Brescia, 31 maggio 2020 - Una bolla di piombo, con fili di seta color rosa e zafferano; in rilievo sulle due facce, i santi Pietro e Paolo e il nome di papa Innocenzo VIII. Ha attraversato indenne più di 5 secoli di storia il sigillo che certificava l’autenticità del documento con cui il papa, il 10 agosto 1487, accordava alla comunità bresciana il via libera per edificare il santuario civico di Santa Maria dei miracoli, in corso Martiri.
A ritrovare il reperto storico è stato monsignor Gianbattista Francesconi, che lo ha rinvenuto nell’archivio della parrocchia dei Santi Nazaro e Celso. "Volevo avere notizie del santuario – spiega don Francesconi, parroco dal 2014 – da qui è partita la ricerca, col supporto dell’archivista. Nelle Memorie storiche della diocesi di Brescia di Paolo Guerrini è riportato il testo della bolla, dove è descritto esattamente il sigillo, una sorta di autenticazione della firma che dava autorevolezza al documento. Entrambi, bolla e sigillo papale, inizialmente dovevano essere conservati nell’archivio del santuario, che ora non c’è più".
La descrizione del sigillo, nel testo riportato dal Guerrini nel 1930, non lascia adito a dubbi che quello ritrovato nell’archivio di Santi Nazaro e Celso sia proprio l’originale. Il documento certifica anche il forte legame della città al santuario, ancora oggi proprietà del Comune. Anche nel 1488 , quando fu posata la prima pietra (era il 17 luglio), erano presenti autorità civili, nobili e cittadini comuni, che avevano voluto quella cappella per custodire l’immagine della Madonna: si riteneva avesse accolto le preghiere dei bresciani di far finire la peste. "L’effigie – ricorda monsignor Francesconi – era incastonata in un palazzo lungo corso Martiri. Ancora oggi c’è una grande devozione".
Il quadro è visibile dietro l’altare; ai suoi piedi c’è una cassetta in cui sono raccolte le preghiere dei fedeli. Mensilmente sono portate alle suore di clausura, perché possano continuare a pregare a supporto delle richieste. Lungo le pareti del santuario sono numerosi gli ex-voto. "Vengono qui anche da fuori Brescia – spiega monsignor Francesconi – e la messa è seguita da persone che non necessariamente fanno parte della parrocchia". Nato come santuario civico, il legame con la città è sempre stato molto solido. "Durante la seconda Guerra Mondiale, quando fu bombardata la vicina Banca d’Italia, i cittadini difesero questo santuario con i sacchi di sabbia. Purtroppo fu quasi tutta distrutta, rimase in piedi solo la facciata". I lavori di ripristino, iniziati subito dopo la guerra, durarono una quindicina d’anni, spesso interrotti a causa della mancanza di risorse.
Nel 2013, i lavori eseguiti dal Comune in occasione della riapertura del Santuario hanno permesso di ripulire la superficie dell’apparato decorativo interno. In quell’occasione, era stata fatta una ricognizione sulle parti più degradate, che aveva evidenziato problemi di sicurezza per il possibile distacco di stucchi ed elementi scultorei della prima cupola all’ingresso.
Da un paio di settimane hanno preso il via i lavori per la messa in sicurezza, grazie alla convenzione tra il Comune, proprietario dell’immobile, e la parrocchia. In particolare, quest’ultima si è impegnata ad effettuare la messa in sicurezza, grazie alla donazione della famiglia Cirillo, che ha voluto legare l’intervento alla figlia Elisabetta, morta ad ottobre, pochi mesi dopo essersi sposata proprio nel santuario. L’intervento, realizzato da Studio Architettura di Dallamano, è stato inserito tra i progetti di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di proprietà comunale di Art Bonus. Per chiudere il cerchio della storia, l’auspicio è di poter trovare anche la bolla papale originale, persa forse durante la Guerra o con i trasferimenti in altri archivi. "Chissà, forse è in qualche faldone in qualche archivio – conclude il parroco – sarebbe sicuramente interessante ritrovarla, è un testo in cui il Papa parla alla città che aveva voluto il santuario, esplicitando il carattere civico di questo luogo".