L’articolo 3 della Costituzione italiana recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizione personali e sociali.
Mentre dal fondo più buio dell’animo umano si riaccendono le guerre con tutti i corollari delle più oscene nefandezze (da ultimo le esecuzioni di otto ostaggi con un colpo alla nuca, oltre la sequela delle vittime innocenti sia in Ucraina che nella striscia di Gaza) continuiamo ad assistere attoniti e raccapricciati alla quotidianità delle cronache.
Era di un bellezza strepitosa. Una sorta di Venere del Botticelli in versione maschile e ambientata ai nostri tempi. Dostoevskji ha scritto che “la bellezza salverà il mondo”.
Alla mia non più giovane età, per quanto vada indietro, non ho mai visto un’Italia così brutta. O una squadra qualsiasi così brutta. E ho seguito tre mondiali di calcio. Un’Italia addirittura vile. Peccato aver derubato la Croazia. Se non ci fosse stato San Donnarumma lo scippo non si sarebbe consumato.
Siamo in un' irriversibile caduta libera. Il lessico delle persone che ci rappresentano al più alto livello, sia religioso che politico lo dimostrano.
Scurati oscurato sta diventando un caso “anabolizzato” a dismisura, come soltanto la sinistra in Italia sa fare. Un caso in cui tutti hanno sbagliato.
Niente da fare. Ascoltando i dibattiti in tv mi accorgo che i comunisti rimangono gli Ayatollah della politica italiana.
1) Beh non si può dire che la serata delle “cover” abbia deluso con i suoi momenti di emozione e di commozione. E’ sempre il meglio di Sanremo.
2) Non capisco però anche io la vittoria di Geolier. Sono tra i fischiatori.
3) La Cuccarini ci è parsa perfetta ed elegante, a ulteriore dimostrazione che in questo Festival le donne prevalgono di gran lunga sui maschietti incellofanati.
4) Se le regole debbono essere uguali per tutti non si capisce perché ad alcuni sia concesso di scendere in sala a dare i fiori a mammà o a fare discorsetti per salvare il mondo. Che finiscono per essere un tentativo di “captatio benevolentiae” anche se (ma sorge il dubbio) non calcolato.
5) La moglie di Amadeus ci tiene a dire che lei non vive di riflesso. Non si capisce allora perché quando la telecamera inquadra la sala c’è sempre lei in primo piano con il pargolo.
6) Non è che la “vecchia guardia” (Vecchioni, Nannini, Cocciante… ) si sia filata più di tanto i giovani che gli facevano da contorno. Cercavano l’applauso solo per loro.
7) Sono tornati finalmente i Jalisse sia pure ad un orario impossibile. Non si capisce come una voce così bella come quella della cantante sia stata esclusa per 27 anni. Una medaglia almeno per il declinante Fiorello che ha avuto l’idea..
8) E’ inutile il Festival è ormai un “imprinting”. Che coinvolge visceralmente sia chi lo vede sia chi non lo vede. Faccio post sul mio blog da anni su un po’ tutti gli argomenti di costume e politici. Mai avuti tanti contatti, una vera valanga, come con le riflessioni su Sanremo, sia da parte di chi lo ama sia da parte di chi lo detesta. Si esalta o si critica come la nazionale di calcio.
Teresa Mannino surclassa Fiorello
Sono fra quanti non schifano Sanremo. Bello o brutto, a seconda dei gusti, lo seguo da sempre. Sembra banale, ma trovo che sia una cartina di tornasole dell’evoluzione, in meglio o in peggio del Paese. Basterebbe solo soppesare come è cambiato il look degli uomini, che pare abbiano scoperto scollature, lustrini, gonne e pagliacciate alla faccia del patriarcato.
Confesso che questo papa all’inizio non mi dispiaceva. A cominciare dal nome. Ma ora sinceramente mi domando che razza di pontefice è. E non sono di quelli che non lo riconoscono perché non ha il munus. Ma le sue prese di posizioni sono sempre più sorprendenti. Per quanto mi riguarda in negativo.
C’è evidentemente qualcosa nel dna dell’uomo che lo spinge ad uccidere. C’è qualcosa mai sopito del Caino, che trucidò il fratello per gelosia. Fin dall’alba dei tempi dunque il figlio di Adamo si rivelò un assassino. Non a caso in ebraico il nome Caino si ricollega al verbo possedere. Anche l’uomo delle caverne per sopravvivere doveva uccidere.
Anche a voi rompono le scatole più volte al giorno e spesso all’ora del pranzo, con telefonate di offerte varie, nemmeno più con una voce vera, ma con un disco?
Non ho letto il libro del generale Vannacci, se non nelle sintesi che ne hanno offerto i giornali. Quasi sempre, come è ormai costume della sinistra, estrapolate da un ragionamento più ampio e complesso. In questo caso le parole recuperano un senso notevolmente più attenuato, rispetto alle palate di fango con cui si cerca di ostracizzare i pensieri del militare.
Evidentemente i dati del Ministero i Giustizia sono “razzisti” come anche io che oso fare questo post. Forse però farebbero bene a leggerlo i due papi: Bergoglio e Saviano.
Ho rivisto in questi giorni la famosa trasmissione che ebbe a protagonisti Santoro Travaglio e Berlusconi. E mi è saltata agli occhi la differenza fra i tre personaggi che, alla prima visione, non mi era parsa così abissale.
Si è gridato allo scandalo perché Gian Marco Chiocci è diventato il Direttore del tg1 che si sarebbe "fascittizzato." Lo dimostrerebbe il curriculum suo e persino quello del padre Francobaldo, il decano ed il grande inviato speciale di un grande “Tempo”.
È il Festival dell’ignoranza. Ma persino in questo caso non tutti sono uguali. Il Presidente del senato, La Russa, un incrocio fra il ridanciano e il fumantino, ricostruisce tragedie storiche come se fossero barzellette. Si giustifica con l’ignoranza.
Il mondo alla rovescia impazza. Elly Schlein si presenta su “Vogue”, abbandonata a mò di modella e ci istruisce circa un nuovo vocabolo l’“armocromista”, pagata fra l’altro 300 euro al giorno. La aiuta, con risultati discutibili, ad armonizzare i colori dell’abbigliamento a partire da quello degli occhi.
Fermo restando che le uscite della seconda carica dello stato, il "compagno" La Russa, sono a dir poco imbarazzanti e rischiano di confermare che aldilà della Meloni c'è il vuoto, mi domando se non sono frutto di una "forma mentis" tipicamente fascista cartelloni come questi.
Difetti, virtù? Tutto si può dire tranne che non è stato un uomo eccezionale. Basterebbe il fatto che ci ha salvato dal comunismo.
Il Corriere della sera, il più grande quotidiano italiano, poco prima di Pasqua, dedicava mezza pagina all’orso da abbattere nel Trentino, una semplice notizia (che non fa notizia) invece dell’ennesimo naufragio di migranti nel Mediterraneo con 35 morti.
L’ultima tragedia del mare è diventata, secondo un costume ormai consolidato, oggetto di polemica politica e in qualche caso di sciacallaggio. Le indagini stabiliranno come sono andati realmente i fatti. Anche se continueranno a rimbalzare opposte verità. Ci limitiamo a qualche considerazione su quello che abbiamo visto.
storia dell'ideologia comunista: DA STALIN A FEDEZ
Ma si può fare opposizione seria con gente, che ha cariche importanti nel partito, che scrive queste corbellerie? E che invede dei problemi di un'Italia che ne ha tanti si occupa di risolverli con le canzonette. Sembrerebbe la battuta di un comico di periferia.
La definiscono società fluida, nel pan-transessualismo ormai imperante. Nulla da obiettare sulla libertà individuale di fare la scelta che si vuole in fatto di genere. Ogni persona ha il diritto di rivendicare la propria personalità, come la propria sessualità. Ma non si deve cadere nell’errore opposto, cioè di sbandierare le proprie inclinazioni accompagnate da una forma di “razzismo” nei confronti dei cosiddetti “normali”, considerati alla stregua di esseri meno elevati, perché incapaci di superare certi steccati imposti dalla tradizione e dal costume dei nostri tempi. Il cosiddetto orgoglio “gay”, con le relative parate, ne sono uno dei corollari. Come il bisessualismo o l'omosessualità, argomenti principe di molte interviste. Come sta accadendo con i cantanti di Sanremo, che sono diventati un vero e proprio “spot”. Come molte pubblicità, che fanno l’occhietto all’universo gay, non per prendere posizione contro eventuali bandi morali, ma solo per allargare la cerchia dei consumatori di un prodotto. Come ancora l’ipocrisia opportunista di molte trasmissioni televisive, che pare non possano andare in onda se fra i protagonisti non compare almeno un “fluidificatore”. Vero è che ci sono periodi storici in cui, ai massimi livelli del potere e dell’arte, la “fluidità” era una caratteristica considerata naturale. Ma non ci risulta che fosse propagandata come la “conditio sine qua non” di un esibizionismo sfrenato e di una superiorità intellettuale in grado di contraddistinguere un clan di “illuminati”.
