morto un uomo perbene. Ma è morto, sia pure tragicamente e crudelmente, di morte naturale. Non è morto un eroe di cui riempire i telegiornali mattina e sera e addirittura mandare in onda in diretta la cronaca dei funerali. In una distorsione che traspare anche dalle parole di molte persone anonime accecate dall’affetto e forse dall’intervista televisiva: “Era uno di noi”. Ma quando? Ma dove? Come se fossimo tutti personaggi nati e vissuti attraverso il piccolo schermo. È morto un uomo di spettacolo. Un personaggio dai tanti meriti, di cui ora si scoprono anche le doti di generosità, pudicamente tenute segrete. Ma pur sempre un uomo di spettacolo. Non è morto Falcone, non è morto Borsellino, non è morto l’agente francese che si è sacrificato spontaneamente nel corso dell'ultimo attentato in Francia da parte degli assassini dell’Isis. Da domani che Fabrizio riposi in pace, lontano anche da questo frastuono eccessivo, sul quale avrebbe fatto ancora una risata. Ma questa volta amara.