All’Università di Bologna uno sparuto drappello dei cosiddetti “collettivi” ha impedito che il Professor Panebianco potesse svolgere regolarmente la sua lezione. L’altro termine usato è antagonisti. E a questo punto mi domando perché i media perseverino in una sorta di complicità inconscia con l’uso scriteriato di simili definizioni. Collettivo significa pluralità, qua siamo di fronte a quattro imbecilli, che non raccolgono nemmeno il consenso dei loro colleghi. Una minoranza che si impone con la violenza ad una maggioranza. Antagonismo implica il confronto tra due forze. In questo caso in uno scontro che dovrebbe essere intellettuale.
Da una parte un singolo professore di una certa età, etichettato come “guerrafondaio”, dall’altra quattro giovanetti muscolari, sempre più di un singolo a dimostrazione del coraggio, senza arte né parte, che si spalleggiano lanciando slogan imparati a pappagallo, consunti del tempo e superati. Da una parte la cultura, in espressioni che possono pure dare vita ad una discussione, dall’altra il vuoto assoluto ed un encefalogramma piatto. Dall’impedire ad una persona di parlare all’olio di ricino il passo è breve. Il dalli all’untore del “fascista”, di cui ancora ci si riempie la bocca per tacitare l’avversario, non può che impalmare questi ennesimi “compagni” che sbagliano strada. Ma allo stesso tempo sarebbe ora di chiamare le persone con le parole giuste invece che etichettarle con nomi inappropriati o anglismi di moda. Black bloc, hooligans, centri sociali (più asociali di quelli), collettivi, writers … Tutti accomunati dalla prepotenza, dalla violenza e soprattutto dall’imbecillità. Perché purtroppo come diceva qualcuno la madre degli idioti è sempre incinta.