Credevamo di conoscere la guerra. Ma, a parte quanti l’avevano subita di persona in precedenza, ci si accorge che non ne sapevamo niente. Non bastano i documentari in bianco e nero sui conflitti mondiali per farsene un’idea. Non bastano i film a colori, per quanto efferati, a ricostruirne l’orrore. Sempre finzione sono. Mentre questa è la prima guerra che ci entra in casa, attraverso la televisione, minuto per minuto. Mentre i giornali ne fanno un diario quotidiano nel quale non viene eluso il minimo particolare.
Anzi, pare che ci sia una forma di spettacolarizzazione del dolore e degli scempi. E del terrorismo. In una gara a chi è in grado di restituire gli episodi più crudeli, più crudi. Con la sofferenza degli innocenti che si dipana in mille rivoli di lacrime. Eppure tutto questo non è sufficiente ad avere un quadro veridico di uno scontro, che non risparmia niente e nessuno. In una contradditorietà di notizie, nel consueto caravanserraglio di esperti che rendono unicamente più confuso lo scenario. Nella pantomima degli incontri per la pace. Come va la guerra? Quando finirà? Cosa ci si può aspettare nel futuro? Ognuno ha la sua ricetta. Ma resta senza risposte la sfera di cristallo. Chi è in sostanza Putin? Lo si analizza in ogni variante possibile. L’uomo dagli occhi di ghiaccio rimane anche lui un mistero. Forse un’idea precisa ce la si può fare solo ricordando le morti per veleno degli oppositori, l’esibizionismo da bullo-macho del presunto “zar”. E chi è Zelensky diventato l’icona in maglietta militare dell’eroismo? Un ex pagliaccio partorito dalla tv. Da una parte l’eredità di una Russia-Asia-mongola nella quale la vita non vale nulla. Dall’altra la scelta della vocazione al martirio per un popolo. Mentalità lontane da un’Europa più occidentale. Perciò questa guerra che ci aggredisce ogni giorno ci appare come una follia nella follia. Per questo ci colpisce più di qualsiasi altro conflitto, nonostante l’incredibile disparità di vittime fra il passato e il presente. In passato spaventose cifre globali. Nel presente morti centellinati ad uno ad uno. In un teatro disumano che fa da unico refrain.