Non me ne vergogno. Sono fra quanti, fin bambino, seguono il Festival di Sanremo. Una delle poche manifestazioni italiane conosciute e seguite nel mondo. Come lo era una volta il Festival del cinema di Venezia.Che fu rovinato dalla contestazione. Per cui il primato passò a Cannes. Considero la kermesse una tradizione da non condannare snobisticamente. Ho seguito due volte la gara come inviato speciale del giornale. Un caravanserraglio che, miracolosamente, va in diretta senza inciampi. E veniamo a questa edizione “speciale”. Credevo in un super-record, perché la gente è costretta a stare a casa. Mi sono sbagliato. I motivi sono soprattutto dei responsabili. Il pre-festival inizia con un trio imbarazzante, due lei, una negata l’ altra patetica, più un lui inutile. Fiorello, tranne in qualche caso, è parso esagitato, sbiadito. Ha insistito nel fare il pagliaccio, coinvolgendo Amadeus, in duetti penosi. I “quadri” di Lauro sono presuntuosi e al limite del blasfemo. Da tempo le canzoni sono incomprensibili, assolutamente non orecchiabili. Al punto da fare rimpiangere “Papaveri e papere”. La melodia, l’ armonia si sono trasformate unicamente in un urlo strappa-corde-vocali. Vedi la vittoria dei Maneskin. Le filastrocche dei rapper hanno stufato. Al confronto Ermal Meta e Orietta Berti sembrano marziani. I tempi sono disperatamente lunghi. Eliminare l’ introduzione, dimezzare la scala, dove le donne sono costrette a scendere i gradini ad occhi bassi per non ruzzolare. Tagliare, tagliare. Ma sono soprattutto due i fenomeni di costume che mi hanno impressionato. Le italiane erano note e apprezzate per essere formose. Queste sono tutte una pialla. C’è un mutamento genetico in corso? La moda italiana era la più apprezzata nel mondo. Questi sono vestiti, tranne la finale, da grandi firme come peggio non si potrebbe. Ma si è sicuri di fare, di fronte alla platea internazionale un favore al Paese? L’ unica sorpresa è venuta da uno svedese: Ibrahimovic.