IL DOPPIO GIOCO DI INNOCENZO VIII CON I FIGLI DI MAOMETTO II, DOPO LA PERDITA DI BISANZIO
Il 13 marzo 1489 Djem arrivò a Roma, accolto da una gran folla di curiosi. Al principe turco vennero tributati tutti gli onori spettanti a un sovrano, a cui egli rispose impassibilmente, con aria superba e feroce, appena immalinconita dalla prigionia. Venne ospitato al Palazzo Apostolico nell'appartamento riservato ai principi, dove il papa gli consentì ogni genere di svaghi, spendendo ben 15.000 ducati l'anno per il suo mantenimento. La sua sorveglianza venne affidata a un drappello di Cavalieri di Rodi, che non dovette mai abbassare la guardia, se è vero che, a un anno dal suo arrivo, venne sventato un complotto, ordito da Bajazet II, per avvelenare le fontane del Vaticano e uccidere così in un colpo solo Innocenzo e Djem.
L'acquisizione dell'ostaggio turco fu una delle vittorie più celebrate del papato innocenziano, che poté così rilanciare il proprio impegno a favore della crociata. Favorito dall'essersi nel frattempo assicurato la custodia di Djem, l'8 maggio 1489 Innocenzo indisse, per la primavera dell'anno successivo, una Dieta papale a Roma, con la partecipazione degli ambasciatori di tutte le potenze cristiane, al fine di programmare una spedizione crociata.
Il 3 giugno 1490 fu inaugurata l'assemblea, con un discorso in cui il papa presentò il panorama politico come assai favorevole alla controffensiva cristiana, che sarebbe stata facilitata dalla concomitante liberazione di Djem e da un attacco del sultano d'Egitto contro Bajazet II. Prospettò pertanto l'indizione della guerra santa, per cinque anziché per tre anni, con la partecipazione complessiva di quindicimila cavalieri e ottantamila fanti cristiani, più una flotta adeguata.
Gli ambasciatori presenti sembrarono accogliere positivamente le proposte di Innocenzo ma ogni decisione venne da loro rinviata al benestare dei rispettivi sovrani. Costoro temporeggiarono, così che il congresso venne sciolto il 30 giugno, con l'impegno di riaprirlo non appena fossero pervenuti concreti segnali di adesione alla crociata. Tali segnali non pervennero e del progetto non si fece più nulla.
Il fronte antiturco era stato nel frattempo fortemente debilitato dall'improvvisa morte di Mattia Corvino, sopraggiunta per apoplessia il 6 aprile 1490, all'età di quarantasette anni. Lo scoppio di nuove dispute fra il suo successore, Ladislao, e gli Asburgo, antichi pretendenti alla Corona ungherese, escluse qualsiasi ipotesi di mobilitazione delle potenze europee centrorientali per la crociata. Pur ritrovatosi solo, Innocenzo proseguì nella sua linea e condusse con grande vigore la partita contro Bajazet II, speculando sul timore che in quello incuteva l'idea di una comparsa di Djem al fianco di un esercito cristiano.
Volendo premunirsi contro simili colpi di mano, il sultano turco inviò al papa un'ambasceria, che arrivò a Roma il 30 novembre 1490. Fu questa la prima volta che il canone annuo per il mantenimento di Djem venne versato al papa e non al gran maestro dei Cavalieri di Rodi; Bajazet II ne approfittò per offrire a Innocenzo la tranquillità delle coste dell'Adriatico, in cambio della promessa di non liberare il fratello. Il pontefice non accettò tale scambio, intendendo mantenere il sultano turco sulla corda; ma non gli fu neppure possibile entrare in aperto conflitto con lui, data l'inaffidabilità di cui i principi cristiani avevano dato prova con il disertare la Dieta per la crociata.
A seguito della composizione del conflitto con la casa d'Aragona, si aprì per Innocenzo anche una fase di rimonta nei rapporti con la potenza turca, aperta, sul piano simbolico, dall'epocale trionfo rappresentato per la cristianità dalla caduta di Granada, il 2 gennaio 1492.
Il coronamento della "Reconquista", impresa portata a termine dai re cattolici con la fondamentale collaborazione del papato, venne celebrato a Roma con straordinari festeggiamenti: una processione papale a S. Giacomo degli Spagnoli in piazza Navona, sfilate, fuochi e spettacoli, fra cui una rappresentazione della presa di Granada e una corrida di tori. Bajazet II rispose moltiplicando i segnali di distensione verso la Sede apostolica. Fra questi, ebbe grandissima risonanza il dono propiziatorio che il sultano turco fece al papa della santa lancia, insigne reliquia custodita nel palazzo imperiale di Costantinopoli. Il 31 maggio 1492, il cimelio, costituito dalla punta della lancia con cui, secondo la tradizione, s. Longino trapassò il costato di Gesù Cristo, giunse a Roma; Innocenzo volle che fosse conservato al Palazzo Apostolico, dove lo tenne come oggetto della sua devozione privata. Malgrado l'arrivo di un dono tanto apprezzato, il pontefice non recedette dalla sua linea di fermezza verso il sultano: il 14 giugno annunciò all'ambasciatore turco che, nel caso in cui Bajazet II avesse dato l'assalto a qualche Stato cristiano, egli si sarebbe servito di Djem per scatenargli contro la rivolta dei sudditi.
Circa una settimana dopo questa decisa presa di posizione, le condizioni di salute di Innocenzo, costantemente malaticcio negli ultimi anni, presero a declinare, benché ci volessero ancora diverse settimane prima che la sua fibra cedesse del tutto. Consunto lentamente dai suoi molti malanni, nel clima torrido dell'estate romana, il sessantenne pontefice si spense il 25 luglio 1492, confortato dai sacramenti e da un contegno lucido e dignitoso davanti alla morte.
Da sinistra Djem , al centro Djem insieme al Gran Maestro dei cavalieri di Rodi d' Aubusson e a destra Bajazet.