Recentemente, la letteratura scientifica è giunta alle conclusioni che la maggior fonte di rame che alimentò l’Età del Bronzo europea dopo il 2500 a.C. è ignota. Tuttavia, quegli studi dichiarano che le dieci tonnellate di lingotti di rame a forma di pelle di bue recuperati dal relitto naufragato di Uluburun, della tarda Età del Bronzo (1300 a.C.), al largo della costa della Turchia, era "straordinariamente puro" (oltre il 99.5%), e che non era il prodotto della raffinazione del minerale locale. Tutti i lingotti a forma di pelli di bue sono "contenitori di rame" sporchi, con vuoti e scorie, e si formavano ossidi quando i minerali erano conservati all’aperto, tra zone umide e fuochi di legna. Solo il rame del Michigan possiede una tale purezza, e si sa che è stato cavato in enormi quantità durante l’Età del Bronzo.
La geologia del rame
Il rame è ritenuto il metallo più comune sulla faccia della Terra, dopo il ferro. Tuttavia, la maggior parte di esso si trova in basso grado di purezza nei minerali nativi e richiede una sequenza di operazioni per concentrarlo. I minerali nativi sono del tipo "ossidato", che includono la cuprite, e carbonati (malachite) e sono generalmente green o blu. Si possono ridurre a rame metallico con il semplice riscaldamento su carbone. I minerali del tipo "ridotto" sono solfati e fosfati (calcocite, chalcopirite, tetrahedrite), e non sono immediatamente identificabili nei giacimenti, e richiedono di essere arrostiti per convertirli in lingotti, che poi vengono ridotti per produrre il metallo. Ci sono diversi luoghi nel mondo in cui si trova il rame allo stato pure in piccoli depositi, ma esso è generalmente incapsulato in una matrice rocciosa, dalla quale deve essere liberato con gran fatica. Oggi si usa frammentare grandi volumi di roccia e trattarli, per ottenere il metallo.
La geologia unica del rame del Michigan
Durante le prime età della Terra, grandi vulcani eruttavano lave sull’area dei Grandi Laghi. Quando nuovi sedimenti si depositarono su quelle lave, le soluzioni di rame si andarono cristallizzando, nei basalti e negli strati di lava del periodo Precambriano. Il rame si cristallizzava in noduli e masse irregolari lungo zone di frattura ampie da pochi centimetri a un metro. In un miliardo d’anni, circa un quarto dell’età della Terra, ci furono quattro grandi glaciazioni sopra i letti di lave e di basalti, che esposero i filoni di rame in essi nascosti (Fig.2, disegno in alto). Isle Royale e la Penisola Keweenaw rimasero come alte creste di basalto vulcanico. Alle erosioni provocate dai ghiacciai, seguì l’esposizione superficiale del materiale più duro, il metallo, e poi lo scivolamento dei terreni provocato dalle acque glaciali che fondevano. Ciò lasciò in superficie molti noduli minerali d’ogni misura, nelle grandi pinete. Il minerale era chiamato "Ooat copper", perché era come se fosse venuta in superficie per galleggiamento. Noduli di rame erano scoperti, brillanti, lungo le spiagge di IsIe Royale. La cristallizzazione prolungata, seguita dall’esposizione glaciale, costituiva una sequenza unica d’eventi. Quando fu sfruttato, quel rame condusse l’uomo dall’età della pietra sino all’era industriale. Il milione di tonnellate estratto nella preistoria fu seguito dai 15 milioni di tonnellate estratti nell’"età industriale" in America, a partire dal tardo 1800.
