Finalmente un documento, a quanto pare ineccepibile, parla di una presenza del continente americano in tempi precedenti al primo viaggio di Colombo. Lo andiamo ripetendo da oltre 30 anni, il Nuovo Mondo,era per molti un segreto di Pulcinella. E certamente non è un caso che oggi diciamo “hai scoperta l’America” per dire ironicamente che hai scoperto l’acqua calda. Questo nulla toglie al genio di Colombo. Solo con lui è cambiata l’umanità e il corso della storia universale. Le scoperte diventano tali solo quando comportano delle conseguenze per l’intero pianeta. Chi è andato prima non ha lasciato tracce, in questo caso ci si riferisce agli anni del 1300, ma gli approdi furono molti e di molto precedenti. Ma non scalfirono minimamente il cammino dell’uomo. Al punto che due papi, Pio IX e Leone XIII, vorrebbero Colombo santo. Alla faccia dell’aberrazione e dell’ idiozia talebana di chi imbratta o distrugge le statue del navigatore nell’America diventata il primo paese del mondo.
di Redazione , scritto il 16/09/2021
Un gruppo di ricerca dell’Università di Milano ha trovato, in un manoscritto milanese di Galvano Fiamma del 1340 circa, una menzione dell’America, dunque ben 150 prima della “scoperta” di Cristoforo Colombo. Clamorosa scoperta di un gruppo di lavoro dell’Università Statale di Milano guidato dal professor Paolo Chiesa, ordinario di filologia mediolatina e filologia umanistica presso l’ateneo lombardo. Il gruppo di ricerca ha infatti trovato, per la prima volta nella storia, una citazione dell’America in area mediterranea risalente a 150 prima della “scoperta” di Cristoforo Colombo. La menzione di una terra situata al di là dell’Atlantico è stata notata in un’opera inedita medievale, scritta dal domenicano Galvano Fiamma (Milano, 1283 - 1344) intorno al 1340: la scoperta è nata all’interno di un progetto didattico della Statale di Milano, cui hanno collaborato numerosi studenti di Lettere, ed è stata pubblicata sulla rivista statunitense Terrae incognitae, dedicata alla storia delle esplorazioni, in un articolo intitolato Marckalada. The first mention of America in the Mediterranean Area, firmato dal professor Chiesa.
Il continente americano, com’è noto, entrò nell’orbita delle conoscenze degli Europei con la spedizione di Cristoforo Colombo, del 1492, ma in realtà esplorazioni sulle coste settentrionali dell’Atlantico erano già state compiute nei secoli precedenti da navigatori vichinghi, e hanno lasciato sporadiche tracce nei racconti semileggendari di alcune saghe norrene. La notizia dell’esistenza di terre al di là dell’Atlantico non era però mai stata documentata fino a questo momento fuori dalla Scandinavia. La ricerca presso la Statale, peraltro ancora in corso, dimostra ora che qualcosa se ne sapeva anche più a sud.
La menzione proviene proprio da Milano: si trova nella Cronica universalis del domenicano Galvano Fiamma, autore di varie cronache scritte nel periodo visconteo. All’interno di quest’opera, ancora inedita e oggetto di studio da parte del progetto, si trova il riferimento a una terra di nome “Marckalada”, certo da identificare con quella chiamata Markland nelle saghe norrene.
Questa la traduzione italiana del passaggio di Galvano, scritto originariamente in latino: “I marinai che percorrono i mari della Danimarca e della Norvegia dicono che oltre la Norvegia, verso settentrione, si trova l’Islanda. Più oltre c’è un isola detta Grolandia...; e ancora oltre, verso occidente, c’è una terra chiamata Marckalada. Gli abitanti del posto sono dei giganti: lì si trovano edifici di pietre così grosse che nessun uomo sarebbe in grado di metterle in posa, se non grandissimi giganti. Lì crescono alberi verdi e vivono moltissimi animali e uccelli. Però non c’è mai stato nessun marinaio che sia riuscito a sapere con certezza notizie su questa terra e sulle sue caratteristiche”. È probabile che la notizia fosse giunta a Galvano da Genova, città con cui lo scrittore aveva contatti, e che i marinai di cui si parla siano navigatori genovesi che commerciavano con le regioni del nord. “La menzione dell’America”, spiega Paolo Chiesa, “è solo una delle sorprese che riserva la Cronica universalis di Galvano Fiamma, anche se probabilmente è la più clamorosa.
La parte del manoscritto contenente la menzione dell’America è stata trascritta da Giulia Greco: “Per la frase ’americana’, in particolare, non sono state individuate fonti libresche, e si deve perciò credere a Galvano quando dice che riportava informazioni orali”.
La prossima tappa della ricerca è la pubblicazione dell’intera Cronica universalis. Questa parte del lavoro è coordinata da Federica Favero, assegnista di ricerca, che così la descrive: “Il manoscritto dell’opera si trova negli Stati Uniti, ed è di proprietà privata. È stato perciò necessario recarsi sul luogo: il proprietario ci ha autorizzati a fotografare l’intero codice, e abbiamo lavorato sulla base di queste fotografie. Si tratta ora di uniformare le trascrizioni prodotte dalle tesi a uno standard editoriale scientifico, di approfondire i punti oscuri rimasti e di corredare il testo del necessario commento; fatto questo, la Cronica universalis sarà a disposizione di tutti, come merita di essere”.
IMMAGINE: Autore sconosciuto, Planisfero di Cantino (1502; sei fogli di pergamena incollati, 1050 x 2200 mm; Modena, Biblioteca Estense)