Condividi:

Tratto da Liberal n. 34 marzo/aprile 2006

di Franco Cardini

Non avevo e non ho alcuna intenzione di "stroncare" il libro di Marino. Le "stroncature" non mi piacciono e non ne faccio. Semmai, se un libro non mi piace o non mi convince, non lo recensisco ed evito di scriverne. Ma Ruggero Marino, che già in passato mi chiese una sua prefazione a un suo libro su Cristoforo Colombo, ha molto insistito con gli amici di "Liberal" affinché io recensissi anche il suo ultimo libro: era evidente che non ne avevo appunto alcuna voglia: non amo scrivere non dico "stroncature", ma nemmeno recensioni anche solo limitative dei libri che non mi piacciono, o non m'interessano, o non mi persuadono. Preferisco recensire quello che mi è piaciuto e di cui posso dir bene. So perfettamente che tale atteggiamento è, se non eccezionale, quanto meno minoritario fra i recensori: ma io sono fatto così. Avrei volentieri ignorato il suo libro, dal momento che non avrei potuto dirne bene. Ma egli è arrivato a dichiarare - mi dicono gli amici della redazione - che gli sarebbe andata bene anche una recensione negativa, purché ne scrivessi. Il che poteva significare solo due cose: o una sconfinata fiducia nel mio parere e una disposizione ad accettarlo qualunque fosse, al contrario di quanto poi ha fatto; oppure una pervicace volontà di farsi comunque pubblicità, strumentalizzando una recensione di una firma a suo avviso in qualche modo influente ed autorevole (applicando quindi un antico principio mediatico: parlate pure male di me, a patto che ne parliate, tanto più che con il tempo la qualità della menzione si dimentica, ma il suo ricordo permane). Se è così, mi sono lasciato strumentalizzare; e so di fare ancora una volta il suo gioco, rispondendo ad una replica che francamente non meriterebbe risposta né per la qualità degli argomenti usati, né per il tono. E' lui ad avermi ripetutamente cercato, non io lui; è lui ad aver usato in passato il mio nome per sostenere che vi sono storici che lo hanno preso in considerazione (e lamentando che altri non lo hanno fatto). Insomma dovrebbe essermi comunque riconoscente, per la disponibilità e per l'impegno che gli ho dedicato: ho ben altro da leggere che non le sue cose. Viceversa, il piglio risentito della sua replica (che si atteggia appunto a "recensione della recensione", con tanto di delusione per la superficialità del recensore) dimostra ch'egli non ha per nulla compreso lo spirito del mio scritto. Non gli rispondo a proposito delle sue insinuazioni sul lavoro dei docenti universitari, che sfrutterebbero le ricerche degli allievi eccetera. Queste sono chiacchiere indecorose, che non mi abbasso a confutare. Quanto alla "razza padrona" baronale, se mai è esistita (ma oggi non esiste più), io non vi ho mai appartenuto: per indole, e per scelta, ho sempre battuto altre strade. A ogni modo, in ordine a quanto sostiene, preciso quanto segue:

- il lettore interessato rilegga la mia recensione e giudichi se essa sia distratta, superficiale o non pertinente. Ribadisco, comunque, in sintesi, che Marino non dispone di serie conoscenze storiche sul contesto storico della seconda metà del Quattrocento; che egli non reca alcuna prova a sostegno della sua tesi d'un Colombo figlio di Innocenzo VIII e fornisce solo ipotesi e congetture ardue a recepirsi a proposito del sostegno di quest'ultimo al viaggio del 1492, attribuendo agli studiosi di Colombo lacune che in realtà sono sue; sul "Colombo templare" sorvolo, per evidenti motivi. Cerchiamo di esser seri;

