Riportiamo integralmente uno studio di Giuseppe Pisano, che dovrebbe interessare soprattutto i calabresi. Pisano è uno dei pochi che si è avvicinato ai miei studi per approfondire seriamente e correttamente un filone che avevo aperto nel libro”Cristoforo Colombo l’ultimo dei Templari”, apportandovi interessanti novità. A differenza di altri, professori e non, Pisano ha mantenuto sempre un amichevole contatto con un costante scambio di reciproche informazioni, come sempre dovrebbe essere. Ci siamo conosciuti ed abbiamo partecipato insieme ad un Convegno ad Aiello. In un tipo di rapporto a cui è venuta meno più di una persona, ospitata generosamente persino in casa dimostrando una falsa amicizia, ma venuta solo per strappare notizie inedite rivendute poi come proprie. Gli studi di Pisano acquistano valore in funzione di quel filone più meridionalista che nordico che emerge nei trascorsi di Cristoforo Colombo.
Tutto ha origine dalla riproduzione di un medaglione raffigurante Colombo, di cui purtroppo si ignora il luogo di conservazione e i committenti (particolari che avrebbero fornito indicazioni preziose), pubblicata da Alessandro Parronchi nel 1967 (Lorenzo e dintorni, Ed. Polistampa, Firenze 1992, p. 111) e ripresa anche da me (M. BRUSCHI, La firma segreta di Cristoforo Colombo. La qabbalah e altre “curiosità” archivistiche, Pistoia 2013, Presentazione di Carlo Pedretti, con interpretazione definita “possibile e ben congegnata” da Paolo Emilio Taviani nel 1998).
Se si accetta l’ipotesi di Parronchi (con la quale io concordo pienamente) di Bertoldo di Giovanni, ‘mitico’ scultore fiorentino sovrintendente della Scuola di S. Marco ideata dal Magnifico Lorenzo de’ Medici e ‘frequentata’ fra molti altri grandi artisti anche dai giovani Michelangelo e Leonardo da Vinci, come autore della medaglia, entra in campo subito strettamente il celebre e altissimo ambiente culturale e artistico della Firenze di quella ‘età dell’oro’.
Si aprirebbe, pertanto, come suggerito da Parronchi, tutto il problema del passaggio di Colombo da Firenze, da molti studiosi tuttavia messo in dubbio, e dei suoi eventuali incontri (che, secondo me, dovettero essere quasi inevitabili) con le grandi menti degli umanisti e scienziati del tempo presenti a Firenze … tenendo conto dell’anno decisivo 1479 (PARRONCHI, Lorenzo e dintorni, p. 87).
“Bertoldo morì un anno prima di Lorenzo, nel 1491. E se egli fosse davvero l’autore di questo ritratto, s’aprirebbe un problema interessantissimo sulle possibilità di un rapporto diretto di Colombo con l’ambiente fiorentino, cioè di un suo incontro con Lorenzo de’ Medici” (Lorenzo e dintorni, p. 107). “Una cosa sembra possibile: che in qualche soggiorno fiorentino, di cui non è rimasta traccia documentaria, Bertoldo abbia fissato i lineamenti di Colombo dal vero, prima che egli diventasse universalmente famoso per la sua impresa, nella medaglia qui riprodotta. Siamo assolutamente sicuri che Colombo non fu in Italia dopo il 1479. Dunque dovrebbe trattarsi di data anteriore. La somiglianza intrigante con lo stile dei rilievi del palazzo Scala, a Firenze, collima con l’ipotesi di un soggiorno fiorentino dell’ammiraglio immediatamente prima di quella data” (Lorenzo e dintorni, p. 109).
Il contesto generale potrebbe essere, molto sommariamente e schematicamente, così sintetizzato: Colombo in visita a Firenze (dove si trovavano Paolo dal Pozzo Toscanelli, Giovanni Pico della Mirandola …) con ogni probabilità inviato da papa Innocenzo VIII (il papa ignorato dalla critica moderna e letteralmente “riesumato” da Ruggero Marino) su suggerimento (anche “interessato” poiché il Banco Mediceo, tramite la famiglia Berardi, finanziò in gran parte le spedizioni verso il Nuovo Mondo) del Magnifico Lorenzo, consuoceri.
A ricordo del passaggio del navigatore (astronomo, cartografo), Lorenzo (o chi per lui), come per esempio anche Bartolomeo Scali che stava costruendo il suo palazzo detto della Scala-della Gherardesca e adornato di fregi proprio da Bertoldo, commissiona la medaglia-ricordo di Colombo.
E qui una domanda corre d’obbligo: l’autore come faceva a modellare il volto da rappresentare (e preso poi proprio di profilo) se non aveva conosciuto o almeno visto di persona il soggetto da modellare?
