La mappa di Martellus arrivò a Yale nel 1962, dono di un anonimo. Gli studiosi dell'epoca confermarono l'importanza della mappa sostenendo che potesse fornire un collegamento mancante alla documentazione cartografica all'alba dell'era della Scoperta. Tuttavia, cinque secoli di sbiadimento e sfregamento avevano reso illeggibile o invisibile gran parte del testo della mappa e altri dettagli, limitandone il valore.
Nel 1860 il responsabile della biblioteca colombiana, José María Fernández y Velasco, scoprì la copia appartenuta a Colombo, della “Historia Rerum ubique gestarum” di Enea Silvio Picolomini -Papa Pio II- con abbondanti note marginali attribuite all'Ammiraglio.
All’inizio del ‘900, uno storico francese attribuì a Cristoforo Colombo una mappa che riportava la rotta di navigazione verso le Indie. Era una pergamena. In altre parole una pelle ovina. Tuttavia, l’attribuzione non è certa e intorno a questa antica mappa sono nate accese infinite discussioni tra gli esperti. I dubbi nascono da un’interpretazione, quella relativa alla rappresentazione di una bandiera spagnola che, secondo alcuni, sarebbe la versione successiva al 1492. Quindi, dopo la scoperta dell’America.
La storia di Porto Rico e degli Stati Uniti non può essere compresa senza la figura di Juan Ponce de León, l'ultima vittima della furia del revisionismo storico. La sua statua a San Juan è stata demolita poco prima dell'inizio della visita di Felipe VI in occasione del quinto centenario della capitale portoricana. Questo scudiero e nobile di Santervás de Campos (oggi provincia di Valladolid) fu il primo governatore dell'isola e scopritore della Florida. Dopo essersi imbarcato per il Nuovo Mondo, forse nel secondo viaggio di Cristoforo Colombo nel 1493, Ponce si stabilì nella parte orientale di Hispaniola, nell'attuale provincia dominicana di Altagracia, dove si trova ancora la sua antica dimora.
Il 3 agosto 1492 - Cristoforo Colombo lasciò il porto di Palos de la Frontera (attualmente Huelva) per il suo primo viaggio transatlantico. Molto è stato detto, in una storia completamente falsata e da riscrivere completamente, circa le vicissitudini che circondano questo evento. Come, ad esempio,l'intenzione presunta del marinaio di testare la sfericità della Terra per raggiungere le Indie e di essere morto senza essersi mai reso conto di avere scoperto un nuovo continente. Tuttavia, la ricerca, per la verità sino ad ora di una superficialità sconcertante, dimostra che la storia comunemente ripetuta nasconde gran parte della verità.
In primo luogo, al tempo di Colombo uomini colti, intellettuali, filosofi e scienziati avevano una perfetta conoscenza che la Terra era rotonda. Tra i tanti esempi citiamo due: Aristotele l'aveva già avanzata nel IV secolo a.C. ed Eratostene de Cirene lo verificò nel III a. C. Pertanto, l'argomento secondo cui la Terra fosse piatta è un errore assoluto. Anche il poeta italiano Dante Alighieri nella sua opera "La Divina Commedia" (scritta tra il 1304 e il 1321) rifletteva questa conoscenza ponendo l'Inferno come un cono rovesciato attraverso il quale si doveva discendere fino a raggiungere il centro della Terra e per accedere poi nell'altro emisfero, perché la gravità si stava invertendo.
Da Greg Martinez riceviamo e pubblichiamo questo articolo e la relativa mappa, che risalirebbe a tempi antichissimi. Non siamo talmente esperti per poter dire se si tratta di un documento attendibile o meno, tanto più che le carte hanno sempre rappresentato in passato una questione controversa e politicamente fondamentale in vista di possibili conquiste ed espansioni. Quando il globo non era ancora stato completamente conosciuto E percorso e in una disputa da agenti segreti nella quale non sono mai mancati i falsi. Come in epoche successive. Chi avesse qualcosa da dire in proposito non ha che segnalarcelo.
Un Mapa de Hace 1000 Años Muestra Más Tierras
El periódico Gaceta de Hawai, publicó el viernes 11 de enero de 1907 un mapa de hace 1000 años junto con un artículo. En la imagen se observan tierras más allá de la Antártida.
Stranger almost than the “Manuscript Found in a Copper Cylinder” is the copy of a map which came across seas to Honolulu from a Buddhist Temple in the mountains of central Japan. It is a map of the world made 1000 years ago. Dr. Kobayashi, the well-known Japanese physician, and surgeon of Honolulu has received a copy of the map, which he believes to have been made by Chinese priests ten centuries ago. The map is drawn on the principle of the Mercator Projection showing the North Pole as the center of a circle in which arc the continents of North and South America, Europe, Africa, Asia, and Australia. “The map was found by my brother in a Japanese temple in the mountains of Japan,” said Dr. Kobayashi. “It has been hidden from the Japanese government 111 modern times just as it was in ancient tunes, for in olden days such a map would have been destroyed by these authorities". According to a letter the original map was brought from China by a Buddhist priest and concealed in this temple.“ Ten years ago my brother was a consumptive. Although I was a physician he did not wish to be treated with medicines. He decided to go into the mountains and attempt a cure by himself. For ten years he has remained there and used his will power to effect a cure. Today he is a good man. During his stay there he found this map. Lie evolved from it a theory of the flatness of the earth, despite all modern facts showing it to be a sphere. This theory has been his one aim in life. He is an artist and in order to demonstrate his theory, he made beautiful drawings, picturesque, and attractive to the eye, in which mechanical, astronomical, and engineering methods are shown. “My brother goes back to the days of Columbus and Amerigo Vespucci who, he says, sailed for a new country believing that by sailing directly in one general direction they would ultimately come to the place.“ We moderns know that a vessel sailing from a port and going generally in a continually easterly manner win arrive at the same place. The vessel, of course, goes around the globe. "My brother’s theory is that one sail about a vast plane as one would sail around the edges of a bowl.” The illustrations accompanying the map arc beautiful examples of Japanese art. No more attractive book of geography has ever been compiled. It is a mass of cherry blossoms, Fujiyamas, beautiful blue seas dotted with the sails of junks and sampans. There are landscapes and seascapes and bizarre pictures of Japanese women, designed along with old-time styles. But in every sheet of such pictures, the engineering lines are brought out in a way that does not mar the picture. With the text matter explaining each page, the geography should be easily understood. Dr. Kobayashi now has all the original sheets, scores of them, and these he will return to Japan to his brother, who intends to have them put in the hands of publishers. It will be one of the most novel publications of the period. The original map of which a copy drawn by Dr. Kobayashi’s brother, and of which the accompanying cut is a tracing, is worm-eaten and barely holds together. The above map with all the continents and even the Hawaiian Islands are shown, was evidently not made by the priests who traced the original lines.
Alcune carte precedenti il 1492: sono le mappe di Toscanelli e del tedesco Martin Behaim , autore del primo mappamondo. Toscanelli, è quel Paolo fisico fiorentino che si scrisse con Colombo e che lo incitò a varare l’ impresa. Non è escluso inoltre che in Portogallo il navigatore e Behaim, che si era imbarcato andando oltre l’equatore, si siano incontrati. Nelle rappresentazioni del globo che segnaliamo compare l’ isola di Antilia (Antille) ed un Cippangu, quando il Giappone non era ancora stato scoperto dall’ Occidente, a differenza della Cina. Behaim, che era a sua volta cavaliere, disegna inoltre un’ isola di San Brandano, il monaco partito dall’ Irlanda e possibile ennesimo prescopritore del continente americano per la via del nord e dei ghiacci. E’ evidente che non si poteva disegnare un’ America come la conosciamo noi oggi, ma che se ne aveva una cognizione del tutto parziale e che si credeva fosse un’ isola più o meno grande. Ma non c’è alcun dubbio che prima della spedizione colombiana l’ America era già stata raggiunta.
Due mappe delle regioni italiane sul come eravamo
È scomparso 150 milioni di anni fa lasciando tracce nei diamanti. Le prove di un continente perduto sono state scoperte da alcuni studiosi della British Columbia, in Canada, impegnati ad anallizzare alcuni campioni di pietre preziose estratti dalle profondità della Baffin Island, vicino alla Groenlandia.
I ricercatori sono risaliti ad un pezzo residuo del cratone Nord Atlantico studiando la kimberlite, materiale roccioso che spesso contiene diamanti, ipotizzando che sarebbe più grande del 10% rispetto a quanto stabilito da precedenti ricerche. Il cratone nordamericano, che si estendeva dalla Scozia al Nord America, si è rotto 150 milioni di anni fa. I cratoni sono le parti più rigide, antiche e stabili della crosta continentale: rappresentano un'ampia area geologica che per centinaia di milioni di anni non ha subito grandi modifiche.
"Per i ricercatori, i kimberlite sono rocce sotterranee raccolte dai passeggeri sulla loro strada verso la superficie. I passeggeri sono pezzi solidi di rocce a parete che trasportano una grande quantità di dettagli sulle condizioni passate molto al di sotto della superficie del nostro Pianeta", ha spiegato alla Bbc Maya Kopylova, geologa dell'Università della British Columbia. Gli ultimi campioni in loro possesso e oggetto dello studio rappresentano una "firma minerale che corrispondeva ad altre parti del cratere del Nord Atlantico".
Per i ricercatori canadesi "è stato come trovare le tessere mancanti di un puzzle", ha sottolineato Kopylova in riferimento ai frammenti prelevati in profondità, sotto la provincia Chidliak Kimberlite, nel Sud della Baffin Island, la terza più grande isola del Canada e la quinta più estesa al mondo. Le precedenti ricostruzioni delle placche terrestri erano basate su campioni di rocce poco profonde, formati ad una profondità da 1 e 10 km.
Proprio come lo storico e filosofo Platone (428-347 a.C.) aveva riportato nel “Timeo” e nel “Crizia”, alcuni famosi dialoghi avvenuti tra il legislatore ellenico Solone e un anziano sacerdote egizio della casta sacerdotale di Sais riguardo all’esistenza della leggendaria isola poi sommersa di Atlantide, lo storico antico Erodoto (490-424 a.C.) riportò un’antica leggenda che narrava di una terra perduta chiamata “Iperborea” che sarebbe sorta ai confini del mondo, nelle lontane terre del Polo Nord.
Questa terra era abitata da una popolazione di grandi navigatori caratterizzati dall’alta statura, con spiccate doti scientifiche ed astronomiche e con una potente abilità in campo edilizio.