Il rame del Vecchio Mondo
La maggior parte del rame europeo fu raffinata dai giacimenti a partire dal 4460 a.C. Quei giacimenti hanno raramente una concentrazione di metallo superiore al 15% e contengono molte tracce di elementi contaminanti, come il piombo (19). Gli oggetti di bronzo che si ritrovano sono solitamente composti da teste d’acia spezzate, miscellanee d’altri oggetti e frammenti, che riciclavano il metallo utilizzabile. Il libro di Henderson (19) riporta uno studio tedesco che compì 12.000 analisi chimiche degli oggetti contenenti rame, con lo scopo di identificarne “le manifatture”. Non riuscirono nell’intento, ma notarono che “i pezzi che contengono poche impurità, nell’Inghilterra sud-orientale e nella Francia del nord, possono essere collegati all’esistenza di lingotti di rame, con poche impurità”. Barber (28) dice che “frammenti di lingotti (o pani) sono un modo comune di fusione usato nella tarda Età del Bronzo, e spesso contengono rame puro, privo d’elementi in lega”. Barber (25) dice che solo una miniera delle Isole Britanniche (Great Orme) mostra segni di attività nelle prima Età del Bronzo. Burgess (16) dice dell’Età del Bronzo nelle Isole britanniche che “la cosa notevole è che la metallurgia sembra essere iniziata nel sud-est, apparentemente prima che in tutto il resto della Britannia, (benché) nel sud-est non ci siano giacimenti”.
Si stima che circa un milione di tonnellate (1) di rame fossero estratte in decine di migliaia di forni sull’Isle Royale e sulla Penisola Keweenaw nel Michigan, da antichi minatori, in un periodo d’un migliaio d’anni. La datazione col radiocarbonio del legno presente nelle fosse ha datato l’attività mineraria al periodo 2450 – 1200 a.C. Ufficialmente, nessuno sa dove andasse a finire il rame proveniente dal Michigan. Tutti gli oggetti ritrovati dell’”antica cultura del rame” potrebbero essere stati realizzati con uno soltanto di quei grandi massi. Una targhetta, nel Museo dell’Età del Bronzo di Londra, dice: “dal 2500 a.C. circa, l’uso del rame, prima limitato a parti del Sud Europa, improvvisamente si sviluppò attraverso il resto del Continente”. Nessuno sembra sapere da dove il rame arrivasse all’Europa. Le leggende indiane narrano che le miniere erano gestite da “uomini del mare” dai bei capelli. Insieme ad attrezzi di legno e martelli di pietra, è stata trovata una borsa fatta di pelle di tricheco (1). Un gran masso di rame fu ritrovato in fondo ad una fossa profonda, riempita di legno di quercia, che si era conservato in condizioni anaerobiche per più di 3000 anni. Furono ritrovati e studiati alcune abitazioni e siti di giardini. Si pensa che la maggior parte dei minatori si ritirasse ad Aztalan (presso Madison, Wisconsin) e in altri luoghi a sud, all’arrivo dei crudi inverni del Lago Superiore. Sembra che l’attività mineraria sia cessata all’improvviso, che i minatori se ne siano andati un giorno e non siano più ritornati. È stato trovato un petroglifo con l’immagine di una delle loro navi in navigazione.
Durante i mille anni di funzionamento delle miniere, alcuni dei minatori devono aver esplorato il continente verso ovest, come appare dagli scheletri stranamente grandi trovati in molti luoghi, come i giganti dai capelli rossi arrivati in barca alla Grotta Lovelock sul Lago Lahontan (Nevada), trovati nel 1924 insieme a reti da pesca e richiami per anatre (77). C’è un’evidenza di “tracce biologiche” del traffico a piedi avanti e indietro per il continente, più di 3000 anni prima della spedizione di Lewis e Clark. Huber (27) descrive la “notevole” presenza dell’arbusto Devil’s Club (bastone del Diavolo) a Blake Point, la punta settentrionale dell’Isle Royale, e sulla Passage Island, più al largo, e anche sugli isolotti intorno a Rock Harbor, sull’Isle Royale. L’habitat usuale di questa pianta è nei burroni delle foreste pluviali di conifere nel nord-ovest, verso il Pacifico. Huber afferma che esso non appare altrove, ad est delle Montagne Rocciose. Questa pianta ha foglie giganti, con spine al di sotto, e ciuffi di spine temibili. È tradizionalmente usata in medicina, contro il diabete, i tumori e la tubercolosi, con proprietà confermate da studi moderni. Si direbbe che fosse stata portata in una borsa di medicine sino a quella remota isola del Lago Superiore in tempi antichi, e i luoghi in cui il Devil’s Club si trova ci mostrano dove i minatori andassero a curarsi.
