Non credo di amare più
le donne o una donna.
Amo la femminilità
frastagliata in tante donne.
Una mano che ravvia i capelli
una chioma sgualcita dal vento
boccoli che ricadono a cascata
una treccia che avvolge la fronte
un sorriso sui denti d’avorio
due labbra socchiuse come un cuore
la carnalità nascosta e svelata
una camicetta aperta sul seno
due boccioli di fiore in trasparenza
una gonna leggera sollevata dal vento
gambe lunghe sguainate nel cammino.
Un buffetto amichevole sul braccio
una piroetta per mostrare il vestito
due occhi maliziosi senza fondo
un corpo levigato da svenire.
Sono Eva, Ava e Giovanna d’Arco,
la Malinche, un’odalisca, una geisha,
sono una modella, una contadina,
la vicina di casa, un’apparizione in strada
santa Caterina e suor Teresa
Brigitte Bardot, Audrey, Grace e Sofia
sono i mille volti della femminilità
i mille corpi della seduzione antica
fin da quando l’uomo delle caverne
con la clava faceva gli occhi dolci.
Sono le donne madri, mogli, sorelle
sono le donne dolcemente figlie
sono l’altra faccia della luna
sono il sesso debole e d’acciaio
la parte dell’androgino perduto
all’eterna ricerca della metà smarrita.
Sono miele, sono fiele, sono donne.