Se Sanremo è in qualche modo lo specchio del Paese, a quanto pare siamo messi male. Una volta le musiche erano o orecchiabili o melodiche, si parlava di melodia all’italiana, oggi non ci si capisce niente e la musica pare un optional. Più che cantare si urla, anche il venerato Mengoni. Basterebbe guardare ai Depeche Mode, che pure sono rock metallico.
Delle due l’una: 1) la Rai era a conoscenza dell’ennesima sceneggiata di Fedez ed ha taciuto. E allora deve pagare. 2) Non sapeva, ma era al corrente che il cantante aveva cambiato il testo, che doveva essere visionato.
LA MORALE DI SANREMO
ALLE DONNE
STA SPARENDO IL SENO
E IL TATUAGGIO
NON FA IL PERSONAGGIO.
Non capisco quanti ci tengono a dire con orgoglio (vagamente e intellettualmente razzista) “Io il Festival non lo vedo”. Basterebbe questo a decretarne l’importanza. Ormai fa parte del “Made in Italy” a livello mondiale come la Ferrari e altro. Parlarne pregiudizialmente male può essere un autogol. Faccio un esempio: il Festival del cinema di Venezia era il primo nel mondo.
Confesso che ero un po’ stanco di programmi e filmati sull’olocausto, pur conscio che l’orrore non va dimenticato e che la giornata della memoria va sacralizzata. Anche se trovo che dovrebbe essere estesa ai numerosi momenti nella storia dell’uomo in cui, se esiste, Satana ha trionfato.
Non sono un bigotto, non sono un cattolico osservante, anche in fatto di fede sono aggredito dai dubbi, ma non posso trasalire quando ho letto la seguente notizia che arriva da Venezia. Ultimo esempio in ordine di tempo di un mondo sempre più alla rovescia:
Alessia Morani è una bella e elegante signora, che ha postato una sua innocente e per certi versi aristocratica foto, sia pure non in linea con il pauperismo di cui il suo partito dovrebbe essere paladino. Per questo è stata fatta centro di strali addirittura da parte del fuoco amico. Di qui l'ammissione amara: "Mi si rafforza la convinzione che il mio è un partito profondamente maschilista".
Sono letteralmente scandalizzato. Anzi di più, estremamente indignato. Ho un sincero rispetto e ammirazione, come atleti e come uomini, per Sinisa Mihalovic e Gianluca Vialli e per il loro straziante calvario. Fra l’altro amo anche il gioco del calcio. Ma non posso sopportare che il rimbalzo mediatico delle loro morti sia stato di gran lunga superiore a quello dato a Gina Lollobrigida, una vera icona e una bandiera internazionale dell’Italia del XX secolo.
Anche la Lollo se ne è andata
spledida Bersagliera d' una generazione
immagino gli angeli eccitati
di corsa con le piume al vento
applaudendo con le ali.
“La scrittrice Murgia non mi piace non per quello che dice o scrive ma perchè è brutta come l’orco”. Così Vittorio Feltri, direttore di Libero. Vittorio Feltri, a cui nessuno ha mai imputato di essere vecchio e racchio, a prescindere dalle cose che dice o scrive, benchè sia nato nel 1943 e non brilli per avvenenza.
Come molti sto seguendo i mondiali di calcio. Uno spettacolo che va oltre il gioco. Dove al posto di tante chiacchiere saccenti, inutili e spesso fastidiose (un discorso a parte meriterebbe il prolisso e ampolloso circo-lo dei mondiali), sarebbe meglio, ogni volta che è possibile, nelle pause e negli intervalli, inquadrare il pubblico, in un campionario di facce, di espressioni, di gioie, di lacrime e di travestimenti incredibili.
La vicenda dell’infingardo Soumahoro (meglio detto Suga-oro) è paradigmatica del problema dell’immigrazione incontrollata nel nostro paese. Visto che si arriva all’eccesso di un discendente di schiavi che si arricchisce, “a sua insaputa”, sullo schiavismo esercitato dalla bella moglie supergriffata e dalla suocera.
Un'Italia divisa da sempre in mille rivoli, mai diventata Nazione, ma unita dal culto del bello che tutti ci invidiano, ma che l'italiano di oggi ignora e tradisce.
Siamo veramente alla farsa. Bonelli, il padre spirituale con Fratoianni di Soumahoro, il nero che sfrutta i fratelli disperati rivendicando il diritto alla moda, richiama la Meloni, rea di “sgarbo istituzionale” per avere ricevuto Calenda.
Sinceramente non capisco. Qualsiasi cosa dicano, un giorno sì e l’altro pure, contro il governo, accusato di neo-fascismo di ritorno, le loro dichiarazioni vengono enfatizzate dai giornali di centrodestra quasi quotidianamente. Cadendo nella trappola del loro gioco. Faccio solo due esempi di oracoli onnipresenti: Roberto Saviano e Michela Murgia.
Persino papa Francesco, che ha da sempre a cuore il dramma migranti, ha compreso che l’Italia da sola non ce la può fare e chiede solidarietà all’Europa. Ma dov’è l’Europa? Aldilà del portafogli con l’euro non è mai esistita e mai come ora sta dando prova delle sua inesistenza nel mortificante spettacolo degli egoismi e dei nazionalismi più spinti.
La Meloni continua a salire nei sondaggi. Evidentemente il suo modo di presentarsi, le sue parole sono piaciute al di là del possibile effetto “meglio salire sul carro del vincitore”. Fra l’altro non ritengo che il suo successo sia dovuto, se non in minima parte, alla sua scelta di restare, unica, all’opposizione del governo Draghi.
Il nuovo governo deve scalare vette in verticale. L’opposizione in compenso digrigna i denti: “saremo implacabili”, “saremo inflessibili”. Ma intanto remano controcorrente divisi. Letta chiede salvagenti nel progressivo naufragio del finto democratico, lo squalo-camaleonte Conte rifiuta, sapendo che lo sta fagocitando.
La Meloni è piaciuta. Se un neo nei suoi discorsi mi sento di imputarle è di essere stata troppo autobiografica ed autoreferenziale. Ma ci può stare visto il suo difficile percorso di vita. Attacchi scontati e pregiudiziali a parte è riuscita a fare breccia persino in qualche esponente della sinistra. Addirittura in quella radical chic con Conchita de Gregorio (non mi fiderei).
Sinceramente nessuno è in grado di dire come si comporterà o cosa sarà in grado di fare il nuovo Presidente del Consiglio. Eredita una situazione impossibile per molti versi. Inutile osannare, tanto meno dileggiare come fa chi non ha nulla da contrapporre se non il livore e l’odio di parte. Per la prima volta una donna.
E’ arrivata l’ennesima copertina razzista da parte dei ricorrenti esseri superiori. A quanto pare il mondo ne é pieno. Soprattutto nei paesi dell’Europa. Era del secolo scorso la colt sui maccheroni del tedesco Der Spiegel, oggi la leader inglese uscente e la forchetta con gli spaghetti dell’Economist: e nel titolo il terrore di diventare come l’Italia politicamente.
Muoia Sansone con tutti filistei: sembra questa ormai la filosofia di quello che fu un genio, nel bene come nel male. E che a dirla tutta è stato anche martirizzato dalla magistratura. Ora basta guardarlo: ciondola come uno spaventapasseri squassato dal vento, il viso è una maschera sempre più vicina alle zucche di Halloween.
Il governo non è nato, ma il guazzabuglio è cominciato. E se il buongiorno si vede dal mattino… Certo la speranza è l’ultima a morire, ma è vero anche che fanno di tutto per impiccarla. Prima lo scontro La Russa Berlusconi, non pago di rientrare in senato. Il “vaffa” vagante nell’aria da parte del cavaliere mascherone. Poi il pizzino con gli aggettivi che spellavano l’“alleata” Giorgia, che si rifiuta di fare montare a cassetta la solita protetta venuta dal nulla.
Ogni volta che faccio un post di carattere politico, in genere di critica, perdo follower. Accade in maniera più pesante quando metto in evidenza le lacune dei grillini o della sinistra. Ultimamente solo per avere fatto presente che la Meloni ha vinto, che il PD ha perso o per mettere in evidenza il delirio di Rula Jebrael se ne sono andati in parecchi, anche se i miei toni sono sempre circostanziati. A ennesina dimostrazione che con certe “dottrine” il confronto è impossibile.
Rula-rutta Jebrael l’ha fatta ancora fuori del vaso. Ma questa volta in maniera veramente vomitevole. Pur di attaccare la Meloni, senza contare l’offesa da donna a donna invece di gioire per un successo femminile in politica, si è rifatta ai trascorsi poco edificanti del padre della leader di Fratelli d’Italia, trascurando il detto che le colpe dei padri non possono in nessun caso ricadere sui figli.
Aldilà dei risultati, che sono incontrovertibili, ci si augura che queste elezioni segnino il “de profundis” del “mantra” utilizzato sempre dalla sinistra italiana, per demonizzare l’avversario al grido di “fascista”.
Salvini in un raptus di mania di grandezza si atteggia a Padreterno facendo recitare ai sindaci il “Io credo”. Letta, pur osservante, fa il contrario, butta alle ortiche, alla stregua della Cirinnà, la triade alla quale si ispira ogni civiltà Dio, patria, famiglia.
