Lo confesso a me Maria Elena piace, nel senso che la trovo piacente, in un riuscito incrocio fra Leonardo da Vinci e Botticelli. Confesso che la sua giovane età non mi provoca invidia, ma qualche perplessità in fatto di esperienza. Comunque a sentir le cronache pare che sia in gamba, al punto che qualcuno l’ha addirittura pronosticata come possibile futuro Presidente del Consiglio.
Ho ascoltato la sua difesa in aula a proposito della Banca Etruria e senza entrare nel merito della questione, visto che al solito i pareri sono contrapposti, debbo dire che il tono mi è parso appropriato. Ma è scivolata spesso nella sostanza, con quel quadretto familiare da libro Cuore, con l’orgoglio del papà contadino e maratoneta, che faceva 5 chilometri al giorno (più o meno quelli che facevo io a Perugia con il vento e la neve, pur essendo un borghese figlio di un direttore di banca), andata e ritorno (come il refrain di una canzone) per andare a scuola; con il clan, mamma, papà e fratelli, derubricato da privilegiato a perseguitato. Con lei a guisa di Pulzella d’Orleans pronta a chinare il collo sotto la mannaia e ad offrirsi al rogo di una sacrale punizione in caso di malaffare. Maria Elena dei Boschi ha parlato con accenti anche troppo garbati, ma pare non abbia spiegato fino in fondo. Mentre gli investimenti suoi e dei congiunti sarebbero stati penalizzati. Tuttavia la famiglia non ne esce certamente con le ossa rotte dal punto di vista finanziario. Il patrimonio è al sicuro. Ma tutti gli altri poveri cristi gabbati fino all’ultimo centesimo dei propri averi? Non una parola. La Boschi ha parlato solo dei suoi denari e di quelli dei suoi. E si è difesa nel solco inossidabile del “tengo famiglia” italiano. Per non parlare poi della processione di saluti e baci seguita al suo intervento, nemmeno fosse nella capanna di Betlemme invece che in Parlamento. Alla luce di questi ultimi fatti il nuovo non è poi così nuovo come lo si dipinge? Purtroppo il dna italiota è del tutto refrattario al cambiamento.