Intervista tratta dalla rivista "Mystero".
Di Alessandro Moriccioni e Andrea Somma
Lo studioso Ruggero Marino continua a parlarci del geniale esploratore che nel 1492 scoprì un intero continente. Attraverso il suo nuovo volume “Cristoforo Colombo l’Ultimo dei Templari”, Marino svela al mondo la vera identità di Colombo, del navigatore “portatore di Cristo e della pace universale”, e i nuovi retroscena nascosti della scoperta dell’America.
Nell’estate del 2004 potemmo leggere parte di un testo dattiloscritto inedito che capimmo immediatamente essere destinato a sollevare un polverone tra gli storici. Non si trattava di una ricerca qualsiasi, ma del saggio di uno tra i più esperti biografi di Cristoforo Colombo. Di uno storico, che come abbiamo visto, per tutta la vita ha vissuto da giornalista, come inviato, editorialista ed attento osservatore del costume, alla ricerca anche di notizie inedite. Ma che lo “scoop” più importante non l’ha pescato tra i fatti d’attualità, ma lo ha rispolverato nella soffitta della storia. Quel testo, ancora in fase grezza, rimase in attesa di un editore per oltre un anno e fermentò nell’hard disk del nostro computer. Si dice che niente avviene mai per caso e probabilmente è vero, perché le modifiche che il testo subiva nel frattempo lo rendevano non solo più corposo, ma soprattutto più resistente alle critiche di esperti che troppo spesso si trincerano dietro il dogma della presunta scientificità per mettere al riparo la loro ignoranza “doc”. Ciò che era accaduto al primo libro di questo storico, e che abbiamo documentato in una precedente intervista, rifletteva appieno il boicottaggio che il volume in questione stava subendo. Anche se quando raccontavamo a giornalisti e scrittori le pene che questo testo pativa loro rispondevano sempre: “Ruggero Marino? Lo conosciamo e stimiamo il suo lavoro”.
Tutto è pronto
Finalmente ci accordiamo per un’intervista. Il libro di Marino Cristoforo Colombo l’ultimo dei Templari è da poco uscito per la casa editrice Sperling & Kupfer e Rai Eri. Siamo stati incaricati di recensire il suo saggio così, per la seconda volta, ci ritroviamo assieme nel suo studio a discorrere sulle novità contenute nel suo documentatissimo libro.
Teniamo in mano quel tomo tanto ricco di notizie esplosive, in un crescendo di fuochi d’artificio. Marino ci sorride, la sua figura bonaria sembra emergere dalla penombra della stanza. Il suo sorriso gentile nasconde l’aria beffarda dell’uomo che ha vinto su tutti i pregiudizi. “Mi raccomando fatemi da tam tam, perché questa volta sarà ancora più dura!”, scherza. Tuttavia traspare una certa fiducia negli occhi che noi teniamo a non deludere.
Sistemiamo il registratore, si fanno quattro chiacchiere e poi si parte. Ruggero Marino gioca in casa, perché ora fa parte di quella schiera di storici che lo hanno duramente criticato in precedenza, essendo entrato a far parte del Comitato scientifico per le celebrazioni colombiane voluto dal ministro ligure Scajola, sulla scia di un’idea di Bruno Aloi.
Che accadrà ora che sono stati costretti ad accoglierlo tra di loro? Cambierà anche la storia?
Un libro bomba
Sorseggiando un caffé, comodamente seduti su di un divano, lo vediamo distendersi alla prima domanda che gli poniamo:
Come è nata l’idea di un nuovo libro che seguisse il suo primo lavoro “Cristoforo e il Papa tradito”, considerato il fatto che era già soddisfacente?
E’ chiaro che la ricerca non finisce mai, specie in un tema come questo. Infatti io dico che è un labirinto dove si aprono sempre porte nuove e purtroppo percorrere tutte le strade non è facile, quindi certe volte leggendo un libro, su 300 pagine, può esserci una sola riga utile, ma preziosa per aprire una di queste porte. Io non ho mai abbandonato il lavoro di approfondimento, per cui cerco sempre nuove prove che possano avvalorare le intuizioni, le teorie e le verità. Si tratta di un work in progress e perciò anche io probabilmente strada facendo dirò delle cose che sarò costretto a smentire, a causa di dati che improvvisamente potrebbero indirizzarmi verso altre direzioni. Forse talvolta sarò costretto a cambiare opinione. Il che si può fare solo se si è onesti. Perché poi ci sono anche quelli che rimangono della stessa idea vita natural durante, nonostante tutte le prove contrarie. Non lo fanno per difendere la verità, ma solo per difendere se stessi. Come la “tangentopoli intellettuale” o l’”intellettopoli”, soprattutto femminile, che da tempo si è formata su Colombo. Sul quale spesso si fanno convegni che hanno il sapore dell’aria fritta.