Non ci volevo credere, ma è vero. È la preghiera, il IO CREDO pro Salvini. Ma questi che canne si sono fatti? I comandamenti e le preci pensavo che fossero prerogativa del Padreterno. Ma forse non ci siamo accorti che è tornato.
Ora che la Meloni sta volando nei sondaggi e nelle previsioni potrebbe essere la prima donna al governo dell’Italia, il metodo Boffo (coprire di fango l'avversario considerato nemmeno tale, ma solo un nemico da abbattere con ogni mezzo, anche il più scorretto) il metodo Boffo, dicevamo, delle artiste di sinistra (alcune letteralmente inqualificabili come una certa Daria), cantanti o attrici … impazza e nessuna delle paladine del “me too” di “isquierda” prende le distanze.
Fra le tante leggi che costellano l’elenco infinito dei provvedimenti varati nel “paese del diritto offeso” c’è anche quello dei limiti di velocità. In particolare per i mezzi pesanti, camion e autotreni.
Sono alla canna del Gas... e devo anche sbrigarmi, prima che scattino i rincari.
Strascichi vacanzieri.
Domando a Portofino ad un simpatico maitre cileno di un bellissimo ristorante sulla piazzetta del porto: “Come è andata la stagione?”; “Alla grande, veramente alla grande”. Più o meno come il conto, ma siamo in un luogo unico al mondo. Solo che non danno la ricevuta fiscale.
Le bellezze d'Italia: Castelluccio di Norcia, quando la fioritura delle lenticchie si mette a dipingere sposandosi ai papaveri.
A volte una foto può valere più di tante parole e di tanti articoli. Come questi scatti ad Ascoli per un intervento sul tetto e le grondaie di una chiesa. Sono stati trovati e riportati a terra una serie di palloni di varie età. Evidentemente i ragazzi giocavano nella piazzetta. Tempi lontani dalle immagini sui telefonini. Il che spiega anche il decadimento del nostro calcio.
I numeri danno ragione ad un Festival straripante di luccichii, ma non di buona musica. Tanto meno di un intrattenimento dove spesso si annaspava nella noia, se non peggio. D’altronde il logo del Festival ricordava vagamente il covid 19. Amadeus per le cifre ha vinto ancora. E’ indubbiamente un bravo presentatore, preparato e buon dicitore. Le riserve nascono come direttore artistico. O c’è o ci fa. O è compagnone e veramente buonista di suo ad un livello inconsciamente sempre ruffiano o è una faina, che calcola la minima mossa per contrabbandare spesso un politicamente corretto stucchevole e stantio pur di dimostrarsi attento ai problemi e al sociale. Con in più l’insalata russa delle generazioni canore a vantaggio di un giovanilismo deludente. Senza contare che, in un momento in cui il Paese tira la cinghia, forse qualche scintillante smoking in meno sarebbe stato gradito, così come i primi piani puntuali alla moglie Giovanna ed al figlio, nemmeno il festival fosse ormai proprietà privata. Per cui fra canzoni deludenti e siparietti falliti non rimane che qualche rara chicca: il duetto fra Maria Chiara Giannetta e Maurizio Lastrico, il discorso di Sabrina Ferilli spontanea, vera, leggera e presentatasi senza fronzoli, il debordante entusiasmo suscitato dalla coppia Jovanotti-Morandi . A dimostrazione che non si può ignorare la vecchia guardia. La nuova per ora dà l’idea soprattutto che sotto il vestito niente. A parte che a volte non c’era nemmeno il vestito come per Rcomi(co) come le scollature delle donne piatte o le gambe a fenicottero di Rettore. Azzardiamo infine qualche previsione al di là dei risultati finali. Dovrebbero avere successo “Balla, balla “Ciao, ciao”, forse “Chimica”. Mentre personalmente abbiamo apprezzato Fabrizio Moro, anche se si atteggia troppo a Jhonny Depp. Sipario
Mancava qualcosa per completare l’esibizione e accontentare tutte le frange possibili dei telespettatori di un Festival di Sanremo nel quale il direttore artistico ha mescolato di tutto e di più. Puntuale è arrivata l’icona gay con Drusilla en travesti, fra l’altro non invadente e sufficientemente spiritosa Ma nei ricordi del giorno dopo spuntano strani figuri. Come un sosia di Frankenstein, che aveva più piercing e tatuaggi di Achille Lauro, una sorta di saltellante clown-puffo rosa, con cantante che inneggia al deretano e riesumazione del pugnetto chiuso. Ma nel complesso quello che emerge in maniera evidente è una specie di preoccupante mutazione. Le donne sono rimaste donne. E gli uomini? Hanno riesumato il decolletè totale, quando scendono le scale hanno strascichi da soubrettes, hanno reinterpretato il trucco e parrucco e le mises a loro uso e costume in modo inquietante. Ed è in questo sgangherato caravanserraglio che si è in inserito il guru Roberto Saviano. Nulla da dire sulle sue parole, anche se ha dimenticato addirittura Della Chiesa ed ha finito poco elegantemente con lo spot del suo prossimo programma. Ma si può parlare di vittime della mafia e dello stato in un contesto da circo equestre come quello di Sanremo? Più che una commemorazione è sembrata una profanazione. Da ultimo i giornali che fanno un peana quotidiano al Festival e il pubblico che salta e balla come non era mai accaduto. Fosse un effetto collaterale del vaccino? Questa volta positivo: per auspicare una ritrovata libertà. Balla che ti passa. Ultimissime: Mattarella telefona ad Amadeus, Bergoglio va da Fazio. Vuoi vedere che ci ritroviano Fedez e Chiara Ferragni come la nuova sacra famiglia?
Il Festival di Sanremo è l’icona popolare di un paese alla deriva. Faccio parte dei milioni di italiani vaccinati e forzosamente rincoglioniti, loro malgrado, che ogni anno seguono l’evento, nella speranza di passare quattro giornate di leggerezza che ci allontanino dagli incubi ormai quotidiani. Speranze quest’anno decisamente malriposte, Amadeus, sotto l’aspetto ridanciano e bonario, ha allestito un cocktail quanto mai furbetto occhieggiando a tutte le frange possibili di pubblico. Una Ornella Muti con gli zigomi che schizzano infuori come la coscia ancora levigata per i nostalgici, insieme a Morandi, Ranieri, Zanicchi, Berti. Berrettini per gli sportivi, più uno stuolo di improbabili facce e voci nuove che si caratterizzano nella gara al capello scapigliato e ad un look spesso a mongolfiera, come se fossero qualche taglia al disotto dell’abbigliamento. Con in più un patetico predicozzo sul razzismo di una smarrita ragazza nemmeno tanto di colore. Salvo poi vendersi come “scoop” incredibili le uscite fuori del teatro 7 (cosa mai successa!) per andare a prendere i Maneskin. Per finire col definire “geniali” le trovate di Achille Lauro, che si battezza in orario ancora per bambini, alla faccia del rispetto per chi ha ancora fede. Non rimarrebbero che i comici. Un Fiorello sfiorito perfido nella trovata del bacio fra Amadeus e il direttore rai e un deludente come mai Checco Zalone. Con argomenti spesso che si sposano alla volgarità spicciola. Rimangono se non altro le emozioni, quelle autentiche, di Morandi, Ranieri, le lacrime di Damiano e della Presentatrice di colore. A meno che non sia solo ilo segnale che non ci resta che piangere.
Non sono del partito di Gualtieri. Ma auguro il meglio per il nuovo primo cittadino. Purtroppo il programma è un elenco infinito di buone intenzioni. Tante, troppe, troppissime, perché Roma non è più una città da sistemare, ma quasi da rifondare. L’immagine della capitale ormai sa più di Africa che di Europa. Se fossi stato uno dei duellanti non avrei sciorinato un elenco che nemmeno Batman potrebbe realizzare. Basterebbe focalizzare gli sforzi su alcuni punti che già da soli sembrano irrealizzabili: rifiuti, pulizia, decoro, cura del verde, aiuole che meriterebbero ormai un altro nome, cigli dei marciapiedi ricolmi di sterpaglie, strade dissestate, anche quelle rifatte da poco con lastroni in gran parte spaccati. Si multano le auto, mai vista una multa per i cani che defecano senza parlare delle urine. Si potrebbero fare nei tombini (alcuni persino ostruiti con l’asfalto) o sotto i marciapiedi senza costringere ad uno slalom. E ancora i mezzi urbani ed i servizi in genere, le scuole che crollano, edifici pubblici fatiscenti. Un tappeto di foglie e di aghi di pino una minaccia annunciata, in grado di fare impallidire i precedenti allagamenti se dovesse arrivare una bomba d’acqua. E poi i cinghiali, i gabbiani, le cornacchie perfino i pappagallini … E si potrebbe continuare all’infinito. Perché ormai da decenni non si arriva mai al fondo del peggio. Gualtieri eredita uno sfacelo, chi lo ha preceduto ha lasciato l’urbe nel più squallido abbandono: da nobildonna a donna da marciapiede. Governata da tempo fra tracotanza e incapacità. Cosa potrà fare il sindaco dal sorrisino sempiterno? Non chiediamo molto, chiediamo qualcosa. Sarebbe già miracolo. Certo è un compito ingrato, anche perché i primi a non collaborare sono gli abitanti di Roma, che sembrano si divertano a far scempio di una storia millenaria. Caput mundi? Come stare su scherzi a parte.