A seguito di una forte glaciazione, avvenuta in un periodo non meglio precisato, la sua popolazione avrebbe deciso di spostarsi più a sud.
Nel 1679 l’autore svedese Olaf Rudbeck identificò gli abitanti di Atlantide (di cui aveva parlato il già citato filosofo greco Platone) con gli abitanti di Iperborea, e collocò la posizione di questa antichissima civiltà al Polo Nord.
Nella mitologia greca gli iperborei sono citati come coloro che vissero “al di là del vento del nord”.
I greci pensavano che Borea, il “dio del vento del Nord” appunto, risiedesse in Tracia, e quindi “Iperborea” indica una regione che si trovava molto più a nord della Tracia (l’attuale zona europea dello stretto del Bosforo che si trova tra la penisola balcanica e la Turchia).
NELLE IMMAGINI UNA MAPPA DI MERCATORE E DUE ILLUSTRAZIONI DELLA FANTOMATICA CIVILTÀ DEL NORD
Della famiglia Toscanelli di Tuscania fu il celebre Paolo di cui scrisse nel 1883 Giuseppe Di Lorenzo che “questi incoraggiò e confortò Cristoforo Colombo ad intraprendere il viaggio per la scoperta di un nuovo mondo, gli diede una carta per guida di navigazione ed una lettera che Ferdinando Colombo pubblicò nella vita del grande navigatore suo padre”.
L'Oceano Atlantico durante l'era glaciale, quando i livelli globali del mare erano di 300-400 metri più bassi. Tutte le aree in turchese erano sopra l'acqua. (fonte: Robert Sepehr)
Una delle storie che abbiamo ascoltato fin dall'infanzia e talvolta dalla bocca di insegnanti e professori, è che Colombo ha scoperto che il mondo era una sfera e che la Chiesa non voleva che si scoprisse qualcosa che contraddicesse gli insegnamenti della Bibbia. E ovviamente che prima di Cristoforo Colombo tutti credevano che si vivesse in un mondo piatto.
Tuttavia, questa non è la verità storica. Questa storia fantasy è nata in un romanzo del diciannovesimo secolo ed è stata accettata come se fosse una prova storica che ormai diamo per scontata.
La verità è che Cristoforo Colombo non ha scoperto la forma del pianeta, perché ha studiato l’ "Imago Mundi", il trattato più influente della cosmografia dell'epoca, del cardinale Pierre D'Ailly. E aveva anche letto la "Storia di Rerum" di un grande intellettuale del Rinascimento, Silvio Piccolomini che sarebbe poi diventato Papa Pio II. Entrambi gli autori avevano la visione precisa che la terra fosse una sfera e nel XV secolo tutti coloro che accedevano a un certo livello educativo sapevano che il mondo era una sfera.
Distorcere fatti storici e alimentare la leggenda nera anglosassone e protestante contro la Spagna e contro il cattolicesimo, come se fossero "gli oscurantisti che si oppongono al progresso e alla scienza", è stato un atto politico. Uno scrittore americano, Washington Irving (1783-1859), pubblicò nel 1828 un romanzo sulla vita e il viaggio di Colombo, che fu pubblicato in tre volumi negli Stati Uniti e in quattro volumi in Gran Bretagna. Fu il racconto più popolare e influente su Colombo nel corso del ventesimo secolo. Sebbene sia in gran parte una finzione, è dove nasce una credenza così diffusa. Ma la verità è che la concezione sferica del pianeta ha più di 2000 anni.
Sebbene esistano diversi modi di concepire il mondo nei filosofi pre-socratici, fu Aristotele nella sua opera "in paradiso" (s IV a.C.) a dare una spiegazione razionale del perché la Terra fosse una sfera e la sua visione influenzerà notevolmente gli autori antichi e medievali. Plinio il Vecchio nella sua “Storia naturale , verso il primo secolo a.C., scrisse che tutti sapevano che la terra fosse una sfera. Nel II secolo d.C. anche Tolomeo difese questa concezione.
Gli autori cristiani, con poche eccezioni, sostenevano sempre che la terra fosse una sfera. A partire da Sant'Agostino nel IV secolo, che in diversi scritti lo affermava. Che la Terra sia una sfera è confermato anche da Boezio (480-524), San Isidoro di Siviglia (560-636), Beda il Venerabile (672-735), Virgilio di Salisburgo (700-784), Papa Silvestro II (945 -1003), Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), Hermann von Reichenau (1013-1054), Juan de Sabrosco (1200-1256) e San Tommaso d'Aquino (1225-1274).
Anche nella "Divina Commedia" di Dante Alighieri la terra è una sfera. L'elenco è lungo: ci sono anche alcuni filosofi musulmani che hanno scritto che la terra era una sfera. Il fatto che nel medioevo il popolo credesse che la terra fosse piatta è semplicemente un'invenzione di un romanzo moderno ed è diventata credenza popolare con il suo correlato di critiche al cristianesimo, senza alcun fondamento storico.
Alcune teorie sulla terra piatta erano in antiche visioni del mondo che hanno influenzato l'ebraico, con alcuni autori, ma la tesi si è affermata solo nella modernità, nel diciannovesimo secolo. Samuel Birley Rowbotham (1816-1884), di formazione protestante e con una lettura letteraria della Bibbia, pubblicò un libro intitolato Zethetic Astronomy , che descrive la Terra come un disco piatto con al centro il polo nord e chiuso ai limiti estremi da un muro di ghiaccio.
I suoi discepoli hanno creato un movimento che è scomparso alla prima metà del XX secolo. Ma alcune chiese fondamentaliste hanno ripreso la tesi e dagli anni '70 ad oggi alcune società di "Terraplanisti" con un discorso pseudoscientifico e cospirativo negano tutte le prove scientifiche sul pianeta e difendono questa visione.
La cosa complessa di questo problema è che al momento esiste un'infinità di informazioni pseudoistoriche e pseudoscientifiche su innumerevoli argomenti, alimentate a loro volta da teorie cospirative che seducono sempre molto fortemente in tempi di crisi. È sconosciuto o relativizzato come falsa prova storica e quindi tutti i tipi di leggende sul passato sono inventati senza alcuna base, mentre le teorie deliranti inventate di recente sono presentate come prove scientifiche.
Nella grande crisi culturale che sta vivendo l'Occidente, con l'aumento delle visioni fanatiche, poca riflessione e pensiero critico, ci sono persone che se sentono qualcosa che va contro ciò che pensano, dicono semplicemente: "È una bugia", non importa quale Prova che è vero. È così facile! La crisi nel campo della conoscenza e del relativismo estesa a tutti i campi genera un grande scetticismo verso la distinzione tra conoscenza scientifica e teorie magiche.
Proprio come ci sono persone che ripetono miti senza fondamenti come se fossero storia, ci sono quelli che vengono a negare l'Olocausto ebraico, il genocidio armeno, i milioni di morti del comunismo sovietico e allo stesso tempo possono affermare con totale convinzione il terremoto, l'esistenza di vampiri, Fate e l'esistenza di civiltà extraterrestri sotto l'Oceano Atlantico.
La confusione che si diffonde è grande e la vediamo quando in molti media un guaritore appare più rispettabile e saggio di un medico, un veggente di un filosofo, un astrologo di un teologo, uno spiritista di uno psichiatra. Un neuroscienziato viene ascoltato con la stessa serietà di un "canalizzatore di energie spirituali" e un libro sulla nutrizione di successo non è scritto da un nutrizionista ma da qualcuno che ha avuto una "rivelazione extraterrestre".
Inoltre, un linguaggio pseudoscientifico viene usato per confondere ancora di più: invece di essere chiamato "veggente", ora lo chiamano "psichico" o "parapsicologo", invece di essere chiamato "spiritualista", è "canalizzatore di energia", o invece di un guaritore, "Terapeuta quantistica." Così molti allucinano nel mondo dell'auto-aiuto con tutti i tipi di ricette pseudoscientifiche, presumibilmente basate su studi scientifici che nessuno cercherà, dicendo sciocchezze di fantascienza.
Sebbene il nome "post-verità" e "fake news" sia recente, la realtà non è nuova, oggi i media digitali consentono livelli più alti di diffusione e inganno. La cosa preoccupante non è che ci sono informazioni false, che sono sempre esistite, ma che il senso critico diminuisce e che le prove non possono contrastare il fanatismo irrazionale.
Al momento, tutto ciò che sarà fatto per favorire il pensiero critico e una formazione più riflessiva delle nuove generazioni sarà essenziale per evitare di perdere la sanità mentale.
Questa mappa del 1491 è la migliore testimonianza di come veniva rappresentato il mondo conosciuto all'epoca in cui Cristoforo Colombo compì la sua prima traversata dell'Atlantico. Lo stesso Colombo, probabilmente, utilizzò una copia di questa mappa per pianificare il suo viaggio.
Creata dal cartografo tedesco Heinrich Hammer (o anche Enrico Martello, che intorno al 1490 operava a Firenze, probabilmente in contatto con la bottega cartografica di Francesco Rosselli. Si firmava con il latino Henricus Martellus Germanus), la mappa era originariamente ricoperta da decine di legende e frammenti di testo descrittivi, tutti in latino, la maggior parte dei quali sono sbiaditi attraverso i secoli.
Ma ora i ricercatori grazie alle nuove tecnologie sono riusciti a decifrare molti di questi testi finora praticamente illeggibili. Nel processo, hanno scoperto nuovi indizi sulle fonti utilizzate da Hammer per creare la sua mappa e hanno confermato l'enorme influenza che questa ha avuto sulle carte successive, tra cui la famosa mappa del 1507 di Martin Waldseemuller che è stata la prima ad utilizzare il nome "America". Contrariamente al mito popolare, gli europei del XV secolo non credevano che Colombo sarebbe salpato al largo di una Terra "piatta", afferma Chet Van Duzer, lo storico e studioso di mappe che ha guidato la ricerca. Ma la loro comprensione del mondo era molto diversa dalla nostra e la mappa di Hammer riflette proprio questo. La sua rappresentazione dell'Europa e del Mar Mediterraneo è più o meno accurata, o almeno riconoscibile.
Ma l'Africa australe ha stranamente la forma di uno stivale con la punta rivolta verso est, e anche l'Asia è deformata. La grande isola rappresentata nel Pacifico meridionale, dove si trova effettivamente l'Australia, è forse frutto di una supposizione fortunata, dice Van Duzer, visto che gli europei non scopriranno quel continente se non un secolo dopo.