Io mi sono limitato a continuare la ricerca, per cui in tutta coscienza posso ribadire che la storia di Colombo è tutta da scrivere e a sostenere che la scoperta dell’America, così come ce la raccontano, è un “fumetto d’antiquariato” o una “soap opera” dannata e d’annata. Se appena appena si studiano gli scritti di Colombo ci si rende conto che la vicenda è stata aggiustata a fini politici e non ha quasi nulla di scientifico. Insisto perché non potrò mai credere che Colombo sia figlio di Domenico Colombo e Susanna Fontanarossa. Secondo me, invece, è un uomo che appartiene ad una casata nobiliare ed ha una statura culturale, intellettuale, etica e morale molto alta, che non si poteva muovere se non appoggiato da forze precise, potentati e quant’altro. Ripeto, cerco di ribaltare quella che è l’opinione corrente su Colombo, facendo di quello che sembrava un vu cumpra’ un protagonista completamente differente.
Il primo libro è servito a dare un’immagine di Colombo diversa, legandolo ad un papa, Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo, che era sparito, cancellato dal successore spagnolo, il Borgia. Oggi vedo che, grazie al cielo, si parla di Colombo come di una personalità molto complessa. Sento dire in televisione che ha avuto a che fare con più di un papa, oltre il Borgia. Si parla sempre di ultime ricerche, ma non si dice mai chi ne è l’autore. In questo senso l’erede di Taviani, la professoressa Araldi, sta dimostrandosi una vera specialista. Ha finalmente scoperto Innocenzo VIII, nonostante lo avesse in casa a Genova, ma si guarda bene dal fare riferimento ai miei lavori. Taviani se non altro si distingueva per un minimo di onestà. Insisto su questo aspetto, perché voi sapete che si tratta di un punto dolens, visto come è stato scorrettamente osteggiato in precedenza il mio lavoro e soprattutto perché adesso, nel secondo libro, che è anche un saggio con tanto di 70 pagine di note, mi appresto a sfatare il fatto che, secondo tutti gli storici, antichi e moderni, Colombo non abbia mai capito di essere arrivato alle Americhe e che sia morto nell’ignoranza totale, pensando di essere giunto in Asia. E’ un’altra delle barzellette che ci raccontano su di lui.
Secondo lei per quale motivo la storia di Colombo è stata falsata così platealmente?
E’ evidente che se si fosse ammesso che Colombo era sbarcato in America gli sarebbero spettate ricchezze tali da fare di lui un autentico Creso. I re di Spagna non avrebbero mai potuto accettarlo. Quindi la storia è stata cambiata per poter appropriarsi impunemente del Nuovo Mondo, l’Eldorado. A questo punto è stato scelto un dipendente stipendiato quale Amerigo Vespucci per attribuirgli i meriti della “scoperta”, con lettere-relazioni che ancora oggi sono quanto mai discusse e discutibili. Si è sostenuto che Colombo sia sbarcato sul continente solo nel terzo viaggio e che, quindi, Vespucci lo abbia preceduto. Tuttavia si è accertato che questa ipotesi è un falso, come sono false alcune delle lettere attribuite a Vespucci. Colombo è il “primo”, si fa per dire, che ha messo piede nel Nuovo Mondo, anche se in definitiva non scopre nulla e anche se molti studiosi sostengono che lui non sia sbarcato di persona ma si sia limitato a fare scendere i suoi marinai. Pur di cambiare le carte in tavola alcuni storici sono disponibili ad ogni menzogna. Persino quelle più grottesche.
Resto comunque convinto, e ne avevo già parlato con voi, che Colombo sia andato prima del 1492 e per questo insisto nel dire che Colombo a sua volta non scopre niente. E’ solo il rivelatore di un mondo che ormai era noto.