Se ne va con Franco Battiato una figura unica nel panorama della canzone, meglio della musica italiana, quella più profonda, che non crea canzonette, ma ha uno spessore visionario in grado di provocare emozioni. Quando appariva con la sua aria da professore, suo malgrado, guai a chiamarlo “maestro”, si stentava a credere che fosse un cantante. Purtroppo una delle iconcine-ine-ine del femminismo e ultimamente della sinistra, la scrittrice Michela Murgia, una de tanti narcisisti, che aprono bocca per darle aria, si espresse nei suoi confronti, in questo modo:“Battiato è considerato un autore intellettuale e invece tu ti vai a fare l’analisi dei suoi testi e sono delle minchiate assolute”. Di quanti poeti lo si potrebbe dire signora Murgia? “Citazioni su citazioni e nessun significato reale”. Ovvero banalità senza “spessore”. Testi “fragili”. Senza “pregnanza”. E che per questo lo inseriscono in un “equivoco clamoroso”. Lo ha sottoscritto quando già si sapeva che era gravemente malato, esempio tipico di amore cristiano, lei che viene dall’ azione cattolica. Non l’ho mai letta, a questo punto non credo che ne valga la pena, anche se dicono che sia una brava scrittrice. Vero anche che il talento, nella mancanza di umiltà, si sposa spesso all’assoluta “minchioneria”.
Io non credo che Grillo, che sembra la caricatura del pinocchiesco grillo parlante, sia nel pieno delle sue facoltà mentali. Basta vedere il video esagitato, urlato, volgare come sempre, in difesa del figlio. Grillo bene o male è in qualche modo responsabile, con sentenza definitiva, di un incidente, che provocò la morte di tre persone, un bimbo di nove anni compreso. Il suo bamboccio, Ciro, cresciuto nel biberon a miliardi, è coinvolto, come pare, in uno stupro di gruppo. Ce ne sarebbe a sufficienza per rispettare un religioso silenzio. No, il creatore del Movimento 5 stelle, fondato sul “vaffa”, il rimescolatore della politica italiana, che vorrebbe “pulizia” in Parlamento, il comico che dovrebbe salvare l’ Italia, che accusa tutto e tutti, che in piena pandemia, con i morti a grappoli, si presenta con in testa un irriverente casco da palombaro, si atteggia, con le sue sceneggiate e l’ “aureola “dei capelli da medusa caravaggesca, a vittima con il suo pargolo. Non una parola di solidarietà, tanto meno di scuse, per la giovane donna, violata o meno, anche se il ragazzo, come gli altri giovinastri, fosse solo un “coglione”, come lo definisce lui per giustificarlo. Non una parola nemmeno dalla moglie, che dormiva nell’ appartamento contiguo e che “non avrebbe sentito nulla”. Fra le colpe-prova della preda il fatto di avere fatto la denuncia non immediatamente, ma una settimana dopo. Ci sono donne a go gò, anche troppe per la verità, che per il “me too” hanno parlato dopo venti anni. Perfetto ritratto delle bella famiglia italiana, della politica all’ italiana e di un fantomatico, però sempre esilarante, Robin Hood.
P.S. Il post è' stato scritto prima che parlasse anche la mamma di Ciro, Pavin. Che lo ha fatto oggi. Comportamento analogo a quello del marito. Nemmeno una parola per la ragazza. Mi ricorda Sandra Milo: "Ciro, Cirooo!". Avanti, nel migliore dei casi, all' Italia dei "coglioni".
La lista non finisce mai. La filastrocca dei “compagni di merenda” si allunga ogni giorno di più. Spesso sono gli strombazzati campioni del buonismo sinistro mascherato da buone intenzioni, da pietismo ultracristiano. Predicatori e untorelli da strapazzo, forti solo di una sembianze di bronzo ed arroganza. Gli ultimi casi sono quelli di Andrea Scanzi, lo spocchioso narciso, prediletto di Lilli Gruber, il quale si fa scudo degli genitori per saltare la fila del vaccino in modo da farlo prima degli altri. O Laura Boldrini, la snob onnipresente del femminismo e della difesa dei migranti, senza se e senza ma, che trattava le cameriere da schiave e non le pagava, sfruttandole in ruoli vari. Sono questi d’altronde oggi i preferiti dai media, che si compiacciono di promuovere solo ciò che può essere negativo o trasgressivo. O violento a parole indipendentemente dalla verità. Un esempio fra i tanti? Le tirate da bordello della trasmissione condotta da Cruciani e Parenzo sulla radio nientemeno che del “Sole 24 ore”. La cantantina a piedi nudi (vecchia trovata) che sul settimanale del morigerato “Corriere della sera” annuncia: “un giorno mi sento uomo, un giorno donna”. O i privilegiati “diversi” diventati tutti opinionisti della tv di stato (remember la battuta di Fiorello a Sanremo?). O ancora un fuori di testa come Fabrizio Corona o una sciacquetta qualunque come Asia Argento. E via così, in una corte dei miracoli alla quale si offre la scena di continuo. Per alzare l’ audience e avvilire il costume dei telespettatori. Spesso complici a loro volta. Dove è finito Ciancimino, dove è finito Ingroia …? Prima paladini e poi sotto accusa? Eroi per fortuna transeunti, ma ogni volta rimpiazzati rapidamente con altri campioni di menzogne, di volgarità, di aggressività, di superficialità. Il colmo è dover diventare nostalgici della normalità.
Guidare questo Paese è da sempre un’ impresa titanica. In questo inedito frangente storico più che mai. Costretti a vivere da reclusi e sulle sabbie mobili di una realtà irreale. Nessuno sa con certezza nulla di nulla, ritardi a parte, ogni mossa, ogni decisione è suscettibile di errori e di critiche feroci. Occorrerebbe lungimiranza, una sintonia resa obbligatoria da circostanze impreviste ed imprevedibili, una forzosa concordia discorde. Invece il panorama è totalmente dissonante da una saggia conduzione di un presente orbo di un futuro. Un premier improvvisato che si catapulta in Tv, non a gettare acqua sul fuoco, ma a scaricarvi taniche di benzina, accusando le opposizioni. Nella replica di un discorso fatto in Parlamento quando si ruppe l’asse con la Lega. Una specie di disfida e di ripicche senza fine che nulla hanno a che fare con l’ amministrazione della repubblica e della pandemia. A loro volta a Salvini e alla Meloni, chiamati improvvidamente in causa, non pare vero di attizzare lo scontro. Accuse di falsità rimbalzano da una parte e dall’ altra. Ad assistere, fregandosi le mani, un’ Europa che già ci considera inadempienti futuri e si rifiuta di porgerci la mano: lo speaker inglese citrullo che ci accusa di sfruttare l’ epidemia per non lavorare, il giornale tedesco, che addirittura ipotizza di bussare a denari per alimentare la mafia, il premier olandese (Mark Rutte: homen in nomen) che ci vuole morti o vivi in mutande e si potrebbe continuare … Quello che non fecero i barbari (lo erano e lo sarebbero rimasti senza di noi) lo fanno da soli i governanti italiani. A fare da cerniera un Presidente imbalsamato, che un giorno sì e un giorno, scopre l’ acqua calda e che annuncia addirittura la prossima vittoria sul Covid 19. Eppure non fuma nulla di particolare. E l’ Italia e voi e noi? Ma chissenefrega. Prima o poi ce ne ricorderemo, anche se voi avrete la faccia di bronzo di fare finta di averci nei vostri pensieri. Alla prossima votazione. Buona Pasqua.
Questa Italia, è in Europa per caso. Ormai è Terzo mondo. Dal potere legislativo, al potere esecutivo, al potere giudiziario è una deriva senza fine. “La magistratura segue le stesse logiche della politica, a volte addirittura le anticipa”, ha dichiarato il bellimbusto Luca Palamara. Ha guidato la magistratura da quando aveva 39 anni, “il presidente più giovane e più longevo della storia.” “Deus ex machina” di un sistema fatto di spartizione delle nomine dove non contava il merito, ma l’ appartenenza alle correnti. Un sistema fatto di pressioni, di sgambetti, di carriere favorite, di carriere ostacolate. Una giustizia svenduta. In un verminaio parallelo alle connivenze politiche, ai clan degli inciuci con gli alleati al governo. Ora Palamara si confessa, ammette, ma non pare pentirsi, vergognarsi. Avverte che sono molti quelli che lo affiancavano, che “partecipavano” alla riunioni da “ndrangheta”, dove nuotava nel suo ambiente, visto che veniva da Reggio Calabria. In sostanza cosa confessa Palamara? Parole sufficienti a qualificarlo un mascalzone (basterebbe sentire il linguaggio volgare e minaccioso delle sue telefonate), ma aggiunge che molti sono i mascalzoni ancora in sella. Sia nella magistratura che in politica. Quasi a giustificarsi con un “mal comune mezzo gaudio”. Un cancro per il quale Mattarella non trova parole più pilatesche di “grave sconcerto” e “modestia morale”. Ne consegue uno sberleffo alla costituzione. Perché quella giustizia che in Italia dovrebbe essere “uguale per tutti” è elastica, fluttuante, maleodorante, violata per diventare uguale solo per gli amici e gli amici degli amici. Siamo alla versione in toga dei “compagni di merenda”. In un’egemonia ventennale esercitata, sono parole sue, dalla “sinistra giudiziaria”. Ne hanno fatto le spese anche Berlusconi e Salvini. Ricordate lo slogan “giustizia ad orologeria?”. Sembrava l’ alibi di un gaglioffo. Per concludere che le inchieste su chi non è di sinistra fanno sempre più strada di quelle che coinvolgono (si capisce anche perché più rare e meno strombazzate) la sinistra. Ma gli incorrotti, i puri, quelli dall’ etica angelicata e superiore non erano sempre e solo a sinistra?