Hammer riempì l'Oceano Pacifico meridionale di isole immaginarie, condividendo apparentemente l'avversione dei cartografi per gli spazi vuoti. Un altro "capriccio" geografico di Hammer aiuta a trovare un nesso tra la sua mappa e il viaggio di Colombo: l'orientamento del Giappone. All'epoca in cui fu creata la mappa, gli europei sapevano che il Giappone esisteva, ma sapevano ben poco della sua geografia. Gli scritti di Marco Polo, la migliore fonte d'informazione disponibile sull'Asia orientale all'epoca, non dicevano nulla sulla geografia dell'isola. La mappa di Martello mostra che corre da nord a sud. Corretto, ma quasi sicuramente un'altra ipotesi fortunata dice Van Duzer, poiché nessun'altra mappa conosciuta del tempo mostra il Giappone, in modo inequivocabile, orientato in questo modo. Il figlio di Colombo, Ferdinando, in seguito scrisse che suo padre credeva che il Giappone fosse orientato nord-sud, indicando che molto probabilmente usò la mappa di Enrico Martello come riferimento.
Le misure della mappa sono approssimativamente di 106 centimetri per 183. Una mappa così grande all'epoca sarebbe stata un oggetto di lusso, probabilmente commissionato da un membro della nobiltà, ma non ci sono stemmi o dediche per comprendere chi potrebbe essere il committente. È stata donata, in forma anonima, alla Yale University nel 1962 e viene conservata nella Beinecke Rare Book Manuscript Library dell'università.
Nel corso dei secoli, la maggior parte del testo scritto sulla sua superficie era sbiadito, andando a perdersi quasi perfettamente nel colore di fondo e rendendo impossibile la lettura. Ma nel 2014 Van Duzer ha vinto una borsa del National Endowment for the Humanities che ha permesso al suo gruppo di lavoro di utilizzare una tecnica chiamata imaging multispettrale per cercare di poter leggere i testi nascosti.
Il metodo prevede l'utilizzo di molte centinaia di fotografie della mappa con diverse lunghezze d'onda della luce e l'elaborazione delle immagini per trovare la combinazione di lunghezze d'onda che rendono massima la leggibilità su ciascuna parte della mappa (si può giocare con una mappa interattiva creata da uno dei colleghi di Van Duzer. Molte legende della mappa descrivono le regioni del mondo e i loro abitanti. "Qui si trovano gli 'Ippopodi': hanno una forma umana ma i piedi dei cavalli", recita un testo precedentemente illeggibile sull'Asia centrale. Un altro descrive "mostri simili agli umani le cui orecchie sono così grandi da poter coprire tutto il loro corpo". Molte di queste creature fantastiche possono essere ricondotte a testi scritti dagli antichi greci. La rivelazione più sorprendente, tuttavia, riguarda l'Africa, spiega Van Duzer.
Hammer incluse molti dettagli e nomi di luoghi che sembrano risalire ai racconti di una delegazione etiope che visitò Firenze nel 1441. Van Duzer sostiene di non conoscere altre mappe europee del XV secolo che abbiano così tante informazioni sulla geografia dell'Africa, per non parlare di informazioni derivate direttamente da nativi africani piuttosto che da esploratori europei.
"Sono rimasto folgorato", dice Van Duzer. La tecnica dell'imaging rafforza anche la convinzione che la mappa di Hammer sia stata una delle principali fonti per due oggetti cartografici ancora più famosi: il più antico globo terrestre giunto fino ai nostri giorni, creato da Martin Behaim nel 1492, e la mappa del 1507 di Martin Waldseemuller, la prima ad applicare l'etichetta "America" ai continenti dell'emisfero occidentale. (La mappa di Waldseemuller è stata acquistata dalla Library of Congress per la cifra record di 10 milioni di dollari nel 2003.) La "Universalis cosmographia secundum Ptholomaei traditionem et Americi Vespucii aliorumque lustrationes", la prima mappa in cui compare il nome "America" e la prima in cui questo continente è raffigurato separato dall'Asia. Waldseemuller adattò liberamente i testi dall'opera di Hammer; è quello che Van Duzer ha scoperto dopo aver confrontato le due mappe. Questa pratica era piuttosto comune in quei tempi; lo stesso Hammer, apparentemente, copiò i mostri marini presenti sulla sua carta geografica da un'enciclopedia pubblicata nel 1491, un'osservazione che ne conferma la datazione.
Nonostante le caratteristiche comuni, le opere di Hammer e Waldseemuller hanno una differenza evidente. Martello raffigura Europa e Africa quasi sul bordo sinistro della sua mappa con l'acqua sull'estremità. La carta di Waldseemuller raffigura invece nuove terre dall'altra parte dell'Atlantico. Erano passati solo 16 anni tra la realizzazione delle due mappe, ma il mondo era cambiato per sempre.
Juan de la Cosa (Santoña, 1460 circa – Yurbacos, 28 febbraio 1510) è stato un navigatore spagnolo. Pilota e cartografo di Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Alonso de Ojeda, Rodrigo de Bastidas e Juan Díaz de Solís, viene ricordato per aver redatto nel 1500 il primo mappamondo che mostra le terre del Nuovo Mondo.
1492: Fu il pilota di Cristoforo Colombo nel primo viaggio del 1492. Era il proprietario della nave Santa María, che fece naufragio durante la spedizione. Per questa perdita ricevette un indennizzo.
1493: Partecipò come pilota al secondo viaggio di Colombo. Era al comando della nave Santa Clara.
1497: Partecipò al viaggio del 1497 con Amerigo Vespucci. Il comandante di questa spedizione era probabilmente Juan Díaz de Solís. In questo viaggio i tre esploratori toccarono le terre della penisola della Guajira in Colombia, poi individuarono l'attuale lago di Maracaibo; qui Vespucci notò le palafitte incontrate in riva al lago e disse che sembravano una "piccola Venezia", che in spagnolo si pronuncia Venezuela. La spedizione proseguì costeggiando le coste centroamericane e rientrò nel Mare Oceano passando tra l'isola di Cuba e la penisola della Florida.
1499: Viaggiò nella spedizione di Alonso de Ojeda e Amerigo Vespucci. Al ritorno da questo viaggio Juan de la Cosa redasse il famoso mappamondo.
1501: Viaggiò con Rodrigo de Bastidas e Vasco Núñez de Balboa. In questo viaggio Juan de la Cosa mappò le attuali coste del territorio colombiano dal Cabo de la Vela fino al golfo di Urabá.
1504: Juan de la Cosa fu nominato "Aguacil Mayor de Urabá", e viaggiò nuovamente nel golfo di Urabá, salvò la vita al mercante sivigliano Guerra e come ricompensa per le sue esplorazioni ebbe una forte somma (50.000 maravedis); si diresse poi nell'isola di Hispaniola, dove rimase per due anni.
1509: Ultimo viaggio di Juan de la Cosa. In una spedizione capeggiata da Alonso de Ojeda, il cantabrico nuovamente fu un abile pilota e cartografo. De Ojeda non seguì i consigli di de la Cosa e volle fondare un avamposto dove attualmente esiste la città di Cartagena. In quel luogo vi erano feroci indigeni e così gli spagnoli furono sorpresi in una imboscata a Yurbacos (l'attuale Turbaco, non lontano da Cartagena de Indias), dove Juan de la Cosa morì.
Nel giugno del 1500 Juan de la Cosa rientrò a Cadice ed elaborò per i Regnanti di Spagna il primo mappamondo nel quale appaiono le terre americane. La mappa fu fatta in modo verticale, ossia l'Occidente corrisponde alla parte superiore e l'Oriente la parte inferiore. Nella parte superiore appare un'effigie di San Cristoforo, ma può essere anche considerata come un ritratto di Cristoforo Colombo; inoltre compare un'iscrizione che dice: «Juan de la Cosa lo fece nell'anno 1500».
C’è da notare come la mappa rappresenti perfettamente l’intero Golfo del Messico Florida compresa. Siamo nel 1500. Per la storia “tarlata” della cosiddetta scoperta dell’ America la Florida, verso la quale Colombo era diretto fin dal primo viaggio, dovendo desistere per raggiungere terra al più presto, di fronte alla paura e al nervosismo crescente del suo equipaggio, sarà scoperta “solo” nel 1513 da Juan Ponce di Leon. Non si comprende come la storia e gli storici rimangano imperturbabili e ingessati a dispetto dell’ evidenza.
Così divisa nelle varie “province” si presentava Hispaniola, ovvero l’odierna Santo Domingo più Haiti al momento dello sbarco di Cristoforo Colombo nel 1492.
Riceviamo e pubblichiamo:
Il 4 Luglio 1442 una flotta di sette navi fiorentine, allestita segretamente da Cosimo de' Medici e comandata da Amerigo Vespucci il Vecchio (nonno del più celebre Amerigo il Giovane) giungeva in America, approdando nella Baia di San Lorenzo. Cinquant'anni dopo, nel 1492, la spedizione di Cristoforo Colombo "ufficializzava" l'esistenza del continente americano, sottraendone il controllo agli ordini misterici orfico-eleusini facenti capo a Firenze e a Milano e lasciando mano libera alla Chiesa e alla Spagna per depredare il Nuovo Mondo. La verità non potrà essere taciuta ancora a lungo.
Era il 25 aprile del 1507 quando con la carta di Martin Waldseemuller si compì lo “scippo” nei confronti di Cristoforo Colombo intitolando le nuove terre scoperte al nome di Amerigo Vespucci. Molto vi sarebbe da dire sulla data reale e sui motivi di quella mappa.
Bernardo Silvano (Eboli 1465 circa - ?) 2. Carta del mondo a forma di cuore pubblicata nel 1511.
