Aldilà dei risultati, che sono incontrovertibili, ci si augura che queste elezioni segnino il “de profundis” del “mantra” utilizzato sempre dalla sinistra italiana, per demonizzare l’avversario al grido di “fascista”.
È stato ancora il cavallo di battaglia del Pd e di un Enrico Letta granitico nell’errore e nell’assenza di un minimo di fantasia (tipico dei professori). A forza di gridare “al lupo, al lupo” le urne dimostrano che ormai gli italiani ne sono arcistufi, che al “mostro” non ci crede più nessuno e che il popolo non abbocca più al bluff che gli si vorrebbe ammannire a distanza di circa un secolo. Anche perché il fascismo non è solo un’ideologia politica, ma è soprattutto un modo talebano di pensare che alberga lungo tutto l’arco costituzionale, senza alcun riferimento ad un passato morto e sepolto, se non per quattro gatti tarati con la mano alzata. In un pregiudizio che danneggia l’Italia intera, visti gli avvertimenti giunti dall’Europa e visto il titolo di un quotidiano straniero, che fa il nome addirittura di Mussolini. La Meloni, che ha stravinto, è un’incognita tutta da verificare. Ma per favore dimenticate, seppellite la parola fascista. Ha fatto il male dell’Italia nel secolo scorso. Solo a nominarlo ancora potrebbe fare ulteriormente il male del Paese.