Argento nel rame
Pezzi del rame “nativo” del Michigan contengono talvolta cristalli d’inclusione d’argento, inclusi meccanicamente ma non in lega, che sono detti “rame meticcio”. Nelle miniere commerciali, si dice che i minatori tagliassero quei noduli d’argento con i loro coltelli per portarseli a casa. La presenza di noduli d’argento in attrezzi della “Antica cultura del Rame” mostra che essi erano realizzati a colpi di martello, con quella che si definisce “lavorazione a freddo”. Le armi e gli oggetti realizzati a martellate, nei tumuli Hopewell, talvolta “mostrano frammenti d’argento, come si trova solo nel rame del Lago Superiore” (69). Apparentemente, un caso di identificazione tramite l’inclusione d’argento è capitato oltremare. In una lettera del 1° dicembre 1995, Palder Jenkins, storico di Glastonbury, scrisse: “Ho incontrato il proprietario del terreno che contiene un cerchio megalitico, chiamato Merry Maidens, nell’estremo occidente della Cornovaglia. Mentre ripuliva il terreno, ha trovato una punta di freccia, che ha inviato al British Museum per l’identificazione. La risposta è stata la datazione a 5000 ani fa e la provenienza: Michigan, USA”. (76)
Analisi degli elementi in traccia
Il legno brucia a 900°C e il carbone a più di 1000°C, ma i forni ad aria forzata sono più caldi e raggiungono il punto di fusione del rame, a 1084°C. La fusione del rame cristallizzato e il suo travasamento negli stampi di fusione (fatti a forma simile a quella d'una pelle di bue scuoiato) per il commercio, ovunque si facesse, era il primo momento di contaminazione. La nuova fusione, per modellarlo in altri stampi, può comportare l’uso di fondenti e la contaminazione con carburante, l’aggiunta di attrezzi usati e rotti e l’aggiunta di arsenico o stagno. Poiché i metalli contengono sempre tracce d’altri elementi, si pensava di poter seguire il percorso del rame guardando quali elementi fossero contenuti in traccia. I sei primi studi riferiti da Griffin (25) affermano tutti che il rame nativo conteneva il 99,92% di rame. Rapp et al. (8,53) riferiscono che usando elementi-traccia come “impronte digitali”, in particolare sui campioni provenienti dal Lago Superiore, può fornire una probabile indicazione di origine geografico/geologica. L’opera di Hancock et al. (47) ha nuovamente mostrato che il rame nativo, incluso quello del Michigan, conteneva più bassi livelli d’arsenico, di stagno, d’oro e specialmente di cobalto, degli oggetti fatti con il rame europeo. Il British Museum ha registrato “tracce generalmente basse di altri elementi contenute nei nostri oggetti egizi” (2). Anni fa, l’autore ha raccolto alcune asce europee di rame e di bronzo, pensando che potessero costituire esempi per le analisi degli elementi in traccia. Sfortunatamente, l’esame dei campioni è valido solo per gli oggetti realizzati a martellate e non per quelli fusi. L’esame degli oggetti fusi, pieni di contaminanti mescolati durante la manifattura, non è per lo più stato utile. Dobbiamo esaminate gli oggetti meno alterati, come i lingotti in cui il rame veniva modellato per il trasporto commerciale.