Bernardo Silvano, geografo e umanista del Cinquecento nacque a Eboli intorno al 1465. Il suo nome era sconosciuto fino al secolo scorso perché fu confuso con quello del portoghese Bernard de Silva - nato a Evora in Portogallo - probabilmente per l’erronea interpretazione dell’aggettivo “Eboliensis” per “Eborensis”, antico nome della città di Evora. La sua opera più importante, un prezioso manoscritto in-quarto pergamenato contenente una raccolta di carte tolemaiche miniate dove all’ultimo foglio si legge: “Ex officina: Bernardi Eboliensis, A.D. 1490 ”, è conservata presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Carta di grandissima rarità e di notevole interesse storico. Bernardo Silvano è stato citato da molti studiosi di geografia, portò importanti correzioni nelle longitudini e nelle latitudini della carta d’Italia. Almagia Roberto, famoso geografo e cartografo fiorentino nella sua monumentale opera “Monumenta Italiane Cartographica” cosi si esprime parlando di Silvano: “Bernardo Silvano è il solo che abbia tentato arditamente un lavoro di correzione generale degli elementi astronomici e delle carte tolemaiche, dandoci cosi per l’Italia, come per altre regioni, una vera rappresentazione nuova.” Per la prima volta, dopo le varie scoperte vi compaiono Cuba, la Repubblica Dominicana Hispaniola – Haiti, e la Terra Sanctae Crucis – America Meridionale. Scriveva Bernardo Silvano“ Abbiamo voluto inoltre aggiungere di nostro la raffigurazione dell’intera terra abitabile, con l’indicazione di tutti quei luoghi rinvenuti a seguito delle recenti navigazioni che sono a noi noti. Ti accorgeresti che questa immagine non differisce in alcun modo dal disegno del mondo di Tolomeo. Tuttavia abbiam fatto che in quest’ultimo sono assenti le località sconosciute allo stesso Tolomeo (…) tuttavia abbiam fatto ciò mossi da questa ragione, perché quanti hanno posto sotto accusa Tolomeo si rendano conto di venire smentiti nella loro accusa, poiché le descrizioni tolemaiche sono conformi a quelle dei portolani del nostro tempo e al vero, fatta eccezione delle antiche cifre, che sono andate smarrite". Al centro Tolomeo ed a destra una mappa del 1490, dove come in molte altre, la strada verso il Pacifico risulta possibile per via d’acqua visto che Africa ed Asia non sono congiunte via terra come accadeva in carte precedenti.
Si continua a sostenere che le conoscenze geografiche al tempo di Cristoforo Colombo erano ancorate alla Geografia di Tolomeo. Prevedeva che l’Africa e l’Asia si congiungessero per via di terra facendo di quello che sarà l’oceano Pacifico un bacino chiuso. Affermazione facilmente smentibile da numerosi elementi e dalla mappa che presentiamo datata 1482 e custodita in Vaticano. E da quella a destra. Purtroppo anche in fatto di carte geografiche i misteri sono molti così come le lacune. Come conferma in maniera più eclatante questo Atlante mediceo del 1351 (al centro) dove l’Africa è già interamente raffigurata, contrariamente a quanto ci dicono gli storici, attribuendo a viaggi susseguenti, fino al semoplice superamento del capo Bojador, nell’odierno Marocco, solo nel 1434. Arrampicandosi sugli specchi per mantenere lo “status quo” e per giustificare queste “mappe impossibili”.
RIPORTIAMO LA RICOSTRUZIONE NEL TEMPO DEL NOME ODIERNO DEL GIAPPONE:
In giapponese Giappone si dice Nihon (Ascolta) o Nippon (Ascolta), più formale e utilizzato in occasioni ufficiali, come eventi sportivi internazionali e si scrive con i caratteri 日本 ? , che significano rispettivamente "sole" (日 nichi ? ) e "origine" (本 hon ? ); insieme hanno quindi il significato di "origine del Sole". Per questo motivo il Giappone è spesso identificato come la "terra del Sole nascente" o il "Paese del Sol levante". Questo è di fatto il nome che i cinesi hanno dato al Paese che rispetto al loro si trova a est: all'origine del sole. MPrima dell'introduzione del nome Nihon il Giappone era conosciuto con il nome Wa (倭 ? ) o Wakoku (倭国 ? ). Il nome Giappone è solo apparentemente un esonimo (ovvero il nome di una località diverso da quello usato dai suoi stessi abitanti). Infatti l'italiano Giappone è affine al francese Japon, al tedesco Japan e all'inglese Japan, i quali derivano tutti dalla pronuncia cinese Rìběn P (o Rìběnguó P ) dei caratteri 日本. Il nome Giappone, unitamente alle omologhe forme nelle altre lingue occidentali, fu introdotto in Europa da Marco Polo, il quale si riferiva al Paese asiatico usando il nome Cipango (o Zipangu), dal cinese Rìběnguó.
QUA CASCA L’ASINO IL CIPANGO-ZIPANGU NON ERA AFFATTO IL GIAPPONE, MA UNA PARTE DELL’AMERICA. MARCO POLO SCRIVE CHE CI VUOLE UN ANNO PER ANDARE E UN ANNO PER TORNARE: QUANTO è NECESSARIO GRAZIE AI VENTI MONSONICI PER ATTRAVERSARE IL PACIFICO. LE DESTINAZIONI IN ANGO IN GIAPPONE NON SI TROVANO. SONO NUMEROSE FRA MESSICO E GUATEMALA. IL GIAPPONE ALL’EPOCA DI COLOMBO NON ERA STATO NEMMENO SCOPERTO. IL CIPANGO DI COLOMBO E’ L’AMERICA. DESTINAZIONE CHE CONOSCEVA E DI CUI ERA SICURO PROBABILMENTE GRAZIE AD UN VIAGGIO PRECEDENTE NEL PONTIFICATO DI INNOCENZO VIII.
Dalla restaurazione Meiji fino alla fine della seconda guerra mondiale il nome completo del Giappone è stato Dai Nippon Teikoku (大日本帝国 ? ), che significa "Impero del Grande Giappone". Da allora il nome ufficiale è diventato Nippon-koku o Nihon-koku (日本国 ? ) in cui il suffisso koku (国 ? ) significa "Paese", "nazione" o "Stato". Il nome in lingua locale (Nippon-koku nella forma classica; Nihon-koku nella parlata comune) deriva dalla lettura giapponese del nome cinese del G., Jih Pen Kuo («il paese dell’origine del sole»).
Nelle foto la raffigurazione del Giappone nella bellissima mappa di Urbano Monte verso la fine del Cinquecento (1587). Sorprende anche il vessillo di re Filippo II di Spagna con la croce rossa, ma ancora di più la rappresentazione del re di Polonia riferito alla Terra del fuoco. Qualche altro mistero cancellato nel tempo?
Un mappamondo del genovese Battista Agnese (1500-1564), che si può considerare coevo alla “scoperta”. Non vi figura in nome America, inoltre nella parte meridionale del nuovo continente una scritta avverte “terra che scoprì Colombo”. Il geografo fu attivo a Venezia, dove lavorava su incarico di principi, mercanti e ufficiali di alto rango. Fra il 1534 e il 1564 il suo laboratorio produsse almeno 71 atlanti di cartine nautiche considerate di fine artigianato. Le carte solitamente includevano la latitudine, ma non la longitudine, ed erano profusamente decorate.
Nel 1525 preparò la prima carta della Moscovia che era basata su notizie geografiche narrate a Paolo Giovio dall'ambasciatore russo Dmitry Gerasimov. Fra il 1534 e il 1564 il suo laboratorio produsse almeno 71 atlanti di cartine nautiche, di minor valore rispetto alle carte della Scuola Cartografica di Dieppe, ma considerate di fine artigianato. Le carte solitamente includevano la latitudine, ma non la longitudine, ed erano ampiamente decorate.
Realizzato nel 1504, il più antico mappamondo è stato realizzato su due semigusci di uovo di struzzo. L'Europa (e l'Italia), il Nord Africa e il Medio Oriente sono rappresentati con meticolosi dettagli. sul mappamondo vi sono 71 nomi. Nel sud est asiatico - poco conosciuto - compare la scritta “Hic sunt dracones”, ossia “qui vi sono i draghi”. Il mappamondo è decorato anche con mostri marini, intrecci di correnti marine e persino con la posizione di un vascello affondato. Il mappamondo risale al 1504 e, molto probabilmente, venne realizzato artigianalmente a Firenze utilizzando la parte inferiore di due uova di struzzo. A poco più di 12 anni dal primo viaggio di Cristoforo Colombo, mostra i dettagli ancora vaghi e poco definiti delle Americhe. I soli tre nomi che si trovano sull’America meridionale sono: “Mondus Novus, terra de Brazil e Terra Sanctae Crucis”. Il mappamondo è stato studiato da un collezionista/ricercatore belga, Stefaan Missinne, utilizzando il carbonio-14, con esami sul tipo d’inchiostro usato, una tomografia del testo sovrascritto e una serie di elementi storici.
Missinne ritiene - ma non ha evidenze storiche sufficienti - che il globo sia collegato al lavoro di Leonardo Da Vinci. Tesi affascinante ma priva di riscontri. La ricerca è stata pubblicata sul giornale “Portolan”, la rivista ufficiale della Washington Map Society. Tuttavia alcuni ricercatori e cartografi hanno accolto la scoperta con un certo scetticismo. Non è noto - infatti - chi fosse il proprietario del mappamondo che nel 2012 lo ha donato in modo anonimo al London Map Fair che ha poi permesso a Missine di studiare l’oggetto. Anche se il guscio risalisse effettivamente al XVI secolo, questo non costituirebbe una garanzia. Non è detto che la mappa sia altrettanto antica. Il primato del più antico globo (contenente le Americhe) sopravvissuto alla storia apparteneva al globo di Hunt-Lenox, di rame, datato tra il 1504 e il 1506. I due globi hanno in comune etichette e contorni dettagliati quasi identici, e Missinne crede che non sia un caso.
L'Erdapfel (mela terrestre) realizzato da Martin Behaim nel 1492 è considerato il primo mappamondo terrestre giunto fino ai nostri giorni. Si tratta di un globo di lino laminato in due metà, rinforzato con legno e ricoperto con un mappa dipinta da Georg Glockendon. Le Americhe non sono incluse perché Colombo tornò nel Vecchio Mondo soltanto nel marzo 1493. Immaginate un mappamondo ammaccato e mezzo sgonfio: è molto diverso dall'idea di Terra liscia – e al limite un po' schiacciata ai poli – a cui siamo abituati, eppure sarebbe una rappresentazione più realistica del nostro pianeta. Non solo infatti canyon e montagne creano delle "rughe" sulla sua superficie, ma persino i mari hanno zone concave e altre più sopraelevate. E in più c'è la forza del campo gravitazionale che è differente da zona a zona. Nell’ ultima immagine che raccoglie migliaia di osservazioni satellitari, la Terra appare deformata da rilievi e depressioni marine e (nei colori) dalle differenze del campo gravitazionale che è minore della media nelle zone blu e verdi; è maggiore della media in quelle viola e rosse; è nella media nelle zone gialle.
Archeo Misteri Magazine: L'America e la sua scoperta.