Non me ne vergogno. Sono fra quanti, fin bambino, seguono il Festival di Sanremo. Una delle poche manifestazioni italiane conosciute e seguite nel mondo. Come lo era una volta il Festival del cinema di Venezia.Che fu rovinato dalla contestazione. Per cui il primato passò a Cannes. Considero la kermesse una tradizione da non condannare snobisticamente. Ho seguito due volte la gara come inviato speciale del giornale. Un caravanserraglio che, miracolosamente, va in diretta senza inciampi. E veniamo a questa edizione “speciale”. Credevo in un super-record, perché la gente è costretta a stare a casa. Mi sono sbagliato. I motivi sono soprattutto dei responsabili. Il pre-festival inizia con un trio imbarazzante, due lei, una negata l’ altra patetica, più un lui inutile. Fiorello, tranne in qualche caso, è parso esagitato, sbiadito. Ha insistito nel fare il pagliaccio, coinvolgendo Amadeus, in duetti penosi. I “quadri” di Lauro sono presuntuosi e al limite del blasfemo. Da tempo le canzoni sono incomprensibili, assolutamente non orecchiabili. Al punto da fare rimpiangere “Papaveri e papere”. La melodia, l’ armonia si sono trasformate unicamente in un urlo strappa-corde-vocali. Vedi la vittoria dei Maneskin. Le filastrocche dei rapper hanno stufato. Al confronto Ermal Meta e Orietta Berti sembrano marziani. I tempi sono disperatamente lunghi. Eliminare l’ introduzione, dimezzare la scala, dove le donne sono costrette a scendere i gradini ad occhi bassi per non ruzzolare. Tagliare, tagliare. Ma sono soprattutto due i fenomeni di costume che mi hanno impressionato. Le italiane erano note e apprezzate per essere formose. Queste sono tutte una pialla. C’è un mutamento genetico in corso? La moda italiana era la più apprezzata nel mondo. Questi sono vestiti, tranne la finale, da grandi firme come peggio non si potrebbe. Ma si è sicuri di fare, di fronte alla platea internazionale un favore al Paese? L’ unica sorpresa è venuta da uno svedese: Ibrahimovic.
Esaminiamo con attenzione le dimissioni a sorpresa dell’ennesimo sinistro “Migliore”, ovvero del leader dei fondamentalisti della purezza dell’ onesta e della morale immacolata. Il signor Zingaretti, famoso per essere il fratello di un commissario televisivo, se ne è andato sbattendo la porta e lanciando un incredibile anatema: “Il paese va in malora e voi pensate solo alle faide e alle poltrone”. I superdemocratici del Pd, che si definiscono con parole di cui non conoscono il significato, penserebbero, udite udite, unicamente alle poltrone. Come se il pianeta avesse fatto una capriola. In effetti da decenni il partito dei puri senza peccato registra una lotta intestina da lunga e infinita notte dei coltelli. Questo basterebbe a dirla lunga sul loro “animus”. Solo c’è da infamare gli avversari, per loro solo nemici da abbattere con qualunque mezzo, riescono a ritrovare l’ unità (come il vecchio giornale) nel fango. Trasformano in un tornado il venticello della calunnia. Dare le dimissioni è costume insolito per la politica italiana. Un gesto, dunque, di coraggio? Frasi da scomunica che, nella loro virulenza, dimostrano solo che la faida è sempre in atto e che anche il gesto, che sa a suo modo di vendetta, non ne è che un corollario. Da tempo si vociferava che Zingaretti doveva essere fatto fuori. C’era da stabilire solo il quando. Il “Migliore” ha sparigliato le carte e anticipato i tempi. Mettendo i detrattori nelle peste. Tanto più che con l’ adesione di Conte ai Cinque Stelle il PD, in un’ eventuale consultazione, ne uscirebbe drammaticamente ridimensionato. Zingaretti lo ha sniffato, ha capito che la gogna sarebbe ricaduta ancora su di lui. Ha così lasciato la patata bollente nelle mani di quello che lo seguirà. E questi, con i bellimbusti dei Cinque Stelle sono quelli che erano al timone del Paese. Non si può che naufragare.
Forse vale la pena di passare per fascisti, rischiando in futuro di votare per lei per pura solidarietà. Sinceramente non riesco più a sopportare le offese dei vari trucidi e delle varie trucide nei confronti di Giorgia Meloni. Passi per quella sgallettata di Asia Argento, che le diede della “fascista lardosa” dopo una recente maternità. Il colmo è che ora a superarla ci si mette un tizio, che si dice professore, tale Giovanni Gozzini, ordinario presso il Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell'Università di Siena. In una trasmissione radiofonica regionale ha definito la Meloni "pesciaiola”e "ortolana con tutti il rispetto per la categoria … rivolta a Draghi ha detto lei è famoso per questa frase, whatever it takes, io le dico, ripeta whataver it takes per l'Italia. Per l'Italia! Siamo ancora a questo nazionalismo retorico, demenziale, ignorante. Io non posso vedere in Parlamento gente simile, di un'ignoranza di questo livello, che non ha mai letto un libro in vita sua, che può rivolgersi da pari a pari a un nome come quello di Mario Draghi". Ma al peggio non c'è mai fine, Gozzini non demorde: "datemi dei termini: una rana dalla bocca larga? Una vacca? Una scrofa? Cosa devo dire? Cosa devo dire per stigmatizzare il livello di ignoranza e presunzione". Probabilmente Gozzini verrà sponsorizzato a sinistra dove chi infama chiunque non appartenga al pensiero unico viene ingiuriato senza colpo ferire. Specie quando le sue fortune politiche sono in vertiginosa crescita. La Meloni è madre, è donna prima che essere una donna politica. Nel passato non ha avuto grandi segnali di attenzione da parte delle suffragette del “me too”. Tanto meno dalle sinistresi che urlavano “se non ora quando?”. Gozzini parla e straparla di ignoranza. Se si guardasse allo specchio ne scoprirebbe il ritratto.
Non ho mai avuto una particolare simpatia per l’avvento di Giuseppe Conte alla Presidenza del consiglio. Una elegante presenza, per il resto l’ho considerato sempre un intruso, un miracolato sul tratturo impervio e arlecchinesco della politica italiana. Un avvocato uscito dal cappello a cilindro dei grillini, ultimo clamoroso esempio di assalto alla diligenza, forti soprattutto del camaleontismo e dell’ incompetenza. A loro volta miracolati da un comico miracolato. Non mi pare che il suo governo abbia combinato granché, d’altronde gli uomini che lo circondavano erano quelli che erano. La prima bozza del “recovery plan” a detta di tutti era un disastro. C’è voluto lo sfrontato camaleontismo di Renzi per renderla migliore. Però l’uscita di scena mi è piaciuta. Primo perché non ha accettato nulla di quello che presumibilmente gli sarà stato offerto. Secondo soprattutto per come è stato salutato dal personale di Palazzo Chigi. Tutti nel cortile e alle finestre ad applaudire per il saluto. Il che prova che mentre gli amici della politica già lo consideravano un superato, chi ha vissuto a contatto con lui tutti i giorni gli ha voluto testimoniare un apprezzamento e un affetto. A dimostrazione che dietro la patina del supermediatore, costretto a barcamenarsi fra eterni litigi e che a volte ha strafatto in personalismi, l’uomo e la persona ci sono. Forse ho sbagliato. Gli sia reso l’onore della armi.
Di Mario Draghi si sa tutto il bene, ma si sbandiera anche il male. E’ il dualismo costante che caratterizza le eterne contrapposizioni all’italiana. Da che parte sta la ragione? Giustiziere invocato o angelo del male? Pedina dei cosiddetti poteri forti o servitore di stato chiamato al capezzale dell’Italia? C’è chi lo beatifica, chi lo criminalizza. D’ altronde il suo nome circolava da tempo. Ora un Gianburrasca forsennato, forte di un misero due per cento, è riuscito a metterlo a cassetta. La carrozza era impantanata, sgangherata, i passeggeri intenti a dirsele di tutti colori e a cambiare di idee e di posto come in una quadriglia. A parte quelli che cercavano di salire sulla diligenza in cerca di uno spazio personale. Di Draghi, confesso, non so molto. So però alcune cose, credo, fondamentali. Non è uno venuto dal nulla, non è uscito dal cappello a cilindro di maghetti improvvisati. Dopo il festival al quale siamo stati costretti ad assistere di tutto si può dire tranne che sia un incompetente. A differenza di tanti signor nessuno è conosciuto ed apprezzato internazionalmente. Quando è stato messo alla guida della Banca centrale europea ha salvato l’euro. Se gli altri Paesi gli hanno mosso qualche rimprovero è di avere cercato in tutti i modi di salvare l’Italia. Da chi fu favorito in quella prestigiosa carica? Ma sta a vedere che il vituperato Cavaliere, demonizzato da magistratura e sinistra, qualcosa di buono riusciva persino a farla? Ora Draghi sta cercando di comporre un governo, che affronti una situazione drammatica. E possibile pensare che di quell’Italia, che ha già salvato una volta, voglia ora affrettarne l’ agonia? Se non riuscirà nell’impresa vorrà dire che abbiamo un parlamento kamikaze.