I lingotti di Uluburun
Nell’eccellente studio di 30 pagine, pubblicato nel 2002 da Hauptmann et al., sulla “Struttura e composizione dei lingotti del 1300 a.C. provenienti dal relitto di Uruburun” (54), gli autori affermano che “il cargo rappresenta il ‘mercato mondiale’ del metallo grezzo nel Mediterraneo. Il relitto conteneva 354 lingotti a forma di pelle di bue e 121 discoidi, o lingotti-focaccia, in tutto dieci tonnellate di rame. Inoltre, fu recuperata una tonnellata di lingotti di stagno, in 120 pezzi e frammenti, il che corrisponde pressappoco al rapporto rame/stagno nei bronzi classici”. Lo scafo di legno di cedro fu gravemente danneggiato da una collisione con la riva, ma parte del legno si salvò dalla corrosione provocata dai lingotti di rame. Quei lingotti ora si trovano al Museo d’Archeologia Subacquea, a Bodrum, Turchia, insieme ai lingotti provenienti dal relitto più tardo ritrovato a Capo Gelidonya. Sono più lingotti di quanti ne siano conservati in tutti gli altri musei e collezioni private, messi insieme. Alcuni lingotti a pelle di bue sono stati scavati nelle rovine minoiche di Hagia Triadha a Creta (databili al 1550–1500 a.C.), e altri sono stati trovati in Sardegna, a Cipro, nel Delta del Nilo, in Turchia e in Bulgaria. La ricercatrice Zena Halpern (71) riferisce: “Ho visto mucchi di lingotti di rame nel Museo Marittimo di Haifa, Israele”. “Barre metalliche a forma di pelli di bue datate verso il 1700 a.C. sono state trovate a Falmouth in Cornovaglia” (78). Le tombe dipinte del Nuovo Regno egizio e i rilievi dei templi mostrano un gran numero di lingotti di rame, ma uno solo è stato ritrovato in Egitto, per cui gli altri furono consumati e usati. (23)
Per molti anni, la comunità archeologica ha pensato che gli studi sugli isotopi, condotti da un gruppo di Oxford, Gale et al. (23, 35, 44, 56), avessero provato che tutti i lingotti provenissero da Cipro. Nel 1998 il gruppo di Gale (56) aveva esaminato “circa un migliaio di isotopi di minerali e di lingotti, inclusi una sessantina di lingotti di Uluburun” (ma non esaminarono nemmeno un solo campione di rame del Michigan). Lo studio riferisce che “i lingotti di Uluburun sono per più del 99,95% di rame puro”. Nello studio di Hauptmann, un cesello d’acciaio fu usato per tagliare pezzi dalla superficie di 151 campioni di lingotti di Uluburun, e tre pelli di bue e uno a focaccia furono perforati all’interno. Il rapporto dice che gli esempi mostravano un volume poroso, tipico del “rame blister””, che “supera di gran lunga le idee precedenti sulla loro struttura interna, con vuoti che raggiungono e superano il 20%, specialmente nella parte superiore dei lingotti. In generale, cavità come queste, chiamate “spratzen”, sono causate dall’effervescenza di gas (ossigeno, monossido e biossido di carbonio), derivanti dall’acqua che evapora nel carbone che brucia. Ciò è in contrasto col rame prodotto in altri periodi e in altre località. Tutti i lingotti contengono inclusioni spigolose di schegge di silicati di ferro, fatto compatibile con le rocce naturali allo stato solido, colpite da alte temperature. Esse potrebbero essere rimosse con ripetute fusioni, ma, pur se questa era la procedura usuale… in molti siti metallurgici del centro e del sud dell’Africa, i lingotti di Uluburun non furono trattati in questo modo. La forma spigolosa delle schegge e inclusioni, la struttura, e l’esistenza d’iscorite, indicano che il rame colava nello stampo quando le schegge si erano già solidificate… Le interfacce della struttura cristallina dei lingotti indicano diversi bagni durante la fusione. Quasi tutti i campioni presentano cuprite (Cu2O), distribuita in percentuali variabili tra i lingotti, associata con ampi vuoti. La cuprite formata dalla corrosione marina non penetra per più di 5 mm ca. Un’atmosfera ricca d’ossigena, necessaria per produrre cuprite in modo sostanziale, non prevale durante la fusione del minerale (arrostito). Possiamo quindi escludere la conclusione che i lingotti consistano di rame grezzo, fuso in una fornace di fusione. La maggior parte del minerale reperibile a Cipro è calcopirite e le impurità di solfati sono abbastanza difficili da eliminare, ma questi solfiti non compaiono nei lingotti di rame esaminati”.