- se Marino, non storico professionista, vuol far ricerca storica, si accomodi pure: il diritto alla ricerca è patrimonio di tutti. Dal canto mio, ho sempre impiegato gratis un sacco del mio tempo per aiutare persone della sua condizione: l'ho fatto volentieri e continuerò a farlo. Ma bisogna che chiunque vuole occuparsi di storia non disponendo di formazione adeguata s'impegni per impadronirsi di metodi e tecniche a ciò relativi; che accetti con un minimo d'umiltà le franche e costruttive critiche rivoltegli, soprattutto quando egli stesso le ha sollecitate; che cerchi di rendersi conto che, almeno nel mio caso, nessuna critica è formulata con malevolenza ma tutte servono, costruttivamente, per far sì che l'oggetto di tali critiche emendi gli errori e lavori meglio in futuro, nella coscienza, comune a tutti quelli che a qualunque titolo s'interessano seriamente di storia, che tutti facciamo errori e che tutti possiamo migliorare. In quest'ambito di cose l'adombrarsi è del tutto fuori luogo: chi ci corregge, impiegando per questo il suo tempo a nostro vantaggio, merita gratitudine, e questo vale sempre e per tutti;

- Marino imposta la sua replica in modo non solo apologetico e risentito, ma anche pretestuoso. Lo ripeto: è fuori strada. Le sue ripicche, illazioni, affabulazioni, esercitazioni retoriche, recriminazioni, denunce di errori o lacune altrui, analogie, confessioni autobiografiche, rivendicazioni varie, non servono. Se ritiene che gli addebiti da me mossi non siano corretti, li confuti con argomenti precisi: altrimenti ne prenda atto e se ne serva per lavorar meglio in futuro. Ma se vuole difendersi - cosa non necessaria, perché nessuno lo sta accusando: si sta solo rilevando qualche suo errore - usi temi e richiami pertinenti e a fonti e a circostanze che concretamente corroborino la validità del suo assunto o dimostrino l'errore di un mio rilievo o di una mia confutazione; altre "ragioni" non servono;

- Marino sostiene che molti illustri studiosi hanno dato del Suo lavoro pareri più generosi di quanto io non abbia fatto. Ne sono lieto e me ne congratulo con lui. D'altronde, io non sono affatto uno specialista in cose colombiane: ne so più o meno quanto può saperne uno che in effetti si è occupato un po' di viaggi per mare, pellegrinaggi, scoperte, eccetera. Ben più del mio, conta il parere dei Pistarino, delle Airaldi, delle Caraci e di tanti altri specialisti. Si rivolga a loro: e, se essi daranno ragione a lui e torto a me, farò com'è doveroso onorevole ammenda. D'altronde, dal momento che come recensore non l'ho soddisfatto, lo prego - perché ho davvero molto da fare - di non sollecitare d'ora innanzi il mio parere su cose riguardo alle quali egli ritiene che la mia competenza non sia sufficiente. Per quanto difatti egli mi ritenga ignorante, non saprà mai fino a che punto ha ragione. Questo, purtroppo, lo soltanto io.

 