Siamo nella stagione politica delle grandi piroette. Per non finire sott’acqua con il ministro della giustizia Conte, l’avvocato venuto dal nulla, si dimette. Ma fino all’ultimo tenta di ricucire. Telefonate nella notte con il cappello in mano. Non chiede soltanto, offre anche molto. E’ il ballo delle poltrone. Quelli che fino a ieri erano i reietti dell’era Berlusconi, con un colpo di bacchetta magica alla Silvan, si trasformano in “responsabili” in “costruttori”. Si potrebbe prospettare un Conte-ter, una sorta di governo Arlecchino tutto pezze, rattoppi e tanto schotch. Praticamente un pezzente servitore di tanti padroni. Quello che “con lui mai più” diventerebbe forse un cavallo di ritorno. E’ il Matteo ondivagante, fino a ieri carnefice, ora non si sa più come definirlo o come verrà definito. I più perseveranti a rinverdire un passato non certo esaltante sono i “grullini”. Dove la trovano più una vigna così? Dicono che sono onesti. A me pare che abbiano imparato alla Speedy Gonzales le arti del come assicurarsi il cadreghino. E l’opposizione? Il Mangiafuoco del Papeete (che errore madornale) ha perso un’ enormità, ma è ancora in testa: per cui chiede le urne. La pulzella Meloni in crescita esponenziale idem. Dovrebbe avere il tifo delle donne. Ma per lei il “me too” non vale. Il più saggio a questo punto appare, incredibile a dirsi, il cavaliere. Dal “ghe pensi mi” ai servizi sociali forse la cura, oltre a quella per i capelli, gli ha fatto bene. Ora parla di larghe intese, ammicca. Anche lui non lo fa per pura generosità, per puro amor di patria. Pensa di arruffianarsi la strada verso il Quirinale. Salvini, anche per toglierselo dai piedi, ne ha fatto il nome. Ma non è il solo. A questo punto il giro di giostra sarebbe perfetto.
Probabilmente perderò una decina di follower e anche più, come sempre mi capita, quando faccio un blog contro i Cinquestelle. Anche se li faccio quasi contro tutti. Meglio perderli che trovarli. Ma vi rendete conto chi è riuscito a mandare Grillo a rappresentarci? Dopo i ministri fai-da-te da "Corrida" di Corrado, dopo Virginiella Raggi, a Roma ecco il capolavoro assoluto del senatore Andrea Cioffi. E a questo figuro dobbiamo pure pagargli fior di stipendio? Dobbiamo salvarglielo con un governo come quello che si annuncia? A lui come a tanti altri nullafacenti che hanno aperto il mutuo e che non sono disposti a mollare l'osso. E pronti a rimangiarsi tutto quello che hanno pontificato fino a ieri. Con delle giravolte in confronto alle quali Bolle è un dilettante. Povera Italia! Cosa devono pensare i "cattivi europei" che non si fidano di noi? Grillo come sarebbe stato meglio che avessi fatto solo il comico. Non avresti se non altro avuto degli emuli capaci di fare ridere molto più di te.
Piero Sansonetti accusa: dalle carte sul caso Palamara sarebbe emersa una “giornalistopoli” della quale, però, nessuno parla. Il direttore de “Il Riformista”, che da tempo sta denunciando quello che ha definito “silenzio assoluto” sulle indagini che riguardano da vicino il mondo della magistratura non lesina accuse a nessuno, in primo luogo a Marco Travaglio definito “capo del partito dei Pm”. Sansonetti scrive: “Se il giornalismo italiano non fosse quasi interamente sottomesso alla logica delle Procure e delle intercettazioni, non ci sarebbe nessun motivo per stupirsi del fatto che restino segrete le intercettazioni che riguardano le principali firme di giudiziaria (e non solo di giudiziaria) del Corriere della Sera e di Repubblica e della Stampa e di svariati altri giornali”. E aggiunge: “ Sui politici nessuna indulgenza, anzi, nessun rispetto della legalità. L’ordine di servizio, in questo caso è: sputtaniamoli. Anche se non hanno fatto niente di male. Tutto cambia se invece le vittime del trojan diventano i magistrati e i giornalisti. Cioè la casta. Sarà forse giunto il momento di dirlo: la casta, la vera casta, è quella; la corporazione potentissima che raduna la parte più aggressiva e politicizzata della magistratura e del giornalismo. Diciamo, più semplicemente, il partito dei Pm. Il cui leader massimo, non a caso, non è un Pm ma un giornalista. È Marco Travaglio”. “Oggi il giornalismo politico, in Italia, è del tutto subalterno al giornalismo giudiziario. Questo grazie alle campagne che hanno demolito la reputazione della politica e messo in discussione persino la necessità della democrazia, dipinta come un sistema sostanzialmente corrotto. Queste campagne sono state guidate dalla magistratura (e dalla sua rappresentanza parlamentare, cioè i 5 Stelle), e forse dai servizi segreti. Il giornalismo giudiziario – non tutto, certo, ma quasi tutto – è assolutamente eterodiretto. E, per definizione, privo di indipendenza.”
Sinceramente non so più che pensare di questo unico, inconfondibile e per certi versi, nel bene come nel male, insuperabile Paese. Non bastava la pandemia. Sembra però un “optional” rispetto ai mali che attanagliano la penisola in tutti i suoi gangli. Non bastava la corruzione dilagante, non bastavano le cosche sicule, calabre o campane, non bastava l’insipienza dei politici senza distinzione di colore. Tutti arroccati sulla ricerca del consenso da tradurre in voti, poltrone e potere e lontani dagli interessi della “civitas”. Non bastava nemmeno il recente cortile mediatico degli scienziati e dei virologi, ultimi opinionisti alla moda, vanesi e in totale contraddizione nel caos del virus che uccide. E molti pare agganciati ai diktat degli imperi farmaceutici. No, non bastava. Rimaneva la speranza di essere in mano ad una possibile giustizia qualora ce ne fosse stato bisogno. Anche se sono decenni che si parla di “toghe rosse”. Ma ora persino i magistrati rivelano la loro pochezza, la loro infingardaggine, il loro estraniamento totale all’etica del giudice-magister al servizio dello Stato e del cittadino. Non bastavano quanti già si erano dati alla politica, dando dimostrazione soprattutto di un ego spropositato e di un narcisismo galoppante. Ora le intercettazioni, che riguardano il “galantuomo” Palomara e che coinvolgono un codazzo di giornalisti-vassalli vengono a ricordarci in quale baratro è sprofondato il senso civico. Il bello è che quella che a me pare una enormità, nei più grandi giornali, purtroppo coinvolti, non viene “sparata” in prima pagina come la gravità dei fatti meriterebbe. Va di moda il brutto e ridicolo aggettivo coeso. Nella realtà ha molto più successo il termine colluso.
Una beatificata, l’altra massacrata. Da una parte la battagliera Rula Jebrael, dall’altra la vistosa Diletta Leotta. Il monologo della prima era straziante, ha ricevuto consensi da ogni parte. Ma c’è un ma …, il testo come era comprensibile, non era suo e a quanto pare non sono bastate nemmeno quattro mani. Dunque con tutto il rispetto, per la tragedia della madre, Rula che se la tira è venuta soprattutto come attrice. In linea con le foto complici con il produttore-stupratore Weinstein, quello del “Me too” e con la vicinanza con una cantante struprofilo invitato a Sanremo. Se fosse stata coerente avrebbe dovuto rifiutare di presentarsi su quel palco. Ma si sa che cosa non si farebbe per l’audience, soprattutto quella personale. E soprarutto fare pubblicamente i nomi degli autori del testo per il quale viene oggi osannata Come da calcolo preciso. Brava, ti sai gestire al meglio come donna-azienda.
Tutto il contrario per la giornalista sportiva Diletta Leotta. Il suo monologo, per la verità troppo lungo, era semplice, fresco anche se ruffiano (meno comunque di quello di Rula) e lei lo ha recitato senza sbagliare toni e parole. Diletta è andata sul dilettevole, dandosi persino della bona, ma insistendo troppo sugli insegnamenti della nonna in platea. In un Festival che vorrebbe esaltare la bella famiglia italiana. Anche quella allargata di Albano, che dopo le belle mogli sta promuovendo le figlie . Diletta a mio parere è risultata semplice, sincera, garbata. E se le donne possono indossare liberamente quello che vogliono, perché non dovrebbero cercare di diventare come vorrebbero? Diletta non sarà una paladina, si accontenta del suo essere donna. Forse troppo poco per questi tempi rovesciati di inizio millennio in cui lui diventa signorina mentre lei imbraccia il fucile.
