Ruggero Marino a ottobre all'Istituto Italiano di Cultura di New York
Vale ancora la pena di parlare del navigatore genovese la cui nazionalità ancora solleva molti dubbi.
Templare e profeta, semplice marinaio o membro di una famiglia nobile, coltissimo o tanto povero da non potersi permettere libri; nato in Galizia, Corsica, Liguria o in Norvegia; ligure per i suoi contemporanei o genovese solo in virtù di un accordo diplomatico, suggellato dal governo Mussolini, mentre oggi si fa avanti la teoria ispanica; figlio, non solo spirituale, di Papa Innocenzo VIII: molti sono i dubbi sollevati sul conto di Cristoforo Colombo, la maggior parte portata alla ribalta da Ruggero Marino che da oltre 15 anni, tenta di dimostrare che il navigatore sapeva esattamente dove sarebbe giunto a bordo delle sue Caravelle.
A 500 anni dalla morte di Cristoforo Colombo vale ancora la pena di parlare del navigatore la cui nazionalità e', oggi, ancora tutta da definire e della sua ''cosiddetta scoperta dell'America'', temi dibattuti oggi nell'incontro de ''I pomeriggi della Società Geografica Italiana'' da studiosi e giornalisti convissuti che la storia non si scrive una volta per tutte . A partire da ''Cristoro Colombo. L'ultimo dei templari'', il volume di Ruggero Marino edito da Sperling & Kupfer - Rai Eri, la geografa Simonetta Conti, la storica Irene Fosi, Annamaria Rimoaldi, presidente della Fondazione Bellonci e l'autore del volume, moderati da Luigi Saitta, giornalista del Tg1, si sono confrontati sul tema.
Perché discutere ancora oggi di Cristoforo Colombo? Secondo le nuove ipotesi, il navigatore non si trovò per sbaglio in America, ma vi era coscientemente diretto, protagonista di una storia ben diversa da quella che conosciamo. L'errore o l'omissione storica, non deve stupire: basta pensare che nel 1930 fu ritrovata a casa del cardinale di Toledo un'antica edizione de ''Il Milione'' di Marco Polo che e' stata alla base della ricostruzione più vicina al testo originale, ormai disperso. Fino al 1930, infatti, gli italiani lessero quello che rappresentava appena un terzo de ''Il Milione'', quello tramandato dal codice dell'Accademia della Crusca per tutti i vuoti lasciati dai tagli eseguiti dagli accademici sugli argomenti ritenuti poco interessanti. Su quel fondamentale testo originale si era formato anche Cristoforo Colombo, il quale dovette capire prima dei contemporanei che, tra i vari viaggi, Marco Polo giunse anche in America.
D'altra parte, risulta difficile ricomporre il puzzle non solo della vita del navigatore, ma anche del periodo storico complesso e contraddittorio che è quello della seconda metà del Quattrocento. Una sorta di terra di nessuno in cui, dopo la caduta di Bisanzio, in Italia si mescolano suggestioni occidentali e orientali; in cui si afferma il Rinascimento, che celebra la razionalità dell'uomo, e l'anti-Rinascimento, che vede l'affermarsi dell'astrologia e della superstizione; in cui domina un papa ''straniero'', Innocenzo VIII, pontefice genovese che dominò su un periodo di grandi torbidi, sulla codificazione della persecuzione della stregoneria e sull'intreccio economico dei grandi banchieri liguri, finanziatori di spedizioni e viaggi. Un Innocenzo VIII che conservava nella propria biblioteca un antico codice alessandrino che forniva già le giuste coordinate per giungere al nuovo mondo.
Intanto, per sbrogliare almeno il dilemma della nazionalità di colombo, l'Università di Tor Vergata sta conducendo delle analisi basandosi sul Dna (anzi, sul cromosoma Y che si trasmette identico da padre a figlio) del figlio di Cristoforo, Hernando Colombo, sepolto a Granada e confrontandolo con quello delle varie coagulazioni che ne rivendicano la paternità. Il problema è che gli scienziati dovrebbero, per avere la certezza del risultato, essere così fortunati da trovare una corrispondenza solo o in Italia o in Spagna. Sono state inviate 150 lettere, con tanto di cotton fioc per il prelievo della saliva, a tutti i Colombo liguri, nell'attesa di un risultato da annunciare nel maggio 2006, in occasione delle celebrazioni del cinquecentenario.
Nel frattempo, Ruggero Marino, che a ottobre sarà all'Istituto Italiano di Cultura di New York con il suo libro, cosa che indica l'interesse suscitato dalle sue tesi, continua a porre questioni su un argomento che fa arrabbiare non pochi storici.
''Quando iniziai questa ricerca, nel 1990, fui vittima di un atteggiamento razzista: venivo trattato come un bambino che usasse impicciarsi di affari non suoi. Oggi, ospitato in questa sede prestigiosa, mi sento come lo Stato di Israele finalmente accettato dalla Palestina - ha dichiarato l'autore che, rispondendo alle critiche, ha aggiunto - io non scriverò mai di storia, altrimenti nessuno mi leggerebbe, ma continuo ad affermare, come giornalista, che Colombo di oggi non sta in piedi: e come se un marocchino entrasse negli Stati Uniti e andasse da Bush per chiedere tre astronavi per esplorare altri mondi che afferma di conoscere''.