GIRO VENEZIA
Giro fra le calli attonito in un presagio di strani sentimenti. Perché non si può andare a Venezia senza pensare a morire. Con i fiori sulle gondole nere che scivolano in silenzio come bare alla deriva. Venezia con la pioggia che sfrigola sul verde dei canali incupiti e l’acqua rafferma, Venezia raggelata nei voli dei piccioni i gerani sui balconi. Venezia come un altro mondo dove memoria e oblio si aggrappano sui muri in un’edera infinita, come l’albero che sale strozzato fra le quinte dei palazzi e l’onda che sbatte sulle pietre consumate. Giro Venezia come una fiaba invecchiata dove le voci sono una musica che sa di mare e sorride fra i denti di una ragazza dai riccioli biondi. Giro Venezia fra trine e merletti come una vita ormai dimenticata. Giro Venezia con il canto del cigno. Venezia, come un amore che sta per morire, ma che ancora non muore. |
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CARNEVALE A VENEZIA
Ho l’autunno nel cuore in questa Venezia gonfia di pioggia e di gabbiani. Come se una coltre di neve fosse caduta a gelare gli amori di un tempo. Hai visto? No, non vedo più niente oltre la cortina grigia dove la nebbia e l’acqua sfumano in un unico piatto fondale. Con la sagoma di una gondola che non ha gondoliere, che non porta nessuno che sciaborda e si culla in una nenia antica fra i denti cariati. Con il vecchio frate piccolo come uno gnomo che sale sul campanile ad agitare i batacchi sopra merletti di pietra. Mentre l’acqua sale e respira e Venezia sembra affogare. Il tempo dell’ultima maschera che scivola buia nella notte nell’imbuto di un vicolo dopo l’arco di un ponte. Silenziosa, frusciante vestita di nero. Due occhi infossati il teschio di calce. Nell’autunno del cuore porta anche una falce. Mentre un uccello grida con le ali nel vento. |