di Ruggero Marino

Egregio (il caro, a questo punto, mi sembrerebbe troppo ipocrita) Cardini,
ho indugiato a lungo prima di replicare alla tua controreplica su "Liberal". Ma sono convinto che non si può lasciare passare sotto silenzio una ricostruzione dei fatti che nulla ha a che vedere con la verità. A cominciare dal termine "stroncatura" (riporto dal vocabolario Treccani: "critica molto dura e severa, talvolta ingiusta, intesa a sminuire la validità di un'opera, di uno scrittore...). Non mi pare che in proposito possano sussistere dubbi.  Ma anche la ricostruzione dei rapporti con "Liberal" è ben diversa da come sono andati effettivamente i fatti. Io nemmeno sapevo che eri fra i collaboratori. Il nome lo fece gentilmente, credo per farmi anche un favore, una redattrice anche amica mia, ed io replicai: "Credo che storcerà il naso fin dal titolo, ma d'altronde anche se dovesse fare una stroncatura è sempre Cardini...". Io, però, mi riferivo al possibile filone templare, che vedevo sotteso nella storia di Colombo e che ero certo ti sarebbe suonato sgradito. Per il resto, pensando soprattutto a quanto da te scritto in precedenza sulla mia ricerca, mi sentivo abbastanza rassicurato. Anche perché, pur essendo figlio del dubbio, ero certo di avere fatto un buon lavoro, sia pure nei miei limiti di "giorna-storico". E a confortarmi fu un'ulteriore telefonata compiaciuta della redattrice, che mi riferì del colloquio avuto con te ed in cui avevi espresso calorosamente la tua simpatia e il tuo apprezzamento nei miei confronti. Credo che la mia totale buona fede sia dimostrata dall'ultima telefonata avuta con te quando, fra l'altro, mi annunciasti di avere fatto una recensione "cordiale". Io, difatti, aggiunsi che ti avrei voluto come presentatore (e mi domando come avresti fatto, visto quello che hai scritto), che non era stato possibile non per mia scelta e chiesi persino un tuo possibile intervento per il "Sole" o per "L'Avvenire". Tanto ero convinto che, tutto sommato, ne sarei uscito bene, dato il precedente del 1997 e la pluridichiarata "simpatia".
Poi l'ennesima telefonata in cui mi si disse, con una certa sorpresa: "Guarda che Cardini c'è andato giù proprio duro, naturalmente tu potrai ribattere". Simpatia, cordialità e precedenti consensi si erano tradotti in quello che è stato pubblicato. Sedici anni di lavoro buttati alle ortiche. Per la gioia delle Airaldi e delle Caraci. Io incassai, anche se con amarezza, perché un intervento (stagnari, Bignami, edicole nelle stazioni....) di quel tipo proprio non me l'aspettavo. Visti anche la fiducia e il rispetto che avevo nei confronti della "controparte". La possibilità di replica io non l'ho nemmeno richiesta. Si sono sentiti in dovere di offrirmela in seguito al tenore della "recensione". Mi si dava una chance difensiva, ma sempre a forze impari (non mi riferisco al mestiere di storico: in questo caso la disparità è scontata), il che è dimostrato anche dalla titolazione, particolarmente punitiva nei miei confronti. D'altronde anche il responsabile (non fu naturalmente il solo) del Comitato Scientifico per le Celebrazioni colombiane del 2006 mi chiamò subito per dirmi "ironicamente": "E meno male che Cardini era tuo amico".
E qui torna in ballo la mia ingenuità.

1) Essendo stato responsabile della cultura de "Il Tempo", quando ne eri collaboratore, ho commesso l'errore di considerarti, se non proprio un amico, un collega, in quanto anche giornalista. Mentre solo ora capisco che ci tieni a mantenere le distanze: giornalisti da una parte, storici dall'altra.

2) Credevo che il mio precedente libro ti avesse interessato, visto quanto avevi scritto e dato che avanzavo una ricostruzione diversa di un evento come quello della scoperta dell'America, che non è una bazzecola. Pensavo di avere coinvolto lo storico e soprattutto lo scienziato. Anche in questo caso, è evidente ("ho ben altro da leggere"), ho commesso un errore.