Quindi l’America era già stata raggiunta...?
Esatto. Un altro punto chiave del libro è che la Chiesa conosceva l’esistenza di questo altro mondo (otro mundo) quantomeno dal mille, quando vi approdarono i vichinghi. Se non da molto prima. Una delle donne che aveva fatto parte di quelle spedizioni giunse, dopo questi viaggi, pellegrina a Roma e divenne anche suora. E’ chiaro che deve aver rivelato dove era andata e che cosa aveva trovato. Quindi, lo ribadisco, quanto meno dal mille, il Vaticano già aveva cognizioni, sia pure vaghe, circa l’Eldorado. Io resto convinto che anticamente già si andasse nelle Americhe. Forse, per motivi vari se ne era perduta la conoscenza, forse era rimasta “coperta” per alcuni secoli. Per essere infine ri-scoperta. Ma l’esistenza di un quarto continente rappresentava un’eresia talmente grande che la Chiesa non poteva confessarla in un medioevo in cui il mondo era visto come una sacra trinità: Europa, Asia e Africa. I padri della Chiesa, tra cui se non erro Sant’Agostino, avevano detto che agli antipodi non ci poteva essere la vita. Con l’America bisognava andare contro quello che si era predicato sino ad allora. E’ chiaro che la Chiesa ora si trovava nella situazione di dover smentire sé stessa. Ecco il motivo per cui questa grossa eresia venne portata avanti facendo, anche in quel caso, un work in progress. Nel senso che si iniziò a rivelare la possibile esistenza di “isole e terre nuove”, come dicevano le profezie. Per intenderci, è quello che oggi potrebbe accadere per Marte e altre vite nell’universo. Si comincia ad affermare: “chissà se c’è la vita, potrebbe esserci, forse sì, forse no”. Si mettono le mani avanti nel caso si dovesse scoprire qualcosa di sconvolgente. L’America non fu una scopertina, si trattava di mezzo mondo intero, di un asteroide grande metà della sfera che veniva a colpire l’altra metà. Il che cambiava, stravolgeva la teologia, la religione, l’economia e i poteri costituiti. E’ chiaro che a questo punto si verificò uno scontro, come accade sempre, tra chi voleva mantenere le cose come stanno e chi voleva il cambiamento. Io dico che c’è stato uno scontro tra i falchi e le colombe, dove le colombe perdono, Colombo compreso. Perciò la Chiesa si preparò per tempo alla rivelazione del Nuovo Mondo. Poi, guerre fra cristiani, carestie, pesti… fecero scivolare sempre il momento giusto, il momento dei giusti. In quel periodo esisteva una Chiesa quanto mai apocalittica e millenaristica, specialmente in vista dell’anno 1500, atteso con maggior trepidazione rispetto al mille.
Il 1484, anno dell’avvento di papa Innocenzo VIII, il papa genovese probabilmente legato da linea di sangue con Colombo, forse padre/figlio[1], era considerato un anno fatidico. Eravamo in pieno Rinascimento; Pico della Mirandola parlava dell’unione universale. Esisteva tutto un movimento culturale che puntava verso la pace universale.
Come si poteva fare la pace universale? La fine dei tempi come era prevista?
Era prevista con un’apocalisse-rivelazione, un cambiamento dei tempi. Che prevedeva la sottomissione dei musulmani e la conversione degli ebrei alla fede cattolica. Ora questo disegno, che era già stato portato in parte avanti da San Francesco, e Colombo sta sempre con i francescani, è un discorso di carattere spirituale, che faceva capo ad una corrente di pensiero che si riallaccia anche ai Templari, frequentatori e per certi versi conniventi con l’Oriente, in una trasversalità fatta anche di possibili conciliazioni con i musulmani. C’era ora la possibilità di un incontro tra le tre Grandi Religioni monoteiste. E in Vaticano c’è un papa, Innocenzo VIII, cattolico romano, figlio di un Aronne sicuramente ebreo, nipote di una Sarracina, la nonna, chiaramente musulmana. Quindi, in vista di questa pace universale, si muove la spedizione verso le Americhe perché, caduta Costantinopoli nel 1453 e con la Terra Santa in mano all’Islam, la Chiesa si rende conto che se non agisce gli infedeli avranno partita vinta. Per cui, o ci si mette d’accordo, come spesso a quel tempo succedeva, e ci si confronta cavallerescamente (perché è tutto un discorso di ordini cavallereschi e di cavalleria) o altrimenti si torna nei propri campi e ci si scontra, ammazzandosi quanto più si può e fino a che, chiaramente, uno dei due prevale. Ecco che l’operazione America nasce, secondo me, con l’idea di trovare un mondo nuovo dove poteva essere battezzato l’uomo nuovo, con un santo Cristoforo che attraversa l’Oceano con il Gesù bambino sulle spalle[2]. Il Gesù bambino era l’uomo nuovo che sarebbe stato trapiantato in America per favorire l’unione delle tre grandi religioni del libro. Non a caso sulla nave di Colombo ci sono ebrei e ci sono, pare, anche musulmani.