Lo stesso Bertoldo, “scultore laurenziano”, anche nel 1478 aveva prodotto due altre medaglie, per commemorare la congiura dei Pazzi. Le immagini di Lorenzo de’ Medici (Salus Publica) e di Giuliano de’ Medici (Luctus publicus) presentano tratti somatici, sempre presi di profilo, del tutto rispondenti alle sembianze vere e naturali dei protagonisti (Cfr. E. GARIN, 1492. Un anno fra due ere, p. 62).
L’intuito, il buon senso e il contesto storico generale portano a ritenere che il medaglione di Bertoldo di Giovanni sia davvero il vero ritratto di Cristoforo Colombo.
_ Nel 1964 il medaglione doveva esistere da qualche parte, altrimenti come poteva essere fotografato e poi pubblicato?
_ Da pochi giorni è uscito un libro frutto di nuove ricerche che hanno apportato ulteriori acquisizioni e numerose inedite conoscenze sull’argomento (SANDRA MARRAGHINI, Piero della terra Francesca. Il sole sorge a Firenze e tramonta a New York, Ed. FirenzeLibri, 2015). Quanto sopra da me appena accennato, sulla centralità di Firenze nella “scoperta” del Nuovo Mondo, trova anche qui precisa conferma. Si afferma, infatti, sulla questione: “La scoperta dell’America del 12 ottobre 1492 non è mai stata una vicenda del tutto chiara, l’unica cosa certa è che ha costituito l’atto ufficiale con il quale è stata decretata la scoperta delle nuove terre e soprattutto la loro assegnazione politica; un’assegnazione che dimenticò i finanziatori della spedizione di Colombo, ossia i banchieri fiorentini e genovesi, e che non tenne conto che la madre della conoscenza che condusse al di là dell’Atlantico altro non era che Firenze quale capitale mondiale della cultura e vera scopritrice del Mondus Novus: unica testimonianza il nome America, ereditato da un navigatore fiorentino [Amerigo Vespucci]” (Marraghini, 14).
Osservazioni ‘minime’ sul monumento funebre di Innocenzo VIII nella basilica vaticana
Soffermandomi attentamente su alcune parti del monumento bronzeo di papa Cybo (Innocenzo VIII) in S. Pietro, opera di Antonio del Pollaiolo, ho potuto notare vari piccoli particolari che, forse, in cinque secoli non sono mai stati frutto di osservazione ravvicinata da parte nessuno e quindi di interpretazione adeguata.
Di contro, mi sono sembrati importantissimi e che confermano tante cose. Vale pertanto la pena, a mio giudizio, segnalarli.
Así pues, Inocencio VIII es representado por Leonardo da Vinci como un "blemia", y por tanto, como un místico.
Es más..., si se fijan, comprobarán que este ser fabuloso, está sentado en un trono de piedra, un trono...que bien podría simbolizar la Cátedra de Pedro.
PEDRO = PIEDRA
Marco Polo nasce a Venezia (1) nel 1253 da una famiglia di mercanti probabilmente originari di Sebenik. Il nonno Maffeo, aveva soggiornato a lungo a Costantinopoli e aveva aperto una sede commerciale a Soldai in Crimea da cui il padre Nicolò e lo zio Matteo nel 1261 si erano recati nel territorio mongolo/tartaro dell’Orda D’Oro tornando a Venezia otto anni dopo. Nel 1272 Nicolò e Matteo ripartono per il Catai portando con loro Marco. Percorso uno dei vari rami della via della seta i tre, dopo un viaggio di tre anni e mezzo, raggiungono la capitale dell’Impero e sono ricevuti alla corte di Kubilai Khan. I Polo sono accolti con grandi onori e Marco conquista le simpatie di Kubilai. Apprese alcune lingue dell’Impero, Marco è inviato dall’Imperatore in giro per l’Impero con vari compiti.
Nel 1292 riceve l’incarico di accompagnare una principessa via mare da Zaitung ad Hormuz e da qui continua fino a raggiungere Venezia nel 1295. Nel 1298 Marco Polo partecipa alla battaglia di Curzola ed è catturato dai genovesi che lo rinchiudono in cella. Durante la prigionia Marco racconta al suo compagno di cella, Rustichello da Pisa, le sue avventure che saranno raccolte da Rustichello in un libro,Descrizione del Mondo, che presto prese il nome diIl Milioneperché si diceva che contenesse un milione di aspetti fantastici sui luoghi visitati da Marco Polo.