Lo studio di Hauptmann conclude che “da un punto di vista chimico, la purezza dei lingotti è straordinaria in confronto con altri tipi di rame proveniente dal Wadi Arabah (molto piombo), dal Caucaso (molto arsenico), dall’Oman (molto arsenico e nickel). I lingotti sono fatti di rame puro e mostrano tutti una composizione omogenea. Dalla nostra ricerca metallografica, possiamo escludere una purificazione voluta e anche un processo di raffinazione per produrre i lingotti. Vediamo scarse indicazioni che possano essere stati aggiunti rottami di bronzo, vista la bassissima concentrazione di stagno, e l’assenza di bolle di gas o inclusioni di schegge. I lingotti forniscono la spiegazione per la questione che ci tormentava di come un lingotto d’un metallo, così duttile come il rame, potesse essersi rotto in pezzetti piccoli, come quelli scavati a centinaia in Sardegna. Due caratteristiche emergono nei lingotti di Uluburun: la presenza di un grado sostanziale di porosità e un’alta concentrazione di inclusioni di ossido di rame, che lo rendono fragile. La sola caduta dei lingotti su una superficie dura potrebbe romperli”.
Uno studio di 32 pagine di Buddy et al. (55) ha aggiornato l’intero lavoro e afferma “tutti i lingotti a pelle di bue sono composti di rame essenzialmente puro… Nessuna conclusione significativa sulla provenienza può attualmente essere formulata dal confronto tra le tracce di elementi nei lingotti a pelle di bue, nei minerali e negli oggetti di Cipro e della Sardegna… Non sorprende che l’unico stampo per lingotti a pelle di bue mai ritrovato, a Ras Ibn Hani, in Siria, nel 1983, fosse circondato da goccioline con la stessa segnatura isotopica della gran maggioranza dei lingotti a pelle di bue. Il rapporto di Gale del 1989 (35) conclude che i lingotti di Hagia Triadha a Creta “non sono certamente stati fatti di rame cipriota”, e che la provenienza del rame non può essere identificata. Dickinson, autore di Aegean Bronze Age (1), afferma: “I lingotti a pelle di bue provengono dall’esterno dell’area egea. Quando sono stati provati, sono stati identificati come metallo non egeo”.
Dove andava il rame?
Enormi ordini d’armi di bronzo sono registrati sulle tavolette d’argilla scavate, dell’Età del Bronzo, con decine di migliaia di spade. I soldati romani indossavano nella loro uniforme circa ventidue chili di bronzo. Statue e strumenti musicali, carri, arredamenti e vasellame erano fatti di rame e di bronzo. Persino la decorazione delle stanze era fatta di rame e di bronzo. Dopo che il bronzeo Colosso di Rodi fu distrutto in un terremoto nel 226 a.C., fu venduto a un mercante che usò circa 1200 cammelli per portarne i pezzi in Siria (13). “Solo dal 5% delle tavolette di Karum Kanesh, sappiamo che 110 asini portavano 15 tonnellate di stagno nell’Anatolia, abbastanza per produrre (al 5-7% di contenuto di stagno) 200-300 tonnellate di bronzo”. (23)
I commercianti minoici
Diversi gruppi erano coinvolti nell’attività mineraria, nel trasporto e nel commercio del rame, tra gli Egizi, i popoli megalitici della costa occidentale d’Europa, gli abitanti di Atlantide, i Minoici. I Minoici avevano la reputazione di controllare il commercio del rame nel Mediterraneo orientale. “È nel nuovo periodo palaziale, nell’Età del Bronzo della Creta minoica, che troviamo un’ampia crescita demografica, specialmente nelle città costiere che si sviluppano e in alcuni casi circondano mini-palazzi, lussuose case urbane isolate e raffinate ville di campagna… Ville e case di Agia Triadha e Tylissos contenevano lingotti di rame e tavolette scritte in Lineare A, insieme a ricchi oggetti di bronzo. L’abilità dei minoici nella produzione di armi metalliche non si limitava alle lunghe spade, ma includeva spade corte, solide daghe lunghe e lance e punte di freccia, e tutte queste armi fecero la loro prima apparizione nell’Egeo a Creta”… La Creta neo-palaziale è estremamente ricca di bronzo, ma molto povera in risorse di rame e naturalmente del tutto priva di miniere di stagno”. (23). La Newberry Tablet di Newberry, Michigan (fig. 6) è un sillabario cipriota/cretese. La scrittura cretese può essere stata alla base del sillabario di Cree (7) e della scrittura Maya (3). La “Caverna dei Glifi” sul fiume Ohio aveva immagini di persone vestite che “ricordano singolarmente gli abiti dei minoici, che si vedono negli affreschi di Knossos a Creta” (79). Un vaso minoico è stato scavato in Louisiana. Gli Olmechi stendevano mosaici a La Venta (Messico) sull’asfalto, la stessa tecnica che si usava a Creta (3). Lo scavo dei ricchi oggetti della tomba di Hallstatt (fig. 6) mostra che i commercianti portavano i vasi minoici e i vasi di rame e di bronzo per scambiarli con il sale. Sembra che l’élite dirigente di Hallstatt facesse parte dei controllori del rame del Michigan, così come gli Egizi.