DIGITALIZZATO IL PLANISFERO DEL XVI SECOLO DI URBANO MONTI
Urbano Monti (o Monte) fu un geografo e cartografo milanese vissuto tra la metà del XVI e l’inizio del XVII secolo. Al tempo la cartografia stava facendo passi da gigante grazie alle grandi esplorazioni oceaniche e all’incrocio della geografia di ispirazione classica, spesso infarcita di miti, leggende e grandi imprecisioni sui profili dei continenti, e le informazioni topografiche dei portolani, accurate mappe delle coste utilizzate per la navigazione.
Urbano Monti viene ricordato per la pubblicazione tra il 1587 e il 1590 (all’interno dell’opera Trattato universale. Descrittione et sito de tutta la Terra sin qui conosciuta) di uno dei planisferi più conosciuti e dettagliati dell’epoca, ben 60 pagine di raffigurazioni in cui appare per la prima volta l’intero pianeta a colori completo di informazioni scientifiche come climi regionali e lunghezza di giorno e notte.
Leggi il testo completo su: http://www.vitantica.net/2018/01/31/planisfero-xvi-secolo-urbano-monte/
Molte leggende cinesi parlano di Fusang una terra misteriosa posta ad est, posizionata in vari luoghi dell’America. Xu Fu il mago di corte della della dinastia cinese Qin ad essere inviato due volte dall’imperatore Qin Shi Huang verso i mari orientali alla ricerca dell'elisir di lunga vita. Come gli spagnoli cercheranno la fonte dell’eterna giovinezza sempre in America. I viaggi dello stregone avvennero addirittura tra il 219 ed il 210 a.C. Pare che la flotta fosse composta da 60 brigantini 5000 membri di equipaggio, 3000 ragazzi e ragazze, e artigiani di ogni tipo. Imbarcatosi in una seconda missione nel 210 a.C. lo stregone non fece più ritorno. L’ipotesi americana venne poi ripresa verso la fine del 1700 da alcune mappe francesi, che localizzavano la Fousang de Chinois, una colonia del celeste impero, sulla costa occidentale dell’America, a 8000 chilometri circa ad est della Cina.
Non a caso Pier Paolo Toscanelli, incoraggiando Colombo all’impresa, aggiunge di avere avuto informazioni ricche e dettagliate «da uomini eminenti venuti da quella terra (la Cina n.d.r.) fino alla corte papale, che parlano con grande autorità di queste questioni.» Ultimi lampi di una grande civiltà, che finì per chiudersi in se stessa, cancellando il passato.
Nelle foto alcune mappe, maschere di giada mesoamericane con sembianze indubbiamente asiatiche e sotto il mago Xu Fu ed una giunca cinese. Vedere anche a Curiosità altri elementi della presenza cinese in America in epoca precolombiana.
Ambrogio Teodosio Macrobio è vissuto nel V secolo d.C.
Inter Platonis et Ciceronis libros, quos de re publica uterque constituit,
Eustachi fili, vitae mihi dulcedo pariter et gloria,
hoc interesse prima fronte perspeximus
quod ille rem publicam ordinavit, hic retulit
(dal Commentarium in Somnium Scipionis, sectio I)
Rilevante personalità del mondo tardo-antico, apprezzato in particolare nel corso del Medioevo, epoca nella quale le sue opere furono copiate ed utilizzate da molti scrittori ed uomini di cultura nelle loro citazioni, Macrobio condivide, con altri insigni personaggi di quel periodo, la sfortunata circostanza per cui intorno al suo profilo biografico ed intellettuale non sono state tramandate indicazioni certe.
Ambrogio Macrobio, impegnato studioso di filosofia e di astronomia, lega il proprio nome alla stesura di molti scritti eruditi e si segnalò per lo spiccato interesse nei confronti degli studi di astronomia a partire dalla stesura di un Commentarium (Commento) al Somnium Scipionis, il celebre testo, riportato da Cicerone nel suo trattato De re publica, opera filosofica articolata in sei libri e dedicata alla delineazione della forma di governo ideale per Roma. Il viaggio tra le stelle, di cui l’Africano è l’impareggiabile guida, offre l’occasione al commentatore Macrobio di indulgere sull’architettura dell’Universo, mostrandosi incline ad una spiegazione di tipo geocentrico della struttura del cosmo. Un’opera, come si può intuire, di fondamentale importanza quale sintesi dei contenuti scientifici, cosmologici, religiosi ed etici propri della corrente filosofica neoplatonica: un’operazione nella quale si distinse pure un altro autore di spicco del tempo, Marziano Capella, a cui si deve la stesura del De nuptiis Philologiae et Mercurii.
Losmografo tedesco (Norimberga 1459 - Lisbona 1506) godette ai suoi tempi una fama assai superiore ai propri meriti per aver costruito un globo secondo le conoscenze geografiche anteriori ai viaggi di Colombo. Tale globo, da lui chiamato "Erdapfel", e terminato nel 1492, l'anno della scoperta dell'America, è comunque uno dei primi globi terrestri moderni, ed è attualmente il più antico globo terrestre esistente.
Behaim apparteneva alla classe dei commercianti di una fiorente città nel sud della Germania, Norimberga. Alcuni sostengono che fosse di origine nobile. Ha sfruttato le opportunità offertegli dal suo ceto sociale per viaggiare, sebbene, secondo Ravenstein e Stevenson, sia poco probabile che abbia avuto quella rinomanza come esploratore delle coste africane con la quale certi suoi biografi hanno tentato di insignirlo, né sembra che abbia avuto titolo per far parte della cerchia degli uomini più rinomati, famosi nella sua epoca per la loro conoscenza astronomica e nautica. I suoi studi riguardarono soprattutto il problema della misura della latitudine in mare (la difficoltà che si incontrava nella determinazione della altezza massima del sole a mezzogiorno a causa del beccheggio della nave); sembra inoltre avere messo a punto un astrolabio in rame più preciso di quelli allora esistenti in legno. Si attribuisce a Behaim il merito di avere introdotto l'astrolabio nei sistemi di navigazione portoghesi, ma è ormai provato che sistemi per la determinazione delle latitudini a mezzo della misurazione dell'altezza del sole erano già utilizzati da decenni. Anche l'ipotesi che Behaim possa avere introdotto il "metereoscopio", strumento inventato dal Regiomontano, si può respingere come improbabile.
È indubbio che, grazie ai suoi studi di matematica, d'astronomia (diceva di essere stato discepolo del Regiomontano) e di navigazione, ma soprattutto per ragioni commerciali, sia approdato in Portogallo, dove, poco dopo il suo arrivo, probabilmente nell'anno 1484, è stato onorato dal Re Giovanni con un riconoscimento come membro dei matematici [un concilio nautico o matematico]. Era onorato dal re, presumibilmente per i suoi servizi di consigliere per le spedizioni marittime, e per alcuni anni ebbe la sua residenza sull'isola di Fayal nelle isole Azzorre avendo sposato in Portogallo Juana de Macedo, figlia di Jobot de Hurder, donatario delle isole di Fayal e Pico, nell'arcipelago delle Azzorre. Comunque è certo che Behaim giunse in Portogallo e fece più volte visita a Giovanni II nel 1484. Il monarca portoghese lo ricevette con affabilità, servendosi come intermediario di Valentin Fernandez, il traduttore del Milione di Marco Polo.
Durante i suoi primi anni in Portogallo, è stato collegato a una o più spedizioni lungo la costa dell'Africa, in particolare alla spedizione di d'Aveiro del 1484 che, decimata dalle malattie, invertì la rotta nel 1486 senza avere oltrepassato il Congo (18° parallelo).
Il nome di Martin Behaim è legato da un tenue filo alla biografia di Colombo, perché un cronista del XVII secolo, Antonio de Herrera, ha cercato di sostenere un rapporto tra i due. Herrera parla di Behaim nella Description de las Indias occidentales, opera preliminare alle sue Décadas: Cristoforo Colombo, seguendo i consigli di Martin de Bohemia, portoghese, originario dell'isola di Fayal, astrologo famoso e giurista, nonché di altri che ebbero rapporti con lui, diede inizio alla scoperta di quella che oggi si enumera come quarta parte del mondo.
Behaim, in effetti, risiedette in Portogallo alcuni mesi, quando vi si trovava Colombo e quindi ebbero dunque la possibilità di conoscersi. Si tratta tuttavia soltanto di una supposizione, anche se creduta senza titubanza da autori seri come Altolaguirre.
Una scritta sul suo globo, presso le isole Azzorre, ci ricorda la data della sua morte: 29 luglio 1506, lo stesso anno della morte di Cristoforo Colombo.
IL COSMOGRAFO TEDESCO IN UN’ILLUSTRAZIONE DELL’EPOCA RITRATTO INSIEME ALLA MOGLIE
Il planisfero del genovese Nicolò Caveri scoperto dal Gallois nel 1890, venne presentato nel IV° centenario della scoperta dell’America, 1892, come opera di Nicolay de Canerio januensis. Il merito di aver ristabilito l’esatta lettura del nome Caverio spetta a Paolo Revelli, che nel 1947 annunciò nella sua opera “Un cartografo, pp. 449 ss.” di aver riconosciuto nel cartografo un amico e collaboratore di Colombo.
La maggior parte degli studiosi propende a collocare il planisfero al 1502-1504. Non si conosce la data di nascita del cartografo genovese, ma si hanno buoni motivi di credere che sia nato verso la seconda metà del sec. XV a Quinto.
Risulta dalla testimonianza del notaio Gallo, che egli ebbe tra le mani una lettera-relazione di Colombo sul secondo viaggio (quindi in quell’occasione Colombo avrebbe già toccato il continente) e una sua carta geografica, che probabilmente servì da modello a quella del Caverio, conservata attualmente a Parigi negli Archivi della Biblioteque Nationale, Cartes et Plans. Nella carta geografica sono evidentemente confluiti dati, notizie e misurazioni compiuti da Colombo in occasione dei suoi primi viaggi di scoperta e di esplorazione. La mappa anticipa quella di Waaldsemuller, che darà il nome America, da Amerigo Vespucci, alle terre ritrovate. Scippando i meriti e il primato di Colombo.
Planisfero di Nicolò Caveri, cartografo genovese, attribuito agli anni 1502-1504. In basso a sinistra della carta si legge la dicitura “opus Nicolay de Caverio ianuensis”. A destra un’altra mappa di Caveri.
Planisfero di Cantino (o Mappa del mondo di Cantino) è una mappa che mostra le conoscenze geografiche dell'Impero portoghese all'inizio del XVI secolo. Si tratta del più antico planisfero portoghese sopravvissuto. Misura 220 x 105 cm. Il planisfero prende il nome da Alberto Cantino, un agente del Duca di Ferrara, che contrabbandò dal Portogallo all'Italia nel 1502. La mappa ritrae la costa brasiliana, scoperta nel 1500 dall'esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral, e mostra la costa africana dell'oceano Atlantico e indiano con grande accuratezza e dettaglio.
