Eureka, la sinistra e l’Europa hanno trovato nel panorama politico italiano il nuovo “uomo nero" sul quale concentrare i loro strali, come sempre avvenuto in passato. Cambiano gli uomini non cambia il refrain del dalli all’untore. Se al governo non vano loro, i cosiddetti democratici, tutti quelli che di volta in volta li battono finiscono in un tritacarne diffamatorio sempre uguale, a cominciare dalla ormai nauseabonda e diabolicamente perseverante parola “fascista”. Ora è il turno di Matteo Salvini: ogni cosa che dice, ogni cosa che fa viene estremizzata pur di fare il processo anche alle intenzioni. A scagliare parole come pietre tocca adesso al filiforme ed equino Martina. Sia chiaro Salvini non è certo un gentleman, anche se indossa la giacca dà lo stesso l’idea che starebbe meglio con una clava e una pelle d’animale addosso. Ha un che di troglodita, ma l’aspetto lombrosiano non giustifica gli anatemi, gli insulti e addirittura le minacce che si tira addosso. Perché sinceramente a me non pare che dica cose sconvolgenti. Tanto più che sono in linea con quello che pensa la maggioranza della gente, quella fra l’altro silenziosa. Populismo? Ma non ha sempre predicato la sinistra “il popolo al potere?” Ora ci si mette anche Moscovici a fare la consueta lezioncina da oltre confine, secondo l’assioma voi siete una paese sovrano, ma noi siamo più sovrani di voi. La questione in ballo questa volta sono i rom. Chi ha visto qualche campo potrebbe farsene un’idea. Chiedono, pretendono, non pagano tasse, ma accanto alle catapecchie è un parcheggio di suv, di mercedes, di macchine da ricchi sfondati in un lerciume continuo. È così criminale pensare di fare degli accertamenti? È così agghiacciante cercare di regolamentare e di distribuire gli sbarchi dei disperati? O bisogna chiocciare come faceva l’altra sera in tv la squinternata Piciernov appellandosi all’umanità? Come se tutti gli altri, che cercano di dare ragionevoli soluzioni al problema soprattutto per evitare altri morti, fossero disumani. E ricordo un’altra sciacquetta democratica che affermava giuliva: “Ma ti pare che un terrorista verrebbe con i barconi con il rischio di morire in mare?”. Come se quelli dell’Isis, che si fanno smembrare con una cintura di esplosivo, temessero la morte. Ecco perché, e il direttore mi perdonerà, a me non pare che Salvini sia l’“uomo nero”. Molto di più mi pare lo siano quelli che ieri gli impedivano di parlare e che oggi lo coprono di insulti. In una situazione che fa ricordare, all’incontrario, la scenetta di Petrolini nei panni di un Cesare-Nerone: non faceva a tempo a dire una parola che risuonavano i “bravo”. In questo caso è Salvini, che non fa a tempo a dare fiato che risuonano i “fascista”.