Di Mario Draghi si sa tutto il bene, ma si sbandiera anche il male. E’ il dualismo costante che caratterizza le eterne contrapposizioni all’italiana. Da che parte sta la ragione? Giustiziere invocato o angelo del male? Pedina dei cosiddetti poteri forti o servitore di stato chiamato al capezzale dell’Italia? C’è chi lo beatifica, chi lo criminalizza. D’ altronde il suo nome circolava da tempo. Ora un Gianburrasca forsennato, forte di un misero due per cento, è riuscito a metterlo a cassetta. La carrozza era impantanata, sgangherata, i passeggeri intenti a dirsele di tutti colori e a cambiare di idee e di posto come in una quadriglia. A parte quelli che cercavano di salire sulla diligenza in cerca di uno spazio personale. Di Draghi, confesso, non so molto. So però alcune cose, credo, fondamentali. Non è uno venuto dal nulla, non è uscito dal cappello a cilindro di maghetti improvvisati. Dopo il festival al quale siamo stati costretti ad assistere di tutto si può dire tranne che sia un incompetente. A differenza di tanti signor nessuno è conosciuto ed apprezzato internazionalmente. Quando è stato messo alla guida della Banca centrale europea ha salvato l’euro. Se gli altri Paesi gli hanno mosso qualche rimprovero è di avere cercato in tutti i modi di salvare l’Italia. Da chi fu favorito in quella prestigiosa carica? Ma sta a vedere che il vituperato Cavaliere, demonizzato da magistratura e sinistra, qualcosa di buono riusciva persino a farla? Ora Draghi sta cercando di comporre un governo, che affronti una situazione drammatica. E possibile pensare che di quell’Italia, che ha già salvato una volta, voglia ora affrettarne l’ agonia? Se non riuscirà nell’impresa vorrà dire che abbiamo un parlamento kamikaze.