È stata definita "la mappa più importante della storia della cartografia portoghese, e anche del mondo".
Sul retro della mappa vi è un'iscrizione che dice: Carta de navigar per le Isole nouam trovate in le parte de India: dono Alberto Cantino al S. Duca Hercole.
Poco dopo il suo arrivo in Italia, le informazioni presenti sulla mappa furono ricopiate nella mappa di Canerio, che a sua volta servì da base per la rappresentazione dell'America nella carta Universalis cosmographia di Martin Waldseemüller.
Si tratta di uno dei primi casi in cui l'America è rappresentata come un territorio a sé stante. Nella parte più a sinistra vi è una penisola con un fiume chiamato il Rio de las Almadias, che è stato suggerito essere il fiume St. Johns in Florida[6], sebbene la Florida non sia stata ufficialmente scoperta prima del 1513. Altri hanno suggerito che la penisola rappresenti parte della Cina, Cuba, oppure lo Yucatan.
Terranova, visitata nel 1500 e 1501 da Gaspar Corte-Real e dal fratello Miguel, è rappresentata leggermente a est rispetto alla sua collocazione effettiva, in modo da risultare ad est della linea di Tordesillas, ed è chiamata "terra del re del Portogallo". È rappresentata anche la Groenlandia, presumibilmente sulla base della missione di Lavrador e Barcelos.
AL tempo della realizzazione della mappa, le informazioni disponibili sul Brasile si limitavano a quelle date dalla spedizione di Cabral del 1500, che aveva esplorato solo una porzione relativamente piccola della costa rappresentata, dalla bandiera vicino alla scritta Vera Cruz al lato settentrionale della baía de Todos-os-Santos. Si suppone che il Brasile abbia raggiunto la sua forma attuale nella mappa in tre fasi distinte: in origine, è stata tracciata una linea di costa che va da Golfo fremosso vesro sud-est fino a Cabo Sam Jorge, e da lì a sud sino a Porto Seguro; successivamente, è stata incollata una striscia di pergamena fra il Rio de sã franc° e il Golfo fremosso, che sarebbe stata basata sulle informazioni portate da João da Nova, di ritorno a Lisbona nel settembre 1502 (da Nova scoprì anche l'isola di Ascensione, anch'essa riportata sulla mappa. In una terza fase sarebbe stata rimossa un'isola denominata quaresma, e aggiunti alcuni toponimi in corsivo.
Nelle foto in alto a sinistra della mappa di Cantino si vedono le isole dei Caraibi e la costa del Nord America, al centro l’intera mappa, a destra una penisola interpretata come la Florida.
Enciclopedia Italiana (1931)
di Gino Funaioli
CRATETE di Mallo (Κράτης ὁ Μαλλώτης, Crates Mallütes). - Di poco maggiore d'età ad Aristarco di Samotracia, emerge con lui e per più rispetti, di fronte a lui, tra i dotti della prima metà del sec. II a. C., fiorendo egli sotto Eumene II (197-159 a. C.), il creatore della biblioteca di Pergamo, come l'altro sotto Tolomeo Filometore (181-147 a. C.). E a Pergamo, C. capeggiò l'indirizzo culturale che è legato al nome della città e che dall'alessandrino si contraddistingue per una più larga visione di cose, filosofica, antiquaria, archeologica, ma anche per una poco felice applicazione di principî. In contrasto ad Aristarco C. posponeva la γραμματική alla κριτική, il che vuol dire l'esegesi degli autori fondamentalmente concepita come intelligenza verbale all'approfondimento filosofico, logico-storico, della grammatica, alla valutazione degli stili e dei varî caratteri che si rivelino nei prodotti letterarî, allo studio della materia ivi contenuta (Sext. Emp., Adv. gramm., 248-79). C. è tutto orientato verso lo stoicismo. Sostenevano gli stoici che nella parola non c'è rispondenza fra concetto e forma, che tutto nella lingua si deve al capriccio dell'uso; ed egli a partire di costì, e andando innanzi, attaccò l'analogia nel particolare senso in cui già Aristofane di Bisanzio e poi Aristarco sostanzialmente l'intendevano, non nel senso generico di razionalità del linguaggio, ma di regolarità di flessione, e su questo terreno alla ἀναλογιά oppose l'ανωμαλία, l'inaequalitas declinationum consuetudinem sequens (Gell., II, 25,3). E con gli stoici egli amalgamò sicuramente grammatica e retorica, comprendendo nell'arte grammaticale, oltre che gli elementi del linguaggio e le parti del discorso, anche i vitia e le virtutes orationis, o la purità e l'eleganza del dire, un capitolo in Alessandria estraneo alla τέχνη e trattato a sé con criterî fondamentalmente diversi: per gli stoici, e quindi per C., norma del parlare è l'uso, per gli Alessandrini la regola. Né meno si fa sentire l'azione dello stoicismo in C. esegeta.
Commentarî ebbero forse da lui Esiodo, Euripide e Aristofane, sebbene per nessuno di loro risulti con assoluta sicurezza e vi sia, almeno per più casi, la possibilità che allusioni a codesti poeti derivino dai lavori omerici. Dei quali saranno da tenere distinti i Διορϑωτικά, probabilmente un commento accompagnato dal testo critico, dagli ‛Ομμηρικά, una trattazione, si direbbe, di carattere geografico. In Omero, che appunto costituì il supremo interesse di C., non altrimenti che di Aristarco, balzano vive agli occhi le differenze delle vedute e dei metodi loro. C. mira a intendere storicamente il suo poeta, dove Aristarco lo considera a sé e per sé; male però lo conduce allo scopo il mezzo di cui si serve, che è l'esegesi allegorica. Nata essa già nel secolo VI e accolta poi dai cinici e dagli stoici, diviene ora strumento in mano d'un letterato filosoficamente colto, e fra letterati rimarrà quindi per i secoli nel mondo ellenistico e romano a dischiudere i profondi segreti della poesia. E ancora sotto l'impulso delle dottrine stoiche C. non cerca in Omero il bello e il dilettevole, bensì l'utile; la teologia morale e la scienza, l'elemento didattico. In armonia alla Stoa il globo terrestre d'Omero è per lui a forma sferica, l'immagine di che è lo scudo d'Achille. La corrente oceanica passa per la zona torrida e di là si spinge verso ognuno dei due poli a circondare la terra. Le peregrinazioni d'Ulisse sono trasferite dal Mediterraneo all'Oceano Atlantico, onde una controversia speciale con Aristarco (Gell., XIV, 6,3). E Omero avrebbe conosciuto le notti polari: di qui il buio del Tartaro, che C. sotto l'influsso stoico identifica con la zona artica, e la lezione Κερβερίων che poneva in luogo di Κιμμερίων nella Nekyia (Od., XI, 14). Così C. ci si presenta con una sua singolare fisionomia; e nonostante tutto, con l'originalità delle sue idee, accoppiata al buon diritto di certe posizioni teoriche, si capisce come egli creasse una scuola, se pur tale da non gareggiare con l'aristarchea. All'insegnamento diretto di C. che si esplicò per qualche tempo in Roma probabilmente intorno al 169 a. C. (Suet., De gramm., 2) e insieme, certo, all'autorità che Panezio, un allievo di C., godé nel circolo di Scipione l'Emiliano, si deve il prevalere della tendenza stoico-pergamena nella nascente filologia romana.
Abū ‘Abd Allāh Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrīs al-Sabti detto anche Idrīsī, Edrisi, El Edrisi, Ibn Idris, Hedrisi o al-Idrīsī (in arabo: أبو عبد الله محمد بن محمد ابن عبد الله بن إدريس الصقلي; in latino Dreses; Ceuta [1], 1099 circa – Sicilia, 1165) è stato un geografo e viaggiatore arabo.
Fu invitato dal re Ruggero II di Sicilia a Palermo, dove realizzò una raccolta di carte geografiche note con il titolo Il libro di Ruggero. Dopo aver viaggiato per tutti i paesi del mar Mediterraneo, si stabilì a Palermo presso la corte normanna di re Ruggero II, intorno al 1145.
La tradizione vuole che i primi cavalieri templari, nove all’inizio, siano nati in Francia per volontà di Hugo de Payens. Nelle mappe la situazione della nazione transalpina e la diffusione dell’Ordine nelle varie regioni.
22 maggio 2016
Le presunte rotte seguite dai colonizzatori
Nelle sepolture dei nativi americani sono stati rinvenuti soggetti con tratti decisamente arcaici, il che indica una migrazione molto più antica dei nativi incontrati dai conquistadores. Non a caso le tracce più datate di presenza umana in America del Nord, rinvenute in South Carolina, presso il fiume Savannah, sono carboni di un focolare che risalgono a 50 mila anni fa, ben prima dell'arrivo degli amerindi, giunti nel continente attraverso la Beringia solo alla fine dell'era glaciale, intorno a 15 mila anni fa. Nel Messico centrale, vicino a Puebla, sono emerse impronte umane datate 40 mila anni fa, in Cile a Monte Verde sono state trovate tracce di 33 mila anni fa, mentre a Pedra Furada in Brasile alcuni reperti sembrerebbero risalire a quasi 60 mila anni fa, cosa che ha fatto anche supporre una traversata dall'Africa alle coste sudamericane. Sono state rilevate similitudini genetiche tra i nativi del Nord America e gli antichi cacciatori siberiani arrivati dall'Eurasia inseguendo i mammut. I resti di tipologia pa,leoasiatica diversa dai classici nativi americani, sono riconducibili a uomini simili ai giapponesi preistorici della cultura Jomon. I campioni sono numerosi e di varie epoche, come ad esempio l'Uomo di Kennewick, nello Stato di Washington, datato 9200 anni fa: è affine agli attuali Ainu del Giappone e condivide dei geni con gli abitanti delle isole Chatham, in Polinesia, che a loro volta discendono dai Maori. Le ricerche hanno pure suggerito traversate paleolitiche ad opera di antichi marinai provenienti dalla Cina. Esiste anche la teoria "solutreana", che propone uno sbarco in Nord America dei popoli stanziati intorno a 20 mila anni fa sulle coste atlantiche d'Europa. La proposta, formulata sulla base della similitudine tra le punte di lancia dei popoli solutreani europei e dei Clovis americani, al momento non ha trovato conferme. Era stata annunciata la possibile origine francese di una punta in selce scoperta in Virginia e datata 19-26 mila anni fa, ma al momento non è stata ufficializzata alcuna conclusione. La genetica ha rilevato, inoltre, delle commistioni tra gli aborigeni dell'Australia e della Nuova Guinea con i popoli dell'Amazzonia, lo stesso scheletro messicano della cosiddetta Eva de Naharon apparteneva a una donna di tipo australoide, vissuta 13 mila anni fa. In tema di traversate transoceaniche, sono stati anche registrati arrivi dalla Polinesia su zattere rudimentali, ma efficacissime, in epoche molto antiche.