Strumentalizzazione. Cardini è e resta Cardini, Marino è solo Marino. Ma il "gazzettiere" non si è mai sognato di strumentalizzarla (a questo punto mi viene naturale il lei), perché non fa parte del suo modo di essere e di vivere. Avrei potuto farlo con le carte che ho di Taviani, che fino a ieri era reputato (in morte i suoi colleghi colombisti e sopratutto le colleghe che lei cita e che lo "veneravano", si stanno prendendo più di una "coraggiosa" rivincita nei suoi confronti) uno fra i maggiori colombisti del mondo. Ho pubblicato solo dopo 7 anni una lettera in cui mi dava del "geniale", stanco delle offese dei rabbiosi "cuccioli" tavianei. E' vero che ho usato talvolta il suo nome, ma mi pare che nessuno l'abbia condizionata per la prefazione, che accettò di buon grado di fare al mio libro del 1997.
Riconoscenza. Lo sono stato e resto riconoscente della prefazione che mi fece, anche se adesso non ha più il minimo valore. Prefazione che all'editore non era piaciuta, al punto che non voleva pubblicarla. Io la ritenni abbastanza onesta e rinunciai al mio anticipo, purché lei venisse pagato delle sue due cartelle. E la mia riconoscenza la dimostrai ancora, quando lei mi fece richiesta, prima della mia pubblicazione, di quello studio di Bausani, che io ritenevo per me fondamentale e che le feci avere in anteprima rispetto al mio lavoro. Dati i miei precedenti con i professori fu anche un segno della fiducia che avevo.
Quanto alle costumanze di molti professori  (purtroppo ne sono rimasto vittima in più di un'occasione) e alla "razza padrona e barona" l'altro giorno ho sentito, in una trasmissione TV, uno scambio di considerazioni fra Augias ed Odifreddi, che ripetevano più o meno le stesse cose che ho scritto io. Per quanto riguarda l'invito ai lettori di andare a rileggere la sua "recensione" io la invito a rileggerla a sua volta. Si accorgerà dei toni e degli argomenti, degli aggettivi e dei sostantivi, delle considerazioni offensive anche sulla persona ("il ragazzino di strada" ha 66 anni), che hanno provocato la mia legittima reazione. Che io non sia uno storico, secondo i canoni classici, è risaputo, nel primo libro lo affermavo ad ogni piè sospinto e più di una persona mi ha rimproverato per questo. Lei mi fa sempre dei nomi per lei "doc". Pistarino, come Taviani, si è occupato delle mie ricerche. Quanto all'Airaldi e alla Caraci saranno per lei delle colombiste doc, ma non accetto lezioni da chi nemmeno si era accorto dell'esistenza di un papa genovese dal 1484 al 1492. Mi spiace, caro Cardini, lei è libero di giudicarmi come vuole come scrittore e come "storico", ma non mi conosce, e questo non la può certo autorizzare a stroncarmi adesso anche come persona. E, in questo caso, a mia volta non mi "abbasso" a confutarla. Chieda di me, se crede, agli "amici di Liberal". Io cercherò, per quanto possibile, di seguire i suoi suggerimenti ma, la prego, non faccia illazioni sulla mia correttezza e sulla mia lealtà.  La sua "influenza", che io riconosco, non le dà carta bianca persino su questo, nonostante la finta modestia. Continuerò a comprarla e a leggerla. In questo caso con il piacere di sempre e sicuro, sotto questo aspetto e solo sotto questo aspetto, di avere sempre qualcosa da imparare da lei.

Ruggero Marino firma

 