Dopo la pace, nel ’99 Marco torna a Venezia dove si dà ai commerci e muore l’otto gennaio del 1324. Questa è per sommi capi la storia com’è descritta dai libri di storia, in effetti, come disse Marco Polo parlando del libro scritto da Rustichello, “qui ci sono solo la metà delle cose”, e l’altra metà? Cos’altro aveva visto e fatto Marco Polo nei ventiquattro anni che era stato assente da Venezia? Perché non le conosciamo? Grazie ad alcune lettere di Marco Polo ritrovate negli ultimi vent’anni sappiamo che il grande viaggiatore era andato in Cina non solo come mercante ed emissario del papato per la corte imperiale, ma anche come spia per la Serenissima Repubblica di Venezia col compito di carpire carte e conoscenze scientifiche e geografiche. Il primo uso di queste conoscenze fu appannaggio delle tre sorelle di Marco Polo, Fantina, Bellela e Moretta, che per anni tennero seminari e incontri, ovviamente a pagamento, con dotti e i ricchi di mezz’Europa, raccontando le avventure del fratello, sia quelle scritte che quelle non scritte. Ma cosa raccontavano le tre sorelle che non fosse stato scritto da Rustichello?
I Templari e la Cupola della Roccia a Gerusalemme. L’edificio che i monaci-guerrieri chiamavano Templum Domini (la casa del Signore), altro non era che una moschea araba. Tuttavia l’Ordine del Tempio mostrava un interessamento più accentuato per la Cupola della Roccia che per la basilica del Santo Sepolcro. La sua preferenza per un edificio islamico sorprende, soprattutto se pensiamo che la basilica del Santo Sepolcro rappresentava agli occhi della Cristianità la tomba di Gesù. Nel Medioevo ogni buon cristiano era convinto che la salma del Salvatore fosse stata deposta in quel luogo, prima che il Messia salisse al Cielo. Sarebbe stato dunque logico pensare che l’Ordine del Tempio, la Militia Christi, avesse scelto quale chiesa madre proprio la basilica del Santo Sepolcro e non la Cupola. Infatti, nonostante quest’ultimo edificio racchiudesse la roccia sacra, una reliquia sacra al giudaismo, al cristianesimo e all’islam, rimaneva pur sempre una costruzione islamica ed era considerata monumento pagano. La costruzione della Cupola della Roccia era iniziata nell’anno 691 per volere del califfo Abb-al-Malik. Il principe mussulmano voleva trasformare Gerusalemme in un luogo importante di pellegrinaggio islamico che potesse concorrere con la Mecca. Decise quindi di innalzare un edificio nel luogo sacro della città, una moschea le cui mura proteggessero la roccia su cui Maometto, messaggero di Allah, s’era fermato a pregare per una notte intera insieme ai suoi precursori Mosè, Abramo, Salomone e Gesù.
Il tiro a segno contro Colombo è in pieno svolgimento. Un branco di presunti storici, paladini dei diritti umani, araldi della correttezza politica, nativisti assortiti e revanscisti indigeni hanno trovato in Colombo il bersaglio ideale. Di conseguenza, il Columbus Day non e’ più una festività in America, è il giorno dell’obbrobrio che deve essere ricordato per il dolore e la sofferenza che la scoperta dell’America ha arrecato alle popolazioni indigene.
Berkeley ha dato il via sconsacrando il Columbus Day nel 1992, cinquecento anni dopo che il navigatore italiano era sbarcato in un’isoletta dei Caraibi. Poi e’ stata la volta di altre città come Minneapolis che lo scorso aprile ha ribattezzato il 12 Ottobre “Giornata dei Popoli Indigeni”. L’ultimo ad entrare in scena e’ stato il consiglio comunale della città di Seattle che ha cancellato il Columbus Day dopo aver ascoltato un capo indiano americano il quale assicurava che “nessuno ha scoperto Seattle, Washington”. Per la cronaca, erano stati gli indiani americani a condannare per primi Colombo e la sua scoperta dell’America attraverso un nuovo sodalizio di patrocinio pubblico. Agli indiani certamente non mancano i bersagli. I Washington Redskins del football sono soltanto il più recente.
A chi appartiene il volto impresso sulla sacra sindone?
Qual è la vera storia del telo che rappresenterebbe il volto di Gesù morto in croce?
Che legame esiste trala sindone ed i Cavalieri Templari?
I misteri celati nell'enigmatica Sindone sono tuttora irrisolti. A chi appartiene il volto impresso sul lino conservato a Torino? Qual é la vera storia del telo che per molti rappresenta la sacra effigie di Gesù appena morto in croce? E' davvero lui l'uomo della Sindone? Che ruolo ebbero i Templari?
Due tenui impronte di un corpo umano, una di fronte, l'altra di schiena, martoriate da un supplizio che ne ha causato la morte. Una morte racchiusa in un'espressione di serenità che contrasta con le sevizie che l'uomo della Sindone ha dovuto subire. Le prime immagini fotografiche del volto furono ottenute nel maggio 1838 da Secondo Pia, il quale durante lo sviluppo dei negativi scoprì che il telo si comportava come un negativo fotografico. Le immagini, infatti, mostravano un volto tridimensionale e chiaro come fossero delle stampe in positivo. La Sindone stava per presentare i suoi misteri al mondo contemporaneo, privo però di gran parte della memoria storica inerente il telo.
