Il duca di Medinaceli e il duca di Medinasidonia, i due grandi di Spagna, sostennero lo “sconosciuto straniero” Cristoforo Colombo, che fu anche loro ospite. Le loro ricchezze erano superiori a quelle dei reali e si offrirono di finanziare la spedizione del navigatore, ma ottennero un rifiuto da Isabella e Ferdinando. Strani incontri e relazioni per un “marinaretto povero e ignorante”, come vorrebbe la esilarante tradizione. Probabilmente una solidarietà fra cavalieri (come spesso è rappresentato, con un cimiero, Colombo), senza contare che la parola Medina, presente nei due cognomi, indica chiaramente una connivenza con l’Islam di El Andalus. In linea con il pontificato di un papa, Innocenzo VIII, figlio di un Aronne (ebreo) e nipote di una Sarracina (musulmana), che inseguiva, prima della definitiva crociata con l’oro che sarebbe venuto dalle Indie, l’estremo tentativo di una pace fra le tre grandi religioni del libro. Grazie all’inviato Christo Ferens, come si firmava Colombo. Che nel suo criptogramma misterico aggiungeva una X una M e una Y: Cristo, Maometto, Yaweh. Chi ci segue sa anche che Colombo aveva uno stemma, che fu confermato e arricchito di nuovi quarti, dopo il successo del suo viaggio, dalle teste coronate di Spagna. Qualcuno si premurò di aggiungere in seguito “Por Castilla y por Leon Nuevo Mundo hallò Colòn”. L’ennesimo gioco di prestigio per falsare la storia. Leone (presente anche nello stemma dell’isola greca di Chio, presunta patria dell’ammiraglio) e castello erano quanto mai comuni negli stemmi. Basta guardare quelli proprio dei due grandi di spagna, per metà quasi identici (a sinistra Medinaceli a seguire Medina Sidonia e poi quelli di Colombo) a quelli del navigatore. E soprattutto quello (ultimo a destra) dei re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, che non ha nulla a che vedere con gli stemmi precedenti.