Era l’uomo vitruviano, di Leonardo da Vinci, che doveva essere approdare nel Nuovo Mondo, nella Terra Promessa. L’apocalisse era la rivelazione di questo mondo. Anche perché ormai era stata inventata la stampa e, fino a che il monopolio del sapere era in mano ai clerici, nelle biblioteche ecclesiastiche, la Chiesa poteva tamponare la fuga di notizie. Ma nel momento in cui si divulgava il sapere la Chiesa non poteva più arrestare la valanga delle conoscenze. A questo punto l’Islam era arrivato ad Otranto e minacciava di arrivare a Roma. La Chiesa pensò allora, “o ci mettiamo d’accordo con i musulmani e gli ebrei, oppure abbiamo bisogno di una Santa Crociata”. Ma per farla occorreva tanto denaro e tanto oro. Sapevano che c’era l’oro delle Indie e ci mandarono Colombo, che era l’inviato della Chiesa.
In quel periodo si stava discutendo sulla possibilità di trovare il famoso accordo con il figlio di Maometto II, Djem, che era ostaggio in Vaticano e che era pronto a restituire la Terra Santa e Costantinopoli ai cristiani. Ma era anche possibile un negoziato con il fratello Bajazet che regnava a Costantinopoli e che rispose: “Tenetevi mio fratello. Vi pago lautamente. Vi restituisco quello che chiedete e rimarrò con il vostro appoggio imperatore dei musulmani e dei Turchi[3]”. Se non si fosse trovato questo accordo non rimaneva, ripeto, che la crociata da fare alleandosi con i Tartari che, dai tempi di Marco Polo, aspettavano i cristiani per sapere in cosa consisteva la loro fede, disponibili a loro volta ad una possibile conversione. La cristianità sognava da secoli di allearsi con i popoli asiatici contro i musulmani e stringerli in una morsa. Da una parte sarebbero arrivati i cristiani e dall’altra i Tartari.
...Marco Polo?
Sì! Altro punto rivoluzionario del libro è il dato che io affermo che nel Milione già si parlava dell’America. Ve lo avevo già accennato in passato, il famoso Cipango (che gli studiosi pensano essere il Giappone) secondo me non può essere che l’America. Colombo leggeva il Milione attentamente e lo postillava. Colombo non sbaglia quando parla di Indie e di indiani. A quel tempo le Indie erano tre e non si è mai capito fino in fondo quali fossero. Tutto la terra che si trovava ad est era India. Colombo in un primo momento si mantiene fedele ad un mondo trinitario. Affermare che c’era un quarto mondo costituiva un’eresia. Infatti lui mostrerà sorpresa solo quando incontrerà l’America del Sud, che lui crede essere separata dal Nord America. Dalle sue carte, che risalgono a tempi antichissimi, è convinto che debba esserci un passaggio al centro, per via di mare, che lo proietti verso l’Asia con un altro lungo viaggio. Ma ammettere e verificare che l’America era un mondo diverso e separato dall’Asia costituiva un affronto al dogma. Il mondo, dunque, non era affatto trinitario, ne esisteva un quarto? Tuttavia il mondo nuovo che gli si spalancava davanti erano sempre le Indie, le Indie del levante (buscar el levante por el poniente). Per cui chiamando indiani gli abitanti di quelle regioni e chiamandole Indie Occidentali non sbagliò minimamente. Il nuovo mondo appartiene sempre, nella sua concezione, alla configurazione geografica delle Indie.