Stiamo assistendo alla mutazione genetica e silenziosa di un Paese. Di quello che per due volte, con i Romani e il Rinascimento, è stato faro della civiltà occidentale nel corso della storia. Credo un caso unico. Purtroppo al decadimento attuale, colpa di svariati fattori (la politica innanzi tutto), si aggiunge il rischio di un allontanamento progressivo, ma tutto sommato rapido, da quelle eredità. Si assiste difatti allo spopolamento della parte giovane e migliore dell’ Italia, nella stragrande maggioranza laureata, che cerca all’ estero un futuro che lo stivale non è più in grado di assicurare. Un vuoto riempito dall’ affluenza di un’ umanità di colore o meno, di difficile integrazione, di religione diversa, di costumi diversi, di cultura diversa, quando non di una subcultura dovuta alla povertà e alla miseria o di una autentica appartenenza al sottobosco del crimine. Esportiamo cervelli, importiamo persone che possono andare a riempire, nel migliore dei casi, la bassa manovalanza. Ne consegue un abbassamento del livello medio della popolazione. Fenomeno che farà felice solo la Boldrini e che non accade in altre parti dell’ Europa, per cui l’ Italia, già considerata un anello minore della catena europea, continuerà ad allontanarsi sempre di più dagli standard continentali. Se si andrà avanti in questa direzione non rimarrà che il passato per una parte residua degli italiani sopravvissuti, un passato che l’altra parte ignorerà, probabilmente in molti casi rinnegherà o non saprà cosa farsene. In una spaccatura foriera solo di incomprensioni e di regressioni . C’è solo da sperare di non avere ragione.
In principio furono i girotondini: intellettuali, persone serie e non di una certa età che, dandosi la mano, facevano come i bambini, poi venne il “popolo viola”, che scelse un colore mortifero, si rivelò profetico per lo stesso movimento. Seguirono i “vaffa day” del comico canuto e nacquero i “cinque stelle”. Quasi tutti folgorati e miracolati dalla politica all’ italiana. Ora è la volta delle sardine. Il loro leader è un emulo di Di Maio. La ribalta del nulla o quasi. Sono i piazzisti, si ritrovano in piazza, del nuovo presunto. Contro vecchiume e corruzione che sarebbero sempre binomio di una destra gravata di tutte le colpe possibili rispetto agli eternamente puri. Di fronte a questa recente cronistoria è difficile scrollarsi di dosso l’ accusa di “Paese di Pulcinella”. Di un teatrino tragicamente, surrealmente comico a fronte dei gravi problemi del Paese. Un paese-sardina-pesce-piccolo che si immola sardonicamente, tra una piazzata-diversivo e l’altra, nelle fauci dei pesci grandi dell’ Europa. In attesa di una tammuriata o di un saltarello.
Il reuccio del vaffa, ovvero il Grillo sparlante, che dovrebbe data l’età tacere, visto che vorrebbe togliere il diritto di votare alle persone anziane, ha blindato sul fronte delle stelle la leadership di Giggino detto il bibitaro che, ignaro di storia e geografia, è diventato Ministro degli esteri. Come un grazioso giovincello, senza arte né parte, rispolverato nel look da manichino possa intrattenersi con personaggi come Trump o Putin è un mistero buffo che solo questo squinternato Paese poteva inventarsi. Dove i politici sono diventati i protagonisti di un’opera dei pupi. Mentre la disperazione degli italiani ormai fa confluire il voto al primo che si alza a denunciare le malefatte di chi lo ha preceduto. Sbandierando il vessillo dell’ onestà. Da strappare poi lungo la strada del potere. Al punto che gli stellati rischiano di essere ora ingoiati dalle sardine, meritevoli di fare opposizione all’ opposizione. Altro colpo di genio di questa Italia da barzelletta. Dove si scopre che il Gigetto della Farnesina sta spendendo per il suo dicastero più di quanto ha fatto Angelino Alfano, tre volte quanto ha fatto il ministro precedente. Per circondarsi di uno stuolo di famigli, dicesi otto,che gli facciano da badanti. Per colmare le sue lacune che sono tante, profonde come le tante buche nelle strade della stellina Virginiella Raggi, a sua volta ripetutamente inciampata nella mangiatoia delle consulenze. Soldi nostri gettati al macero (come per Giggi-er-bullo) della sua impreparazione, equivalente solo alla sua ambizione. Per non parlare della stellata ed ex ministro della difesa Trenta-senza-lode, pervicacemente avvinghiata, fino all’ altro ieri, alla difesa del suo benessere privato, requisendo una casa di 180 metri in pieno centro di Roma al prezzo di una mancia in un ristorante cinque stelle. Perché tutti si fanno belli, se si tratta degli antagonisti, gridando “Al lupo, al lupo!”. Salvo poi fargli fare la cuccia nel proprio giardinetto. Mentre le stelle stanno a guardare.
Sarò arrivato ad un’età veneranda, sarò fuori tempo, sarò retrogrado, ma sono rimasto basito ascoltando alcuni spezzoni della trasmissione “La zanzara” su Radio 24 del Sole 24 ore. Due conduttori-prevaricatori esagitati come in una tv privata, che non lasciano spazio agli interlocutori, un rifiuto a priori e gli scherni più beceri per tutto ciò che è di destra, il che sarebbe niente se non fosse condito da un linguaggio da suburra. Per due o tre ascolti casuali mi sono trovato a che fare con un “mia moglie non mi fa leccare la f…, con un pompino, con un vietato soffiare nella vagina con una di-scarica di incazzato e di vaffa ogni minuto e via così. Il tutto diretto da due giornalisti forsennati, di cui preferisco non fare il nome, a dimostrazione di dove è arrivato certo giornalismo. Ma il bello è che la cosiddetta “Zanzara”, questo il titolo della trasmissione, che va avanti per due ore, quando anche minori e bambini la possono ascoltare, figura come uno dei programmi di punta dell’emittente, che fa capo alla Confindustria. Come a dire che il livello e i gusti dei nostri beneamati Paperon de Paperoni dell’imprenditoria italiana non si distaccano dal famoso bunga-bunga. Come se non bastasse “La zanzara” ha avuto parecchi riconoscimenti, fra i quali una Grolla d’oro come “migliore trasmissione della sera”. Devo essere proprio Matusalemme.
Il partito nato sul “vaffa” si è preso in Umbria un sonoro “vaffa”. L’ennesima bolla di sapone della politica italiana pare si stia definitivamente sgonfiando. Confesso che pensavo avvenisse molto prima. Lievitati a dismisura sulla disperazione, agitando lo specchietto di allodole del cambiamento, stanno rientrando nei ranghi sull’ onda della delusione. Con il damerino miracolato Di Maio a fare da imbonitore calante. Anche i pifferai della sinistra non incantano più nessuno. Maestri nell’ arte della diffamazione, dei due pesi e due misure e del camaleontismo dovrebbero progressivamente ridursi a loro volta. Hanno nel nome il riferimento alla democrazia. Non sanno cosa sia visto che da tempo governano a dispetto delle indicazioni dell’ elettorato. Che si sente tradito anche da “semper ridens” Zingaretti.
Salvini è Il Brancaleone della situazione. Lo fanno apparire come l’orco cattivo, anche se non dice cose trascendentali, ma non ha il rispetto del ruolo. Le felpe, il linguaggio volgare, le foto da amante latino sulle spiagge con la fidanzata, l’oltraggio all’ inno di Mameli ne fanno un leader che ci rappresenta anche nel peggio e inviso all’ Europa. Un’ Europa che, stritolata fra America, Cina e Russia, dovrebbe solo rafforzarsi e trovare un’ unione di intenti di là da venire.
L’ unico partito in crescita è quello della pasionaria della destra, la battagliera Meloni. A volte esagitata, bisogna però riconoscerle il merito di essere stata fino ad ora coerente, a differenza di tutti gli altri. Se non partisse con l’ handicap e l’ eredità di un’ origine estremista la sua ascesa sarebbe ancora più vistosa. Ma resta da attenzionare.
E’ un tramonto triste quello dell’ uomo che nell’ ultimo ventennio ha caratterizzato la politica italiana. Ne hanno fatto un mostro e lui personalmente ha contribuito non poco alla creazione del cliché. Berlusconi poteva dare una sterzata all’ Italia, non è stato in grado di farlo ed è stato osteggiato in tutti i modi anche a livello europeo. Aldilà dei suoi errori lascia un segno, ci ha salvato dal comunismo e sicuramente verrà rivalutato.
Un panorama triste, che ormai sfocia in una faida personale fra Conte, Di Maio e Salvini. Fino a ieri lingua in bocca, ora acerrimi duellanti. Hanno governato un anno insieme. Quanto basta per capire se la controparte era affidabile. Non l’hanno capito, il Presidentino del Consiglio in primis. Ora l’avversario, ex alleato, è solo un nemico da odiare. Povera Italia. Mentre all’ orizzonte non si vede una personalità, che possa prendere il timone e portare il Paese fuori dalla melma.
