Cecile Kienge, una delle miracolate dalla sinistra alla corte dei miracoli dell’Italietta dei nostri giorni, ha deciso di fondare un suo partito: “i tempi sono maturi”. L’ex ministro, sì proprio ministro, ed europarlamentare piddina ha annunciato di voler gettare le fondamenta dell' “Afroitalian power iniziative”. È lei stessa a lanciare l'annuncio roboante sui social: "È tempo di farsi valere. È tempo di dimostrare che ci siamo. Contro i soprusi e la discriminazione, per un futuro (e un presente) di rispetto, coesione, benessere e pace sociale". Fra le sue frasi celebri: “L'immigrazione è una ricchezza.” e “L'Italia non ha avuto una buona guida in grado di accompagnare il passaggio da Paese di emigrati a Paese di immigrazione. Abbiamo avuto per anni al potere la destra che ha portato avanti una cultura dell'odio.” La signora congolese non esita a fare di tutta l’erba un fascio in un paese dalle mille sfaccettature, identificandolo tout cour con il Sudafrica in linea con l’“apartheid”. Pronta a insegnarci come si deve guidare un paese. Men che meno si sogna di usare un minimo di “par condicio”, stigmatizzando l’operato di molti neri nelle nostre città. D’altronde la confusione e l’arroganza della signora in questione, alla quale anche il marito, che vota Lega e 5 stelle, ha
consigliato di contare fino a cinque prima di parlare, è dimostrata dallo stesso nome dato al movimento ideato dalla pulzella di colore. Prima, da autentica snob, con il conio in lingua inglese, secondo con la parola potere, che non ha una connotazione decisamente democratica, ma ultimamente sa quasi sempre di sopraffazione. Terzo parlando di potere afro-italiano e non italo-africano, come se il paese fosse loro. Vero è che esiste una manovalanza nera sfruttata come al tempo delle piantagioni di cotone americane e non solo, ma è vero anche che non tutti i neri venuti in questo paese sono stinchi di santo e che esistono delle vere e proprie mafie a cominciare da quella nigeriana, che getta le donne sul marciapiede. Da brava suffragetta cresciuta alla scuola piddina la Kienge denuncia, accusa, ma non fa il minimo di mea culpa e se nessuno si può permettere di offenderla come donna con indecorosi paragoni, a sua volta dovrebbe smettere di offendere il paese che le ha dato una esagerata notorietà. Mentre di lei ho un solo ricordo: una foto che la vedeva su un veloce motoscafo con le due figlie per andare a presenziare a Venezia al Festival del cinema. A quale titolo? Perché certa sinistra si batte per i poveri, ma cerca di non perdersi mai niente di quello che fanno i ricchi. Bertinotti docet.