Autore: Jay Stuart Wakefield, MeS loc. Box 3392, Kirkland W A 98083 -3392 USA
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L'ORICALCO, IL LEGGENDARIO METALLO DI CUI PARLA PLATONE
L'oricalco è un metallo leggendario utilizzato per la prima volta da Platone nel racconto del mito di Atlantide; il termine in seguito è stato ripreso per altri usi. Nella numismatica, l'oricalco è una lega di rame e zinco. Il termine "oricalco" deriva originariamente dal greco antico ορειχαλκος, oréichalkos, "rame dalla montagna" (da ὄρος, óros, "monte" e χαλκός, chalkós, "rame"). Con la successiva trascrizione in latino il prefisso óros venne adattato ad āurum, "oro", cosicché aurichalcum significava letteralmente "rame d'oro" o "rame dorato".[1]
Origine leggendari
Nel dialogo Crizia di Platone, l'oricalco è un metallo rossastro, che veniva estratto ad Atlantide ma che era conosciuto soltanto per nome dopo la scomparsa dell'isola. Il minerale era trovato in molte parti di Atlantide, ed era considerato secondo per valore soltanto all'oro. Le tre mura esterne del tempio di Poseidone e Clito erano placcate rispettivamente con ottone, stagno e le terze mura, che comprendevano l'intera cittadella, «risplendevano con la rossa luce dell'oricalco».
RAME - Uno dei metalli più usati nella remota antichità, fin dal V millennio a. C., cronologicamente il più antico metallo utile e forse il secondo scoperto dopo l'oro. I Greci lo chiamavano χαλκός da Calcide ove si trovavano dei giacimenti e i Romani aes cyprium e cuprum da Cipro, uno dei principali centri di produzione. Nel XIII secolo a.C. venne a formarsi il Regno di Colchide come risultato del costante consolidamento delle tribù che abitavano la regione. Questa potenza, celebrata nella mitologia greca come la destinazione degli Argonauti, la patria di Medea e il regno speciale della stregoneria, era noto agli urartei come Kolkha. Essendo i popoli limitrofi in uno stato permanente di guerra, i colchici vennero ad assorbire parte del popolo dei Diauehi verso il 750 a.C. ca., ma perdendo molte province (inclusa la “città reale” di Ildemusa) a favore di Sarduris II di Urartu, in seguito alle guerre del 750-748 e 744-742 a.C. Invasa da sciti ecimmeri pressappoco tra 720 e il 730 a.C., il regno si disintegrò in vari staterelli. Verso la metà del VI secolo a.C. questi caddero sotto il dominio achemenide. Le tribù che abitavano nella Colchide meridionale (tibareni, mossineci, macroni, moschi e marri) vennero incorporate nella 19ª satrapia dell'impero persiano, mentre le tribù settentrionali si sottomisero “volontariamente” con l'obbligo di mandare alla corte persiana 100 fanciulli e 100 fanciulle ogni 5 anni. L'influenza esercitata sulla Colchide dal vasto impero achemenide, con il suo prospero commercio e i vasti legami economici e commerciali con altre regioni, accelerarono il suo sviluppo socio-economico. Successivamente il popolo della Colchide sembra avere sovvertito l'autorità persiana formando uno stato indipendente [senza fonte]. Secondo Ronald Suny: Questo stato georgiano occidentale era federato a quello di Kartli-Iberia, e i suoi re governavano attraverso skeptukhi (governatori reali) i quali ricevevanoconsulenti dal re.