Tornando a Marco Polo quando nel Milione si parla delle Indie si favoleggia di una grande quantità di oro, ma in Giappone di oro ce n’è pochissimo; il veneziano descrive zone geografiche dalla ricchezza incalcolabile. E poi c’è un altro dato fondamentale: Polo afferma che anche i Tartari sono sbarcati nel Cipango. I Cinesi hanno provato a sbarcare in Giappone senza mai riuscirci. Il veneziano invece parla addirittura di trentamila persone che vi sono rimaste, il che dimostra che i cinesi andavano tranquillamente in America. Come afferma anche Gavin Menzies. Polo afferma che i tartari sbarcarono e si accoppiarono con le donne più belle. Anche la fisionomia di alcune popolazioni sudamericane sembrerebbe confermarlo. Questo per me è già un fatto incontrovertibile. La Cina aveva provato a sbarcare in America, finché il vento divino (“kamikaze”) impedì lo sbarco della flotta e i cinesi, che non calarono a picco con le loro barche, furono costretti a tornare indietro. Gli altri ripararono nella terra nuova. Marco Polo,difatti, afferma che in quel naufragio vi furono dei sopravvissuti, che sbarcarono tranquillamente nel Cipango-America.
Il viaggiatore veneziano continua affermando che ci vuole una stagione per andare e un’altra stagione per tornare, mentre il Giappone è a un tiro di schioppo dalla Cina. Partono l’inverno e tornano l’estate, prosegue Marco Polo, perché ci sono solo due venti, uno che li porta verso il Cipango e l’altro che li riconduce a casa. Sono venti monsonici, venti oceanici. Infine Polo dice che questi luoghi sono lontanissimi e parla del più grande oceano, l’Oceano Pacifico. Narra di 7000 isole come fa anche Colombo. Parla persino di antropofagi, uomini che hanno l’abitudine di mangiare i loro nemici. Ma allora ditemi, dove ci troviamo? Non si è mai sentito parlare di samurai-cannibali.
E’ chiaro che non siamo in un Giappone caratterizzato da una cultura talmente raffinata nella quale non c’era posto per i selvaggi. Il Milione si sa che è stato rimaneggiato da uomini di Chiesa ed è chiaro che alcune sue parti, considerate eretiche, sono sicuramente state censurate. Colombo probabilmente possedeva, oltre quella postillata, riservata forse agli “Iniziati”, anche una versione originale del testo. Ma quello che, comunque, è rimasto basta a dimostrare che anche il Milione ed in partcilare i passi relativi al Cipango rappresentano l’ennesima incredibile mistificazione della storia e della tradizione.
Nel suo libro lei chiama in causa non solo i Templari, ma anche altri ordini cavallereschi. Perché?
Colombo aveva chiaramente sulle vele le croci templari che tutti conosciamo. Apparteneva evidentemente ad un ordine cavalleresco, non ho ancora capito se di Rodi, del Santo Sepolcro o altro. Sicuramente in Portogallo militò nell’Ordine di Cristo e quindi trasferendosi in Spagna utilizzò quella vela. Il papa Innocenzo VIII unì il Santo Sepolcro con l’Ordine di Rodi e cercò di accorparli, perché l’eventuale Santa Crociata doveva essere portata avanti dagli ordini cavallereschi riuniti. La croce sulle vele di Colombo è inoltre la croce della resurrezione, quella dell’uomo nuovo che risorge ed è la stessa croce che si trova in tutti i cicli pittorici e in tutti i quadri del tempo che raffigurano la resurrezione di Cristo. Come in Piero della Francesca dove, insieme al Cristo che risorge uscendo dal sepolcro, c’è uno stendardo con la stessa croce rossa.
Lei parlava dell’oro delle Indie, del discorso dei Templari e delle loro ricchezze. Secondo alcuni documenti il veneziano Antonio Zeno partì nel 1307 con la flotta dei templari fuggita da La Rochelle. Lei pensa che Cristoforo Colombo partì per conto del papa con la promessa di portare in Europa il tesoro dei Templari forse nascosto in America, come molti credono, nell’isola di Oak nei pressi della Nova Scotia (Canada)?