Il dizionario definisce la parola anamorfosi come un artificio pittorico per inserire in una composizione scene o immagini non percepibili se non osservate di scorcio o da un determinato punto di vista. Un fenomeno che già Leonardo aveva studiato.
"...PERCHE' L'OCCHIO DEL DOLORE, LUCIDO DI LACRIME ACCECANTI, DIVIDE UNA COSA INTERA IN TANTI OGGETTI, COME LE PROSPETTIVE CHE, GUARDATE A MODO GIUSTO, MOSTRANO NIENT'ALTRO CHE CONFUSIONE E, GUARDATE DI SBIECO, DISTINGUONO LA FORMA..."
...così, nel 1593, si esprime William Shakespeare (1564 - 1616) nel 'Riccardo III' (atto II, scena 2) riguardo quelle curiose deformazioni prospettiche che vengono definite 'Anamorfosi'. Il grande drammaturgo di Stratford-on-Avon faceva, all'epoca, parte della compagnia teatrale 'Lord Strange's Men' che, a Withehall Palace, aveva rappresentato sei opere teatrali tra il 27 Dicembre 1591 e l'8 Febbraio 1592. E' quindi più che plausibile ipotizzare che egli, nell'opera citata, intendesse riferirsi ad un bizzarro dipinto 'anamorfico' - eseguito nel 1546 - del re Edoardo VI, conservato proprio in quell'edificio e osservato appena un anno prima della pubblicazione del citato dramma storico, in gran parte basato sulle Anglicae Historiae (1534) dell'urbinate Polidoro Virgilio (1470 - 1555). Il ritratto rivelava le esatte proporzioni del viso del sovrano soltanto se veniva osservato, di sbieco, attraverso una piccola apertura laterale praticata in un coperchio che ne celava a tutti la vista. L'opera riportava l'iscrizione 'Guilielmus pinxit', oggi scomparsa, e se ne attribuì la paternità dapprima a Marc Willems, pittore di Anversa, poi a Guillim Stretes, olandese, infine a Williams Scrots, attivo presso la corte inglese tra il 1537 e il 1553. Chiunque l'abbia dipinto, essa appare indubbiamente come un elegante esempio di 'Anamorfosi'. Ma cosa si intende per pittura 'anamorfica'?
Colombo e la Calabria
Un convegno sul legame tra la scoperta dell'America e la regione Calabria.
The “Tucson Artifacts”
Sit down and hang on because this is a roller coaster of a tale. It begins innocently enough. On September 13th, 1924 Charles E. Manier was out for a Sunday drive with his wife Bessie, daughter Ethel, and father J.E. Manier. As they tooled along Silverbell Road north of Tucson (coincidentally, not far from where we live) they espied an old limekiln in the hillside. Curious, they stopped to investigate. While snooping around Charles noticed a metal object sticking out of the hillside. Charles and his father set upon the caliche (a soil layer of calcium carbonate, similar to concrete, that occurs naturally here) and were rewarded with a lead cross, 18 inches long and weighing 64 pounds.
Abstract
In a companion paper, Spedicato (2011), we have considered large numbers in Asian chronologies (Mesopotamia, India, Ceylon, Nepal, Japan). Such numbers are shown to get acceptable when divided by the factor 180, the same throughout the Asian continent, whose astronomic likely meaning is discussed in the paper. In this paper we consider large numbers in days, not in years, that appear in Mesoamerican Mayan and Toltec chronologies. We show how such numbers, when reduced to years under some hypotheses, provide important information for a period extending over several thousand years BC. A period that we relate to catastrophic events on our planet and to special events in the solar system.
Abstract
It is well known that Plato reports that three great catastrophes, due to water and fire, happened within human memory, an information that Solon got from a priest in Sais, Egypt. The oldest one was the Atlantis event, dated at 9000 years before Solon time, the last one was the Deucalion Flood, dated by Herodotus at 25 generations before the first Olympics, i.e. at about 1500 BC. The intermediate one is not discussed, but should be identified with the Noachian Flood. In the Mayan record it is stated that five ages existed, separated by four events called “creations”. The oldest one was associated to fire and wind, and appears to predate the Atlantis event. We propose, apparently for the first time, an explanation of such first catastrophe, from the recent geological discovery that a large object impacted or exploded over the Great Lakes ice cover at about 10.900 BC. Then we analyze three expected effects of this event that provide a possible new explanation of the Biblical statements of Fiat lux, the Spirit flowing over the waters, the Logos.