Sinceramente non so più che pensare di questo unico, inconfondibile e per certi versi, nel bene come nel male, insuperabile Paese. Non bastava la pandemia. Sembra però un “optional” rispetto ai mali che attanagliano la penisola in tutti i suoi gangli. Non bastava la corruzione dilagante, non bastavano le cosche sicule, calabre o campane, non bastava l’insipienza dei politici senza distinzione di colore. Tutti arroccati sulla ricerca del consenso da tradurre in voti, poltrone e potere e lontani dagli interessi della “civitas”. Non bastava nemmeno il recente cortile mediatico degli scienziati e dei virologi, ultimi opinionisti alla moda, vanesi e in totale contraddizione nel caos del virus che uccide. E molti pare agganciati ai diktat degli imperi farmaceutici. No, non bastava. Rimaneva la speranza di essere in mano ad una possibile giustizia qualora ce ne fosse stato bisogno. Anche se sono decenni che si parla di “toghe rosse”. Ma ora persino i magistrati rivelano la loro pochezza, la loro infingardaggine, il loro estraniamento totale all’etica del giudice-magister al servizio dello Stato e del cittadino. Non bastavano quanti già si erano dati alla politica, dando dimostrazione soprattutto di un ego spropositato e di un narcisismo galoppante. Ora le intercettazioni, che riguardano il “galantuomo” Palomara e che coinvolgono un codazzo di giornalisti-vassalli vengono a ricordarci in quale baratro è sprofondato il senso civico. Il bello è che quella che a me pare una enormità, nei più grandi giornali, purtroppo coinvolti, non viene “sparata” in prima pagina come la gravità dei fatti meriterebbe. Va di moda il brutto e ridicolo aggettivo coeso. Nella realtà ha molto più successo il termine colluso.