G.G.
Qui di seguito proponiamo diverse mappe che rappresentano la divisione dells Spagna dal 1157 fino alla partenza di Cristoforo Colombo per l'America nel 1492.
Esattamente cinquecento anni fa il geografo Martin Waldseemuller disegnava e battezzava la ‘terra incognita’ scoperta a occidente. Salvo poi pentirsene e avviare una querelle che dura ancora oggi. Amerrik era una catena di monti dell’odierno Nicaragua, gli indiani Algonquin chiamavano la loro terra Em-merika, e c’è un Ommerika nella lingua vikinga per definire lontane lande a Nordovest di Washington. Il nome scivola sulla lingua come lo scafo di una caravella sulle acque del Caribe, canta con una gentilezza musicale che soltanto l’italiano sa generare.
Dall’amico Ammiraglio Flavio Barbiero, eminente studioso e autore di libri di grande interesse, ricevo questa lettera di precisazioni a proposito della famosa carta dell’ammiraglio turco Piri Reis, felici che su quell’affascinante documento del 1513, che sempre ha suscitato polemiche, si apra l’ennesima “querelle”. Rassicuriamo Barbiero a proposito della pubblicazione: non l’abbiamo avallata, ma l’abbiamo segnalata per arricchire il sito, precisando che lasciavamo all’autore la responsabilità delle affermazioni.
Perfetta la definizione di Indie orientali ed Indie occidentali secondo la formulazione coniata in seguito ai viaggi di Cristoforo Colomboco. Molto di più del Mondo Nuovo di Amerigo Vespucci, che non a caso quasi nessuno adottò. Mentre correttamente il navigatore lo chiamò “otro”, altro. Perché sapeva benissimo che nuovo non era.
Riproduciamo un articolo tratto da Internet sulla famosa e discussa carta dell’“infedele” Ammiraglio turco Piri Reis. Lasciando la responsabilità delle considerazioni espresse agli autori dell’articolo ci limitiamo a segnalare che la fonte più importante della sua carta, per ammissione dello stesso Piri Reis, era costituita da una mappa o un libro dell’infedele Cristoforo Colombo il quale aveva un codice che risaliva alla biblioteca di Alessandria! Forse, aggiungiamo noi, un testo ebraico.
Da WIKIPEDIA
Juan de la Cosa (Santoña, 1460 circa – Yurbacos, 28 febbraio 1510) è stato un navigatore spagnolo. Pilota e cartografo di Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Alonso de Ojeda, Rodrigo de Bastidas e Juan Díaz de Solís viene ricordato per aver redatto il primo mappamondo che mostra le terre del Nuovo Mondo nel 1500.
Etimologia
L'origine del nome non è chiara. Il nome "Antilia" sembra significare anti isola, ossia isola opposta, forse opposta al Portogallo oppure isola posta simmetricamente al di là delle Colonne d'Ercole. La parola in qualche modo può richiamare Atlantide e non è escluso che i due miti si siano parzialmente sovrapposti, o che Antilia sia una versione ridotta di Atlantide. La più antica etimologia la ricollega direttamente ad Atlantide (1455). Scrittori posteriori hanno suggerito una derivazione dal latino anterior perché precedeZipangu o dall'arabo 'Jezirat al Tennyn ("Isola del Drago").
Pubblichiamo gli studi compiuti sulle antiche carte da Rolando Berretta. Per noi, sinceramente i saggi ricevuti risultano troppo complicati, ma conoscendo per esperienza la serietà con cui i militari affrontano simili indagini, del tutto aliene dalla volontà di creare solo rumore, le offriamo ai nostri lettori e soprattutto a quanti si occupano di cartografia. Gli interventi di Beretta sono tre.
È risaputo che i viaggi di Colombo dopo il 1492 non permisero all’”Ammiraglio del Mare Oceano” di mappare granché del Nuovo Mondo.
Ecco perché le mappe di Piri Reis del 1513 hanno necessariamente costituito e costituiscono una sfida alle conoscenze tradizionali della cartografia. Si sa infatti che l’ammiraglio turco aveva copiato “carte alessandrine” molto antiche, come egli stesso ammise. Carte che rappresentavano perfettamente non solo le coste euroafricane fino al Golfo di Guinea, ma anche, nei dettagli, tutta la parte centro-meridionale del continente americano e una sorprendentemente circostanziata Artartide libera dai ghiacci polari e collegata alla Terra del Fuoco, più o meno come doveva presentarsi, secondo alcuni, circa tredicimila anni fa. Ma Piri Reis non è stato evidentemente il solo ad attingere a conoscenze dimenticate peraltro acquisibili da chi avesse saputo dove cercare. Il legato di una perduta civiltà primeva era con ogni probabilità conservato da sempre esclusivamente per gli “iniziati” e i soli esponenti della “intellighenzia” del mondo antico e medioevale, escluso per altri occhi fino al Rinascimento. Gli incendi della Biblioteca di Alessandria da parte dei Romani di Giulio Cesare prima e degli Arabi poi nel 642 d. C. dovettero consentire peraltro, nel caos conseguente, che certuni testi e documenti, salvati in extremis ai roghi dei conquistatori, fossero infine trasmessi e svelati ad occhi profani. L’ultimo forzato “travaso” di tali conoscenze si è verificato con l’islamizzazione dell’Egitto. Com’è noto, a chi gli faceva notare che l’avere appiccato il fuoco alla Biblioteca di Alessandria significava la distruzione di tanti libri pieni della intera conoscenza erede del luminoso passato di antiche civiltà e culture, il condottiero islamico Amr Ibn Al-As che aveva dato l’ordine rispose con una battuta (“Se quei libri contengono conoscenza e verità, esse sono già nel Corano; in caso contrario, è bene che brucino!”). Ma è proprio da quell’ultimo drammatico evento che si ebbe certo la diffusione di certi materiali prima “proibiti”. Piri Reis è solo la punta dell’iceberg. Così non ci meraviglia certo di dover constatare la sostanzialmente corretta presenza e rappresentazione del continente antartico nella nota mappa di Oronzio Finneo del 1531 o in quella di Giorgio Calopodio del 1537. Più recentemente, ricollegandosi agli studi inediti di Rolando Berretta, Alessandro Moriccioni, Andrea Somma e Andrea Femore hanno pubblicato sulla rivista “Mystero” n. 28 l’articolo “Il segreto di Piri Reis”, illustrandolo fra l’altro con lo sconcertante planisfero del 1508 attribuito al cartografo Francesco Rosselli, mostrante sorprendentemente l’Antartide più o meno come la conosciamo oggi, rappresentata addirittura con ampie zone di verde e perfino con l’apparente indicazione di siti notevoli e forse finanche di città.
È indubbio che i Vichinghi raggiunsero il Nord America prima dei viaggi di Cristoforo Colombo. Non è un caso che il navigatore sia andato in Irlanda. Potrebbe essere arrivato oltre. In Islanda e in Groenlandia. La storia del Nord e delle sue esplorazioni nell’“oltre”, allo scadere del millennio, fanno parte della storia del Cristianesimo. Del Vinland parlava un ecclesiastico che scrisse nel 1070 la “Storia ecclesiastica di Amburgo”.
Il mondo 16000 anni fa. Una mappa incredibile
Questa incredibile mappa, creata da Martin Vargic, grafico dilettante slovacco, cartografo e disegnatore di mappe online, ci svela come doveva apparire il mondo al culmine dell'ultima era glaciale. Gli ideatori hanno lavorato con i geologi per mappare con precisione le enormi lingue di terra e gli strati di ghiaccio che rendevano il mondo un posto molto diverso.
La mappa di Vinland è il documento che proverebbe un evento in grado di riscrivere i libri di storia: lo sbarco Vichingo in America, 600 anni prima di Cristoforo Colombo. È una leggenda metropolitana, oppure questi abitanti del Nord, con gli elmi cornuti e le navi a forma di drago, avrebbero scoperto il Nuovo Mondo prima del navigatore genovese? Gli storici oggi danno per molto probabile uno sbarco vichingo nell’America del Nord, probabilmente sulle coste di Terranova. Il problema, semmai, è la mancanza di prove certe (e autentiche) di tale avvenimenti. Questo, almeno, fino a quando non è stato accertato che i resti di un antico villaggio sulle coste americane sono proprio di epoca vichinga. Prima di quel giorno, però, si era alla ricerca di prove incontrovertibili. La mappa di Vinland poteva essere una di quelle prove. E qui il dubbio si fa forte.
Una mappa sconcertante, una mappa per alcuni aspetti incredibile. Più sorprendente e sconvolgente, per molti aspetti, di quella che anni fa scoprii, sì scoprii per primo, affrescata nelle stanze di Teglio. Una mappa ancora una volta immersa nel mistero. Da oltre venti anni ormai “navighiamo” sulle orme di Cristoforo Colombo, per ribaltare quella “barzelletta d’antiquariato”, che ci propinano da oltre cinque secoli in merito alla “scoperta dell’America”. L’evento che ha cambiato le sorti del mondo e dell’umanità. È ovvio che, in questo contesto, ci si debba occupare anche di carte geografiche, il che non è sempre facile ed agevole per chi si addentra in perfetta buona fede e con tanta buona volontà, ma non possedendo gli strumenti del mestiere, con tutti i rischi del caso, in quel labirinto, pieno di colori ed immagini, di didascalie e di inchiostri, rappresentato dalle antiche mappe geografiche. Quanto meno di quelle superstiti, perché la storia, in questa fascinosa branca del sapere, pare costellata da un vero e proprio “mappicidio”. In un cimitero di capolavori spariti. Difatti sono decisamente di più le carte perdute che quelle sopravvissute. Anche in questo caso dovremmo chiederci perché.
