Pico della Mirandola è una delle tante menti incredibili, spuntate come funghi, nell’Alto Medioevo e nel primo Rinascimento: un personaggio criptico e sfaccettato, solo in parte scandagliato. Pico, con le sue tesi, che cercavano una conciliazione fra passato e presente e le fedi di tutti i popoli è la dimostrazione di come quel tempo fu quanto mai esoterico, in una sapienza che comprendeva la conoscenza dell’astrologia, della cabala, dell’alchimia …
Pico, si tramanda, fu condannato da Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo, il papa di Colombo. Ma non è questo il caso di approfondire una storia ancora una volta diversa da come ci è stata tramandata. Per questo rinviamo chi ci segue ad un capitolo del libro “Cristoforo Colombo l’ultimo dei Templari”.
Tra tutti gli intellettuali dell'umanesimo italiano lui, Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), è forse il più sfuggente. Intelligenza prodigiosa, memoria eidetica, natura ambigua e androgina che voleva ritrovare il cosmo intero nell'uomo. Amante di tutto ciò che era esoterico, della matematica e delle lingue antiche entrò in contatto con molti dei più grandi intellettuali della sua epoca: il filosofo Ficino, Lorenzo il Magnifico, il poeta Poliziano, il cardinale Egidio da Viterbo, l'erudito Yohanan Alemanno, lo studioso di cabala e Talmud Elia del Medigo. Misteriosa anche la sua morte, causata probabilmente dal veleno per motivi che nessuno è mai riuscito ad accertare definitivamente.
Ora un ricercatore triestino, dell'Università di Trento, Michele Casaccia, ha scoperto una sua poesia inedita, rimasta nascosta per secoli. Grazie ad uno studio a tappeto Casaccia ha identificato questi versi manoscritti sconosciuti durante le sue ricerche nel Fondo Roberto Ridolfi della Fondazione Biblioteche della Cassa di Risparmio di Firenze. Si riteneva che solo 19 poesie si fossero salvate dalle fiamme della produzione poetica latina dell'umanista, ora sono 20. Il testo, databile dopo il 1486, è probabilmente dedicato proprio ad Angelo Poliziano (1454-1494), al quale il filosofo sottoponeva i suoi scritti. Tutti i 6 versi dell'esastico sono attribuiti dal titolo che li precede appunto a Pico, spiega Casaccia, e «ci sono buone ragioni per ipotizzare che il destinatario fosse proprio Poliziano, designato da Pico giudice delle sue prove letterarie. Prove che, come sappiamo dal fitto scambio epistolare tra i due, Poliziano non perdeva occasione di lodare, anche perché del bellissimo giovane era neanche troppo segretamente innamorato».
E infatti Pico nei versi sembra schermirsi dalle lodi rivoltegli dal grande poeta: «Sed cur te accusem, cum tu me laudibus ornes? / Iam malo frontem perdere, vera faris». «Ma perché ti rimprovero mentre tu mi elevi con elogi? / Di sicuro preferisco (che continui a) imbarazzarmi, ma che tu dica la verità». E la verità è sempre stato il tema che ha ossessionato Pico per tutta la vita.