Questo paese deve avere il mestruo. Tra uno sgozzamento e l’ altro, fra un eccidio di cristiani e l’altro, mentre in San Pietro papa Bergoglione inaugura una barca necrofora scura e zeppa di migranti in omaggio ai “disperati” del Mediterraneo, cosa ti inventa la Chiesa per venire incontro ai nostri fratelli dell’ Islam,così gentili e aggraziati, che usano la spada, mentre noi porgiamo sempre l’ altra guancia? Roba da fare venire le traveggole a Giovanni Rana. Sì perché il vescovo di Bologna, prossimo cardinale, ha deciso che i tortellini vanno confezionati anche al pollo, evitando la sacrilega carne di maiale. Come se non bastassero la cancellazione dei presepi e quant’ altro nella progressiva rimozione delle radici cristiane. Alla quale fa da eco il suggerimento di un neo-ministro- stro … : ovvero la soppressione del crocifisso dai posti pubblici. Roba che nemmeno proponeva quell’ esaltato musulmano che a “Porta a porta” lo definiva “un cadaverino su un pezzo di legno”. E se la barca va, sui sampietrini di piazza San Pietro, in totale controtendenza arriva una notizia che ha del surreale. La denuncia da parte dello Stato Città del Vaticano e di un Monsignore nei confronti di uno dei tanti “vu cumprà” per la vendita di oggetti contraffatti riguardanti la Santa Sede. Come a dire gli facciamo le docce, li accogliamo nella città del Vaticano, facciamo campagne e omelie solo a loro favore, ma se ci toccano nel portafoglio, li trattiamo da criminali. Come quei poveri scannati di circa 40 italiani che hanno bussato alla Caritas per sentirsi rispondere: “Accogliamo solo migranti”. E pensare che se l’ Islam non ha già conquistato l’ Europa il merito è soprattutto della Chiesa di Roma per quanto riguarda il passato. A parte l’ errore della caduta di Costantinopoli, la “seconda Roma”, nel 1453. Dal Bosforo chiedevano aiuto. In Occidente nessuno credeva che fosse possibile una conquista da parte dei Turchi. E si rispose ad ogni appello con la totale indifferenza. Fu così che Maometto II entrò in Santa Sofia e percorse da trionfatore le strade rosse di sangue della città. Perché è così, nella rimozione di ogni avvertimento e di ogni segnale, che cadono gli imperi.
GRAZIE A QUESTO GOVERNO HO CAPITO FINALMENTE LA CHIAVE DI LETTURA DEL LINGUAGGIO POLITICO.
SE UNO DICE O PROMETTE QUALCOSA, ALLE PAROLE SEGUIRà L’AZIONE ESATTAMENTE CONTRARIA.
Ma esiste ancora uno Stato, la Nazione italiana? Una ragazzetta tedesca , se ne infischia di ogni avvertimento e viola le leggi del nostro paese fra gli applausi di molti ammiratori della sinistra-kamikaze. In Germania, rimosso il ricordo del nazismo e della purezza del sangue, i giornali rincarano la dose. Ad opporsi a Carola, scrivono, è stata una “plebaglia”. Persino dal Vaticano si permettono “scherzi da prete” e l’ elemosiniere del papa si tramuta in elettricista, staccando i sigilli apposti alla luce, contravvenendo alle disposizioni dettate dalla convivenza comune. Sindaci (Leoluca Orlando ed altri) ed esponenti della sinistra, quelli che non mangiano i bambini, ma li torturano psicologicamente, come accaduto a Bibbiano, a loro volta incitano a non tenere in conto la legge. Parlamentari salgono a bordo di un’ imbarcazione che non rispetta le regole della navigazione e ignora i legittimi diktat. Per l’omicidio Regeni l’Egitto si permette di prenderci in giro da mesi. Lasciando impunito l’atroce assassinio con tortura di un giovane italiano. In Francia alla presenza del Mattarella assenziente si commemora il genio del “francese” Leonardo da Vinci. In America si buttano giù le statue dello “stragista” italiano Cristoforo Colombo senza che nessuno alzi un dito. In Europa non ci considera nessuno, visto che siamo indebitati fino al collo, mettendo a rischio le generazioni che verranno. Possiamo rivendicare solo un grande passato (tradito). Ma ci stiamo giocando seriamente il futuro. E SOPRATTUTTO LA FACCIA.
CACCIARI A CACCIA “DEI TESTA DI C…”, DEL SUO PARTITO
PERCHÈ L’ABORTO SÌ E LA DOLCE MORTE NO?
L’ITALIA È UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO: DEGLI ALTRI
Viene da Rifondazione comunista, da sinistra italiana ecologia e libertà l’on. avvocato pugliese Arcangelo Sannicandro, il quale si è scagliato contro la proposta dei 5 stelle di tagliare gli stipendi. Il difensore delle classi deboli, degli sfruttati, il nemico del capitalismo si è ribellato. Con quali motivazioni? “Non siamo mica l’ultima delle categorie, non siamo mica lavoratori dipendenti, siamo politici, mica metalmeccanici”. Mi ricorda stranamente le parole di un certo Marchese del Grillo. “Io so’ io e voi nun siete un cazzo!” Per la serie della sinistra che fa tragicamente ridere. Non vorrei essere nei panni di un metalmeccanico che l’ha votato.
Tassisti e ambulanti mettono a ferro e fuoco Roma. Centro bloccato, traffico impazzito, milioni di cittadini in sofferenza, inaudita e inconcepibile violenza. E Il sindaco-a di Roma che fa? “Siamo con voi”. Tanto va sull’auto blu con la scorta. Ma quando volevano manifestare contro di lei ha vietato ai contestatori piazza del Campidoglio. L’altra caporalessa imbellettata, madama Boldrini, non condanna, ma cinguetta: “Sei bombe carta non mi sembrano una cosa normale”. Ma è questo che ci si aspettava dalle donne in politica?
Vedo che tutti si sbattono per il sì o per il no. Non sempre dandone motivazioni plausibili. Vedo che il no è dato in netto vantaggio. E allora anche io mi butto nella mischia con il rischio di alienarmi più di un’amicizia. Perché in Italia da sempre è purtroppo così: se non sei con me sei contro di me. Il perché e il percome? Superflui.
Il terremoto ha devastato il centro Italia. Al di là della tragedia, che fra l’altro non accenna a finire, è l’occasione per riscoprire un Dna dell’Italia fatto di splendore. Basta guardare i borghi, come nidi di pietra appollaiati sulla cima delle colline, le chiese, la meraviglia della natura e la ricchezza dell’arte sparpagliata dovunque, dove mai avremmo pensato: la chiesa di San Benedetto, la pala del Tiziano … e le innumerevoli meraviglie sconosciute che affiorano fra le macerie. Perché l’Italia è questa. Uno scrigno, un tesoro di bellezza unico al mondo.
In italia siamo sempre al regime. Trovo incredibile che in Italia, cosa che non mi pare accada in nessun altro paese, a distanza di circa 70 anni le parole fascista e fascismo, regime (ma dove?) siano ancora le più gettonate per infamare e cercare di mettere alla gogna l’avversario in mancanza di ulteriori argomenti concreti. Accade frequentissimamente nelle volgari zuffe parlamentari, ma soprattutto è accaduto ai recenti capi del governo. E’ accaduto a Craxi, è accaduto a Berlusconi, sta accadendo a Renzi, che, guarda caso, non è considerato di sinistra.
Un Salvini con bavaglio alla bocca, immortalato davanti al drappo delle Brigate Rosse con la stella a cinque punte. Una foto rilanciata su facebook. In uno scellerato riciclaggio dell’immagine di Aldo Moro prima del suo assassinio. E’ l’opera di un ebete? No, di un esponente ufficiale di un partito che si qualifica “democratico”, tale Edoardo Michele Castaldi, un ventiseienne del Pd di Sarzana.
Ho visto e ascoltato su fb il farneticante comizio di De Magistris a Napoli. Una prestazione da sceneggiata napoletana per sollecitare più che la pancia le budella del “popolo”. “Renzi vai a cagare”, “Io sono con i centri sociali” e via così blaterando di rivoluzione.”, “Se mi fanno fuori ci siete voi.” “Hanno fatto di tutto per comprarmi, io non sono in vendita.”Io alla poltrona non ci tengo”. Strano che abbia fatto di tutto per tenersela. Un campionario di volgarità, un tono magniloquente da pazzariello-Masanielletto della peggiore specie. Con acuti da tenoretto contrassegnati da applausi scroscianti a livello “claque”. Un “personaggetto” direbbe il De Luca di Crozza. Aveva promesso, fra l’altro, di risolvere in poco tempo il problema spazzatura. Uno dei golfi più belli del mondo continua ad essere immortalato fra montagne di rifiuti. A pensare che questo era un magistrato e che come tale dovrebbe essere dotato di equilibrio di giudizio vengono i brividi. Lo stesso ad immaginare una città preziosa e difficile come Napoli finita nelle sua mani.
Mi piacerebbe poter essere di sinistra. Non certo di estrema sinistra, diciamo ”liberal” all’americana. Ma in questo paese è impossibile. Sono disgustato da questa sinistra forcaiola, camaleontica, falsa e ipocrita che ha gettato l’Italia nel disastro, che viviamo giorno per giorno.