Le Crociate ebbero in san Giorgio, il santo cavaliere, un protettore riconosciuto sia dagli eserciti cristiani che dai loro avversari islamici. E in Oriente questo martire del IV secolo ha lasciato segni profondi, contro i quali di recente si è accanito lo Stato islamico (Is): solo alcuni giorni fa, infatti, hanno fatto il giro del mondo le immagini della distruzione delle croci dell’antico monastero di San Giorgio a Mosul. Ma in realtà san Giorgio con la sua spada, più che dividere, ha gettato un ponte tra mondo musulmano e fede cristiana: il suo messaggio spirituale, infatti, lo rende affine alla visione mistica islamica, che vede nel combattimento con il drago quasi il paradigma della jihad.
La provocazione nasce dalla ricerca sull’identità del santo cavaliere raccolta nel saggio San Giorgio e la rosa di Cristiano Antonelli (Thyrus, pagine 256, euro 20,00). A caccia del volto autentico di san Giorgio, la cui devozione arriva fin nei borghi più sperduti d’Europa, l’autore offre un percorso che travalica confini geografici, storici e culturali e alla fine restituisce un risultato inaspettato.
Quello che all’inizio sembra, infatti, una ricerca sulle tracce dell’autentica biografia di questo testimone della fede finalmente liberato da miti e leggende, si trasforma in qualcosa di ben più complesso, giungendo alla conclusione che la vera identità di san Giorgio non va distillata dal narrato mitico e dalla devozione popolare, ma costruita proprio a partire da queste dimensioni. Questo tipo di lavoro costituisce un prezioso contributo non solo alla riscoperta del valore storico e spirituale della figura di san Giorgio, ma offre pure un ottimo spunto per meditare sul significato della ricerca agiografica e del suo rapporto con la devozione popolare.
Giorgio è il santo uccisore di draghi per eccellenza. Eppure le più antiche rappresentazioni del martire-cavaliere ci raccontano tutta un’altra storia.
In quanto simbolo del paganesimo e del male, il drago è un personaggio frequente nelle storie dei santi medievali. La lista dei santi sauroctoni – cioè uccisori di draghi – è infatti molto lunga: Teodoro, Silvestro, Margherita e Marta (che però si limitò ad ammansire il mostro) sono solo i più famosi. A questi si aggiunge l’arcangelo Michele, alla guida della battaglia contro il drago apocalittico. Tra gli uccisori di draghi, tuttavia, nessuno ha riscosso tanta venerazione popolare quanto san Giorgio, scelto come patrono dall’Inghilterra e dal Portogallo. Della sua vita non ci sono notizie storicamente fondate, se non che fu un soldato originario della Cappadocia, martirizzato sotto Diocleziano. Le storie che lo riguardano sono quindi il risultato di elaborazioni medievali, che si arricchivano progressivamente di dettagli. L’iconografia tradizionale di Giorgio è legata al suo miracolo più celebre, quello appunto dell’uccisione del drago. L’episodio, come viene riportato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, è noto: per tenere lontano un mostro che infesta la città libica di Selem, gli abitanti estraggono a sorte giovani vittime da dargli in pasto; quando il sacrificio tocca alla figlia del re, compare san Giorgio a cavallo, che neutralizza il drago (la scena immortalata dagli artisti); quindi invita la principessa a legare la cintola al mostro, ora mansueto, per condurlo in città; di fronte al miracolo, il re e l’intera popolazione si convertono; e il drago viene finalmente ucciso. Dal XII secolo in poi la scena della lotta contro la creatura demoniaca è frequentissima in tutta Europa, ed è testimoniata in pittura, in scultura ed in miniatura