di Franco Cardini

Caro Marino, anzitutto deciditi se mi dai del tu, come abbiamo fatto in passato, o preferisci tornare al lei. Per il resto, guarda che a questo giochetto di recriminazioni, precisazioni, illazioni eccetera io non ci sto. Perché mai non dovrei confermarti simpatia umana e solidarietà per il tuo sforzo di cercare e di capire? Perché mai dovrei nasconderti  il mio disaccordo su cose delle quali m'intendo (pochino?) e nella misura in cui me ne intendo? Che cosa c'entra l'amicizia con questo? Sono stato richiesto di scrivere, avrei forse preferito non farlo, comunque l'ho fatto: in altre circostanze o contesti, avrei inviato una nota privata. Era meglio far così? Forse. Ho frainteso le sollecitazioni degli amici di "Liberal"? Forse, anche questo. Se ho sbagliato in qualcosa, chiedo scusa: l'ho fatto in buona fede. Andiamo avanti. Il punto è che tu non hai a mio avviso un bagaglio professionale e metodologico che ti consenta di affrontare adeguatamente i temi che affronti, e pensi che segnalarti degli errori o palesare dei disaccordi sia manifestazione d'inimicizia o di superbia baronale. Per quanto mi riguarda, non è così. Se vuoi continuare a studiare, studia.
Dal canto mio credo di non poterti aiutare perché, per farlo adeguatamente, dovrei mettermi a studiare in modo approfondito qualcosa che esula dal mio campo di ricerca e dalle mie competenze più strette. Il tempo è quello che è: 24 ore al giorno, 365 giorni all'anno (uno di più i bisestili). Capisco il tuo entusiasmo e la tua dedizione alla causa che hai scelto, ma tu avresti bisogno di un paio di professionisti della ricerca che ti facessero da tutor per molte ore alla settimana. Io non posso entrare in questo team: mi dispiace, ho altro da fare. Non cose più importanti: solo cose che ho il dovere di fare e che m'interessano di più. Ho letto le tue cose, ho espresso i pareri richiestimi, ti ho dato anche qualche indicazione (questo è il mio lavoro: oltretutto, di solito retribuito). Non ho nei tuoi confronti alcuna animosità, alcun pregiudizio. Anzi, te lo confermo: tutta la gente che studia mi è simpatica, al di là dei risultati che ottiene. Ma per studiare bisogna soprattutto aver pazienza e umiltà. Tu minimizzi o taci o cerchi di nasconder continuamente i tuoi errori, t'inalberi se ti vengono segnalati, leggi una battuta ironica e la consideri un'offesa, accampi alibi e meni il can per l'aia invece di rispondere quando ti si chiedono fatti e documenti a titolo di spiegazione di ciò che dici, parli di "mantener le distanze" fra storici e giornalisti fingendo di non renderti conto (e non è possibile) che si tratta solo di professioni e quindi di competenze diverse, non è un problema di caste o di gradi di nobiltà. Ma la storia è fatta di fatti e di documenti: le ipotesi e le prove indiziarie servono solo fino a un certo punto. Hai le prove storiche di quanto dici? Bene: allora fuori. Non ce le hai? Continua a cercarle, e intanto fa' pure ipotesi, ma poi verificale con precisione e plausibilità. Scopri che hai sbagliato e qualcuno ti ha corretto: benissimo, ringrazia e va' avanti, senza farne una tragedia o pensare di aver il mondo contro. Il resto sono chiacchiere. Se dovessi  aiutarti a imparare a far meglio il mio mestiere, e oltretutto riuscir a convincerti della validità di quel che ti indico, dovrei veramente dedicarti del tempo di cui non dispongo. Quanto a quel che mi dici del tuo Editore al quale la mia Prefazione non era piaciuta, o dei miei colleghi che ti hanno trattato in questo o in quell'altro modo, ti assicuro che non potrebbe fregarmene di meno. Io rispondo solo di me stesso: e nella mia carriera mi sembra di aver dato sufficiente prova di indipendenza di giudizio e sovente anche di un certo coraggio civile, che professionalmente mi è anche costato caruccio. Per il resto, per quel che mi riguarda, amici come prima. Se vuoi, puoi rileggere questa lettera sostituendo i "tu" con i "lei", in modo che risulti più rispettosa. Saluti. FC

 