Il tesoro secondo me era l’America, era l’Eldorado. Poi che i Templari potessero avere un tesoro per conto loro questo è un altro discorso. Fra l’altro, come dico nel libro, Antonio Zeno e i Polo erano vicini di casa. Quindi i conti tornano. Si sa per certo, dal processo seguito alla morte di Colombo che l’Ammiraglio aveva con sé un testo della biblioteca vaticana di Innocenzo VIII. Non si sa esattamente se era un codice ebraico, che risaliva almeno al tempo della mitica biblioteca di Alessandria o se era addirittura di epoche più lontane. Ci sono testimonianze che provano questo fatto. Non si sa di preciso se era un testo o una mappa. Potrebbe aver avuto una mappa degli antichi re del mare che solcarono gli oceani in tempi preistorici? Si dice inoltre che Pinzon, membro dell’equipaggio di Colombo, nel 1492 andò a Roma e riuscì a vedere nella biblioteca vaticana le carte che attestavano l’esistenza del Nuovo Mondo. Certo non si sapeva che l’America era fatta come la conosciamo oggi, ma si aveva la certezza dell’esistenza di una terra sterminata da nord a sud ricca d’oro, perle e pietre preziose, una vera cornucopia. E’ curioso che l’America del nord abbia la stessa forma proprio della cornucopia. Probabilmente confondevano e sovrapponevano il Perù con il Messico. Comunque era nell’aria la rivelazione di un Eldorado abitato da popolazioni da evangelizzare. La Chiesa quasi certamente faceva una certa confusione circa le molte e disparate informazioni sull’America, ma aveva da tempo la ceretzza che nell’altro emisfero c’era un Nuovo Mondo da materializzare.
Posso anche citarvi Cicerone che, nel suo scritto Il sogno di Scipione, parla dell’America e dei poli scrivendo: “Vedi le due più distanti tra di loro (sta parlando di zone della terra) e appoggiate dall’una e dall’altra parte agli stessi vertici del cielo sono irrigidite per il gelo (sta parlando dei due poli) […]. Mentre quella centrale e la più grande è bruciata dall’ardore del sole, due sono abitabili delle quali quella australe, nella quale coloro che vi abitano tengono i piedi opposti a voi, non ha alcuna relazione con voi. (sta parlando di una terra australe che chiaramente è dall’altra parte del mondo) […] è circondata da quel mare che sulla terra chiamate Atlantico”. Si fornisce una chiara idea di due poli e di una terra australe dove ci sarebbero gli antipodi e che sarebbero abitati, al contrario di ciò che si sosteneva. Cicerone parla di un mondo diverso e sconosciuto e dei suoi abitanti. Una terra che probabilmente qualcuno teneva segreta per il proprio vantaggio o di cui con il tempo era svanita la conoscenza. Ad un certo punto viene ritrovata, in qualche modo, verso il mille se non prima da qualcun altro. Ecco che la Chiesa di Roma, che aveva seguito un percorso di dottrina differente, si trova in difficoltà a causa dell’esistenza del nuovo mondo. Solo la Chiesa poteva cavalcare l’eresia, come ha sempre fatto in modo quasi omeopatico, ossia creando dentro se stessa l’antidoto per curare la malattia. Infatti molti dei maggiori scienziati erano uomini di Chiesa ed alcuni secondo me avevano quasi la funzione di kamikaze intellettuali, ossia erano utilizzati dalla Chiesa per divulgare nuove rivoluzionarie conoscenze per poi essere apparentemente perseguitati come martiri. Guadagnando il regno dei cieli e la fama eterna… I kamikaze di oggi si sacrificano per molto meno… io per dimostrare che la terra non era al centro dell’universo mi sarei sacrificato volentieri! La scienza nasce con gli uomini di Chiesa e non capisco il conflitto che ne è seguito, senza i monaci la scienza non sarebbe esistita.
Ma è chiaro che, essendo la conoscenza in mano alla Chiesa, se uno studioso voleva avere accesso al sapere doveva passare per la Chiesa stessa...
Questo è vero finché non nasce la stampa, anche se i primi libri costavano tantissimo e nessuno, a parte gli ecclesiastici e i potenti, poteva permetterseli, figuriamoci se un povero marinaio come Colombo poteva consentirsi quella biblioteca che pure era nutrita. Non esistevano le biblioteche pubbliche… i pocket non esistevano! La scienza rimaneva monopolio di poche caste. Probabilmente alcune teste coronate cercarono di scavalcare la Chiesa nella corsa all’oro. Ma Roma poteva sempre minacciare la scomunica che a quel tempo era una sanzione gravissima.