Dottor Marino salve. Ho elaborato il suo planisfero. Ho separato l’emisfero di 180° ipotizzato in tutte le carte tolemaiche; è standart: sono tutti uguali fino a Cattigara. Ho evidenziato i 135° desunti da un enunciato da Marino di Tiro. Sono i 135° di Oceano che separavano le Canarie dalla Cina. ( sono gli enunciati del Toscanelli ) Ho evidenziato che le isole di Sumatra, Giava mayor etc sono equatoriali mentre risultano allineate con il tropico del capricorno; come dire che hanno sbagliato la scala dell’Asia e la grande isola australe ( leggasi Australia ) è finita allineata con il circolo polare antartico. Ho aggiunto una carta di Piri Reis che cerca di raffigurare la zona Caraibica. Il tutto per dirLe che quella carta dovrebbe essere una. Dovrebbe essere datata tra il 1520 e il 1530. Questo è il mio pensiero. Per ora la saluto e buon lavoro.
“La delizia di chi desidera attraversare la terra”( arabo: نزهة المشتاق في اختراق الآفاق,Nuzhat al-mushtāq fi'khtirāq al-āfāq), generalmente detto “Libro di re Ruggero”(arabo:كتاب روجر,Kitab Rugar), è una descrizione del mondo scritta dal geografo arabo al Idrisi nel 1154, cui è allegato il mappamondo in 70 fogli noto come “Tabula Rogeriana”. Al-Idrisi lavorò sul testo e sulla carta geografica per quindici anni alla corte del re normanno Ruggero II di Sicilia che gli aveva commissionato l'opera intorno al 1138[1][2]. Il libro, scritto in arabo, segue la divisione in sette zone climatiche (secondo il sistema stabilito da Tolomeo), ognuna ulteriormente suddivisa in dieci sezioni, e contiene delle carte geografiche che mostrano il mondo allora conosciuto: l'Europa, l'Asia quasi per intero, e l'Africa a nord dell'equatore. La carta è orientata con il sud in alto ed il nord in basso. La Tabula Rogeriana è rimasta il mappamondo più preciso per tre secoli[2][3]. Il testo riprende la descrizione della situazione fisica, culturale, politica e socio-economica di ciascuna regione e ciascuna delle settanta sezioni ha una cartina corrispondente[2][4]. Per elaborare la sua opera al-Idrisi interrogò, individualmente o a gruppi, viaggiatori esperti a proposito delle loro conoscenze del mondo. Nel libro inserì tuttavia solo le notizie su cui c'era accordo completo e perciò ritenute credibili, omise invece ciò su cui vi fosse disaccordo[1]. L'esemplare destinato a Ruggero era inciso su di un disco d'argento pesante circa trecento libbre[1]. Esso è andato perduto perché fuso dopo esser stato predato in occasione d'una sommossa contro il sovrano normanno Guglielmo I di Sicilia nel marzo 1161. L'originale del mappamondo era inciso su di una lastra d'argento larga 3,32 metri ed alta 1,48[5], anch'esso perduto. Oggi sopravvivono dieci manoscritti della “Tabula Rogeriana”, di cui cinque hanno il testo completo e otto hanno le carte. Due di essi si trovano alla Bibliothèque nationale de France, la più antica delle quali è datata circa 1325 (MS Arabe 2221). Un'altra copia, fatta al Cairo nel 1553, si trova alla Bodleian Library di Oxford (Mss. Pococke 375) che la comprò nel 1692[6]. Il manoscritto più completo, che contiene la totalità del testo, il mappamondo, nonché tutte le settanta carte delle sezioni, è conservato ad Istanbul[4]. Altre copie si trovano al Cairo ed a San Pietroburgo[7].
La leggenda della terra piatta evidentemente è stata una leggenda prefabbricata solo per i gonzi. Persino Bramante, il grande architetto e pittore rinascimentale, oltre che geografo, sapeva che i Tolomeo che proponevano un oceano Pacifico chiuso dalla terre era un inganno. Fa testo questa opera famosa del 1477 con Eraclito e Democrito. Sul mappamondo è chiaramente visibile un oceano Pacifico che si estende verso Oriente e l’altra parte del globo. Contrariamente ai molti Tolomei del tempo che facevano dell’oceano un mare chiuso. Tutti sapevano, mentre si vuol fare credere che Colombo si sia ingannato trovando per una puro caso l’America. Barzellette che non reggono più. Perché tutto ciò che era Oriente faceva parte delle tre o quattro Indie, che non a caso venivano rappresentate nei globi a T, come doppie per estensione rispetto ad Europa ed Africa. Per cui il “Nuovo mondo” e tutto quello che si sarebbe trovato nella parte australe erano sempre Indie. Come giustamente in un primo tempo vennero chiamate dividendo quell’estensione di mondo in Indie occidentali ed Indie orientali.
All’estrema destra continentale compare quella che è stata chiamata “la quarta penisola asiatica”. Che alcuni studiosi hanno ipotizzato essere il Sudamerica. In verità la forma, sia pure distorta verso destra a causa della proiezione, raffigura esattamente il Nordamerica, comprendendo l’istmo centroamericano. Evidentemente l’America c’era, ma si faceva ancora molta confusione, pensando che fosse un proseguimento dell’Asia. Il tutto faceva parte di quelle che venivano chiamate al tempo le “Tre Indie”. Per cui Colombo non sbagliava parlando di Indie occidentali. Per di più sapendo che fra l’America e le altre Indie c’era un vasto oceano. (R.M.)
Oggi è ancora possibile farsi un’idea di come Cristoforo Colombo arrivò a scoprire l’America. Nella Beinecke Rare Book & Manuscript Library dell’Università di Yale è infatti custodita unamappa realizzata nel 1491 dal cartografo tedesco Henricus Martellus, e secondo gli esperti si tratterebbe proprio di quella utilizzata dall’esploratore genovese per progettare il suo famoso viaggio verso le Indie. Come tutte le cartine dell’epoca, la mappa è coperta di annotazioni che illustrano caratteristiche geografiche dei territori, così come usi e costumi delle popolazioni che li abitano. Testi che potrebbero rivelare particolari fondamentali su quello che sapeva Colombo quando organizzò la sua spedizione, ma che in oltre 500 anni sono ormai divenuti illeggibili. Un nuovo progetto, finanziato dal National Endowment for the Humanities del governo americano, ha deciso di riportare alla luce questi testi perduti, utilizzando una tecnica chiamata multispectral imaging. La mappa di Martellus rappresenta l’Europa, l’Africa e l’Asia, ossia tutto il mondo conosciuto prima che Colombo scoprisse accidentalmente il continente americano.
Il mondo e tutti i suoi continenti potrebbero essere stati toccati ben prima degli europei da un ammiraglio cinese chiamato Zheng He, le cui flotte solcarono gli oceani tra il 1405 e il 1435, stando alla teoria che gli accredita la paternità della scoperta dell’America, elaborata dall’ex ammiraglio inglese Gavin Menzies nel suo saggio 1421: la Cina scopre l’America (in Italia pubblicato nel 2002 da Carocci editore). La Cina fu dunque il vero centro della navigazione antica? Fu l’impero celeste a essere il primo a circumnavigare il mondo in un iter esplorativo del tutto inaspettato e straordinario? È ciò che la scoperta di cui stiamo per parlare, esplosa come una bomba nei notiziari internazionali dello scorso gennaio, sembra evidenziare. Le recenti notizie tendenziose apparse sulla stampa italiana che ne dichiarano con sicurezza la sua falsità, in realtà, non sono dimostrabili e solo le analisi potranno derimere la questione.
Una mappa “impossibile”. In una località impossibile. Una delle tante carte del mondo carica di misteri. Un portale di pietra sbarrato. Una serie di segni scolpiti. Al centro in alto il trigramma di Cristo di San Bernardino da Siena, il francescano che infiammò questi luoghi lontani con le sue prediche. Ai due lati una fenice ed un pellicano, animali che rinviano a una sacralità perduta: la fenice che rinasce dalle ceneri, ovvero morte e resurrezione per il trionfo della vita eterna, il pellicano che nutre la prole con il proprio sangue. A ricordare il sacrificio per redimere l’uomo. Volti incisi in medaglioni e particolari, lungo i due stipiti, di cui si è perduto il senso. Una croce iscritta in un cerchio, attraversata a sua volta da un cerchio minore; al centro un forellino: una rotella celtica. Rose impresse ai due lati in basso. Nell’architrave una frase arcana, che suona come un monito per chi entra: “Novit paucos secura quies”. Un sorta di “summa” ideologica dei signori di questo misterico palazzo, sulla cui facciata una fascia decorativa fa da “liaison” tra l’ingresso e l’intero fronte dell’edificio. Un motivo fatto di riquadri, disposti a losanga, nell’alternarsi di chiari e di scuri, che più che a ad un finto bugnato (qualche quadrato rivela ancora un motivo floreale di fondo) rimanda agli scacchi, al gioco eterno fra il bianco e il nero, all’eterna lotta fra la luce e le tenebre. Siamo al cospetto di un “unicum” in un’enclave di montagna, apparentemente fuori dalle grandi vie di comunicazione. Su un balcone del versante retico delle Alpi, di fronte ai solchi contro il cielo delle Orobie.
Settecento metri sotto scorre la vallata dell’Adda. Terra di passaggio, terra di scontri religiosi, terra di incursioni dal nord, dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Germania, vallata che fa da linea di congiunzione fra Venezia e Milano, ma anche non lontana da Como, Piacenza, Pavia, Ferrara, Padova. Uno snodo presidiato da militi, paladini e cavalieri cristiani (non lontano, a Grosio, c’è una chiesa dedicata a San Giorgio). Terra dai molti Graal incisi e dalle numerose croci rosse (!) nelle chiese. La tradizione orale racconta di neonati e di donne dagli occhi orientali per via di incroci con i saraceni, il cui grano si coltiva ancora, nel segno di una lontana trasversalità. Siamo in Valtellina e per l’esattezza a Teglio, dove un singolare castello propone una serie di affascinanti interrogativi in attesa ancora di risposta.
Non possediamo alcuna carta di Tolomeo. Questa bellissima, riprodotta qua, è stata impressa su legno a Ulm (Germania) nel 1482 da Johannes de Armsshein, il cui nome è riportato nel margine superiore. Concepita come una sfera (!) la terra riproduce i tre continenti che corrispondevano all’ecumene che sarebbe stata conosciuta dall’antichità, secondo la tradizione: Europa, Asia e Africa. Con il mare Indico chiuso dalla terraferma come se fosse un lago. I venti sono rappresentati da teste dai capelli biondi che soffiano sulla terra.
Le mappe erano tanto belle artisticamente quanto segrete e a volte immaginarie. Questa curiosa rappresentazione del mondo interpretato come palcoscenico della follia è stata fatta ad Anversa verso la fine del 1500.