Salvini in un raptus di mania di grandezza si atteggia a Padreterno facendo recitare ai sindaci il “Io credo”. Letta, pur osservante, fa il contrario, butta alle ortiche, alla stregua della Cirinnà, la triade alla quale si ispira ogni civiltà Dio, patria, famiglia.
Inoltre se gli si toglie l’argomento Salvini-Meloni o il riciclo di proposte vecchie e stantie, pare incapace di esprimere una idea una, che consenta di immaginare un futuro migliore possibile. Sia pure con un tono garbato il suo è un atteggiamento livoroso, da metodo Boffo, evidentemente ancora non ha superato il trauma della campanella, quella che fu costretto a passare a Renzi subito dopo il famoso “stai sereno”. Non fa che agitare fantasmi e prospettare film “horror” nel caso, come previsto, vincesse la destra. Facendo appello all’Europa per diffamare ulteriormente un Paese che non gode certo di credibilità. Letta sarà un buon professore di economia sarà in grado di scrivere libri, ma la sua statura di leader del Pd o di statista appare di una pochezza disarmante. Il guaio è che la sinistra si è abituata a mascherarsi da vincitrice, pur perdendo regolarmente. E non ha certo intenzione di abdicare al potere. Basta vedere come, sempre Letta, ha tentato di raschiare il barile cercando di accogliere tutti nel suo cocktail indigesto di partiti e partitini nanerottoli. Un caravanserraglio (non tutti) spesso abbarbicato al poltronificio, male comune, per la verità, di questa stagione politica.