di Ruggero Marino

Caro Cardini, innanzi tutto scusa il ritardo e grazie per avere ancora speso del tempo per me. Anche se restiamo su due lunghezze d'onda completamente differenti. Non inseguo giochetti o illazioni, ma ho voluto solo restituire un minimo di verità agli avvenimenti. Ben vengano i consigli, ma non posso e non voglio tradire il mio Dna di "gazzettiere", anche perché se facessi l'elenco delle mie esperienze con i professori, con i quali ho anche cercato la collaborazione, ti accorgeresti che non ho affatto torto. E in questo senso ho perso ogni fiducia e spesso anche stima. Ti dirò che altezzosamente sono io ormai che ci tengo a prendere le distanze da certa accademia e da certi metodi. Caraci, Airaldi? Eruditissime ma anche spocchiose signore, ormai per me analfabete colombiane, avendo preso il "buco" totale di un papa genovese che sta in San Pietro dal 1484 al 1492. Lo stesso dicasi di altri che non hanno nemmeno letto tutte le carte di Colombo, che saranno si e no 500 pagine. E consentimi di condividere che forse anche tu su Colombo ne sai "pochino", ma io resto convinto che se ti fossi dedicato all'argomento, con il tuo sapere, lo avresti decriptato in modo sicuramente diverso dalla tradizione.
Il metodo? D'accordo non ce l'ho e non l'avrò mai. In questo caso sono io a dire e chi se ne frega! A me interessa la sostanza, non la forma. Per questo non mi interessa nemmeno averlo se i risultati su Colombo sono quelli correnti in 500 anni di "scienza". Su Colombo non c'è niente di scientifico. Scientificamente italiano per gli italiani e scientificamente di cinque o sei città o piccoli centri diversi, scientificamente spagnolo per gli spagnoli, catalano per i catalani, maiorchino per i maiorchini, portoghese per i portoghesi e via così.... Colombo è solo ipotesi, anche molto meno "plausibili" delle mie, genovesità compresa.
Le prove? Io credo di essere arrivato al punto che non spetta a me fornire ulteriori argomenti, ma spetti ad altri demolirli.
Io ho dalla mia un documento epigrafico in San Pietro, le cronache di Panvinio, storico dei papi, la mappa e gli scritti di Piri Reis, le testimonianze dei marinai delle caravelle, altre fonti ed una valanga di indizi e non. Se non sbaglio Le Goff ha detto che la storia, laddove si mostri, per i tempi lontani, carente di documenti deve affidarsi anche alla fantasia. Come faccio io con la mente aperta, ma non al punto, come ha detto qualcun altro, che il cervello mi caschi per terra. Ti ho ascoltato, sempre con piacere, circa l'11 settembre. Se non erro condividi molti punti di chi parla di complotto. I documenti, le prove?
Non sono ipersensibile alle critiche. Ne ho avute e ne avrò. Ormai sono ben 16 anni che me le porto appresso e me le attiro. Dipende però dagli argomenti e anche dal tono e ti confesso che più di una persona ha trovato il tuo intervento, "diavolo d'un professore", persino "volgare". Non me ne volere, ma così mi è stato riportato.
Io non cerco forzature amichevoli o "raccomandazioni" censorie, ma mi ribello a chi cerca di mettermi solo in cattiva luce spostando o per me eludendo i termini della questione o occupandosi delle bazzecole (la Airaldi in una recensione in cui non si fa mai il titolo del libro o il mio nome conclude: "La mia condanna è il silenzio". Troppo comodo! Per me è una forma professorale e inveterata di razzismo culturale). E ti confesso che di un metodo così ne ho abbastanza.
Tu insisti molto sulla "retribuzione". E' che forse io me ne sono scordato, perché da 16 anni faccio il volontario per Colombo e Innocenzo VIII e ci ho rimesso anche parte della liquidazione. Omissis.
So benissimo dei tuoi trascorsi e del tuo esporti anche quando non sarebbe il caso. Proprio per questo ti avevo eletto a "patron" della mia ricerca. Ma con la tua recensione, sempre godibile per chi legge, non mi hai affatto convinto. Anzi.
Come vedi sono tornato al tu. Perché il tuo tono questa volta mi è parso più cavalleresco. E' una fissa. Quanto ai "poveri" storici rifletti sul romanzo..., se ti ci metti a Dan Brown gli dai una pista. Io per parte mia continuerò con il mio metodo. Con Colombo, sarò un bischero, ma è come se avessi le stimmate. Saluti

Ruggero Marino firma

Clicky