[21] Il progresso economico e le favorevoli condizioni geografiche e naturali della regione attrassero i greci milesi che colonizzarono la costa colchica stabilendo qui i lorouffici commerciali (a Fasi, Gyenos e Sukhumi) nel VI-V secolo a.C. Secondo un'antica espressione proverbiale greca della società di allora, il tragitto per giungere nella regione colchica era considerato "il viaggio più lungo", il luogo più orientale mai conosciuto al mondo, laddove sorgeva il sole. Essa era situata proprio fuori dai territori conquistati da Alessandro Magno. Fasi e Sukhumi furono delle splendide città greche dominate da oligarchie mercantili, che talvolta venivano importunate dai colchici dell'entroterra, prima di essere apparentemente assimilati totalmente. Dopo la caduta dell'impero persiano, una parte significativa della Colchide, localmente nota comeEgrisi, venne annessa al Regno di Iberia (Kartli) creato nel 302 a.C. ca. Tuttavia, ben presto la Colchide si rese indipendente ma si frantumò in tanti piccoli principati governati dagli sceptuchi[22]. Essi conservarono un grado di indipendenza fino a che non vennero conquistati (circa 101 a.C.) da Mitridate VI del Ponto. Mitridate VI soffocò una rivolta nella regione nel 83 a.C. dando il governo della Colchide nelle mani di suo figlio Mitridate Cresto, il quale venne presto giustiziato essendo stato sospettato di complottao contro suo padre. Durante la terza guerra mitridatica, Mitridate VI mise al trono della Colchide un altro suo figlio Macare, che mantenne il suo potere, ma per un breve periodo. Con la sconfitta di Mitridate VI del Ponto nel 65 a.C., la Colchide venne occupata da Pompeo, facendo prigioniero uno dei capi locali (sceptuchi) Oltace, e insediandovi Aristarco come dinasta (65-47 a.C.). Dopo il declino e la morte di Pompeo, Farnace II, figlio di Mitridate, si avvantaggiò del fatto che Giulio Cesare si trovasse impegnato in Egitto, e perciò occupò la Colchide, l'Armenia e parte della Cappadocia, sconfiggendo successivamente Gneo Domizio Calvino, mandato da Cesare contro di lui. Il suo trionfo fu, comunque, di breve durata. Sotto Polemone I, figlio e successore di Farnace II, la Colchide faceva parte del Ponto e il Regno del Bosforo. Dopo la morte di Polemone (dopo il 2 a.C.), la sua seconda moglie Pitodorida mantenne il possesso della Colchide insieme al Ponto stesso, sebbene il Regno del Bosforo le venisse strappato. Suo figlio e successore Polemone II del Ponto fu indotto dall'imperatore Nerone ad abdicare, e quindi sia il Ponto che la Colchide vennero ad essere incorporati nella provincia di Galazia (63 d.C.) e più tardi in quella di Cappadocia (81 d.C.).
