Se non si inquadra la cosiddetta scoperta dell’America nell’ossessione escatologica che caratterizzò quegli anni, specie dopo la vittoria definitiva contro i musulmani in Spagna, non si comprenderà mai nulla di quel “fumetto d’antiquariato” che continuano a raccontarci. E che fu invece un disegno studiato fin nei minimi particolari, per farlo collimare con le profezie. Come quelle in particolare di Gioacchino da Fiore, l’abate calabrese di “spirito profetico dotato” (Dante), il quale aveva annunciato che dalla Spagna sarebbe venuto “colui che restaurerà l’arca di Sion.” L’abate, che Cristoforo Colombo nomina più volte, divideva il tempo della storia in tre ere. Il tempo del Padre e del Figlio erano già trascorsi, non rimaneva che il tempo dello Spirito Santo in vista dell’Apocalisse prossima ventura, di cui il navigatore si sentiva strumento con la scoperta dell’altro mondo. Quando finalmente il Vangelo sarebbe stato divulgato presso tutte le genti, come atto finale che precedeva la fine dei tempi. Gioacchino da Fiore, che è stato nominato anche da Obama in un suo discorso, ha lasciato una serie di scritti e di immagini di non facile interpretazione e rimane una delle figure fondanti del viaggio colombiano. In un’eredità raccolta dai francescani spiritualisti, per un ritorno ad una Chiesa apostolica e primigenia, che sempre furono vicini a Colombo. Il quale non a caso, lasciando il Portogallo, raggiunse il convento de La Rabida per trascorrere interi anni con loro. Erano gli stessi francescani, che avevano percorso in lungo e in largo l’Oriente estremo, avendo certezza dell’esistenza delle Americhe. Dove i cinesi andavano da tempo.