Sotto il governo romano
Nonostante il fatto che tutte le maggiori fortezze lungo zona costiera fossero state occupate dai romani, il loro governo fu alquanto vago. Nel 69, il popolo del Ponto e della Colchide sotto Aniceto scatenò una grande rivolta contro i romani che risultò però infruttuosa. I bassopiani e la zona costiera subivano frequentemente invasioni delle feroci tribù montanare delle quali le più potenti erano quelle dei soani ed eniochi. Pagando un omaggio nominale a Roma, essi crearono il loro propri regni godendo di una significativa indipendenza. Il Cristianesimo iniziò a diffondersi all'inizio del I secolo. I resoconti tradizionali raccontano l'evento con Sant'Andrea, San Simone lo Zelota e San Matata. Tuttavia, le credenze religiose ellenistiche, paganelocali e mitraiche si sarebbero diffuse fino al IV secolo. Nel decennio compreso fra il 130 e il 140, i regni dei macheloni, eniochi, egrisi, apsilia, abasgiae sanigia avevano occupato il distretto da sud a nord. I goti, che dimoravano in Crimea, saccheggiarono la Colchide nel 253, ma vennero comunque respinti con l'aiuto della guarnigione romana di Pitsunda. Dal III-IV secolo, la maggior parte dei regni e principati venne ad essere soggiogato dai re lazici, dopodiché la regione cominciò ad essere generalmente riferita come Lazica (Egrisi).
Regnanti
• Eete, il celebre potente re della Colchide raccontato nelle leggende greche. Alcuni storici hanno avanzato l'ipotesi che fosse stato veramente un personaggio storico, sebbene non vi sia nessuna prova al riguardo.
• Kuji, un principe (eristavi) di Egrisi sotto l'autorità di Farnavaz I di Iberia (ca 302-237 a.C.) (secondo gli annali georgiani medievali).
• Aristarco (65-47 a.C.), un dinasta sotto l'autorità di Pompeo
• Akes (Basileus Aku) (fine del IV secolo a.C.), re della Colchide; il suo nome è stato trovato su una moneta da lui fatta coniare.
• Saulaces, "re" nel II secolo a.C. (secondo alcune fonti antiche)
• Mitridate Cresto (morto nel 83 a.C.), sotto l'autorità del Ponto.
• Macare (morto nel 65 a.C.), sotto l'autorità del Ponto.
N.B. - Durante il suo regno, i capi locali, gli scettuchi, continuarono ad esercitare un qualche potere. Uno di loro, Oltace, viene menzionato da fonti romane come prigioniero di Pompeo nel 65 a.C.
La Colchide nella mitologia greca
Secondo la mitologia greca, la Colchide era un terra favolosamente ricca, situata alla periferia misteriosa del mondo eroico. Qui nel boschetto sacro al dio della guerra Ares, il re Eete teneva appeso il vello d'oro fino a quando Giasone e gli Argonauti non giunsero nel suo regno con l'intenzione di impadronirsene. Ad aiutare Giasone nella conquista del vello d'oro fu Medea, figlia di Eeta e dunque principessa della Colchide, protagonista anche di una tragedia di Euripide dal titolo, appunto, di Medea. La Colchide era anche la terra dove il personaggio mitologico Prometeo fu punito, per avere rivelato all'umanità il segreto del fuoco; fu incatenato quindi a una montagna, mentre un'aquila veniva a mangiargli ogni giorno il fegato. Anche le Amazzoni si diceva fossero di origine scita della Colchide. Secondo la mitologia greca, i principali personaggi della Colchide, oltre a Eete, Idia, Pasifae, Circe, Medea, Calciope e Absirto. Il nome di Colchide per prima appare in Eschilo e Pindaro. Gli scrittori più antichi si riferiscono ad essa soltanto con il nome di Aea (Aia), la residenza del mitico re Eete: "L'Aia colchica giace oltre i limiti del mare e della terra", scriveva Apollonio di Rodi.[17] Il fiume principale era il Fasi (adesso Rioni) che, molto probabilmente, scorreva attraverso la zona centrale della regione dal Caucaso verso occidente (per sfociare nell'Eusino meridionale) e l'Anticite o Atticito; secondo alcuni scrittori era il confine meridionale della Colchide. Arriano menziona molti altri fiumi per nome, ma sembra siano stati poco più che torrenti montani, i più importanti dei quali erano: Charieis, Chobus o Cobus, Singames, Tarsuras, Hippus, Astelephus, Chrysorrhoas, molti dei quali vengono anche citati da Tolomeo e Plinio.