La Chiesa ha programmato così un’operazione che solo lei poteva gestire, altrimenti sarebbe crollato tutto. Gli imperatori erano unti dalla Chiesa ed avevano bisogno della Chiesa per esercitare il loro potere di origine divina sul popolo. Era un intricato gioco delle parti fatto di connivenze secolari. In un rapporto spesso di stretta complicità tra il potere politico e quello religioso. Il problema teologico di fondo che si veniva a presentare consisteva nel dilemma che la Chiesa non poteva riconoscere gli abitanti dell’America come figli di Adamo. Quindi di chi erano figli? Di Lot, di Sem o di Cam? La Bibbia non lo specifica, proprio come oggi accade con la possibilità dell’esistenza di nuove forme di vita nello spazio. La Chiesa ha già cominciato a pronunciarsi anche per questa eventualità. Colombo è un uomo estremamente religioso, è il Christo ferens cioè il portatore di Cristo, come si firma con il suo misterico criptogramma, un crociato che cerca di instaurare un rapporto pacifico con le genti indiane, pronte a convertirsi. Decisamente un crociato nel momento dello scontro. La vere stragi verranno solo più tardi con la “conquista” degli spagnoli.
Non dobbiamo dimenticare che tra le reliquie che arrivano sotto Innocenzo VIII a Roma c’è la lancia di Longino che dà il dominio del mondo a chi la possiede. In un sottofondo esoterico di un papa che secondo me è anche un alchimista e cabalista. Colombo aveva sicuramente nozioni di alchimia e di cabala. E’ un uomo che afferma che chi ha la vera conoscenza scrive in un modo tale che la sua scrittura va interpretata in una maniera quadruplice; come hanno sempre detto gli ebrei e come diceva anche Dante. Quest’ultimo era vicino a francescani e domenicani. Quando nella Divina Commedia descrive il viaggio di Ulisse, ne parla in maniera tale che sembra riferirsi chiaramente ad un viaggio verso le Americhe. Come tutte gli uomini del suo tempo Dante sperava in una figura portatrice di pace. Lui per ragioni politiche pensò ad un imperatore, mentre Colombo pensava al papa. Con la scoperta delle Americhe e il primo insediamento cristiano, doveva nascere l’uomo nuovo e perfetto attraverso l’unione delle genti. Infatti Colombo, nelle sue profezie, uno dei suoi libri ricco di citazioni tratte anche dai Salmi, sull’onda di Gioachino da Fiore scrive di un uomo che arriverà dalla Spagna e che scoprirà un nuovo mondo.
C’è una serie di menti illuminate, tra cui Pico della Mirandola, i cardinali Cusano e Bessarione, che vedono nell’impresa di Colombo un’alternativa alle guerre e alle crociate. Tanto più che Innocenzo VIII, per le sue origini, è cristiano, ebreo e musulmano, e quindi era il mandante ideale dell’uomo che avrebbe unificato il mondo.
Anche la firma di Colombo che avevamo già visto
.S.
.S. A .S.
X M Y
Xpo FERENS
va interpretata in quattro modi diversi ed io penso che le tre S stiano ad indicare la parola Shalom (pace in ebraico) e non solo Sanctus come si è fin ad oggi pensato e che la lettera A stia anche per Apocalisse e persino Alchimia. Oltre al Cristo, Maometto e Yaweh della X. M. ed Y.
Può raccontarci qualche aneddoto sulla pubblicazione del suo libro? Sappiamo che ha aspettato più di un anno prima di vederlo uscire per la Sperling & Kupfer e Rai Eri.
L’editor della Corbaccio rifiutò il mio testo dicendo che nessun editore al mondo avrebbe mai osato pubblicare il mio libro, affermando che la mia supponenza era pari solo alla mia ignoranza. L’affermazione è già smentita dal fatto che una grande casa editrice quale la Sperling e Kupfer ha deciso di editare il mio lavoro! Per il resto vedrò…
Adesso inoltre che faccio parte della commissione colombiana sento dire cose su Colombo che prima non venivano dette. E mi sono tolto lo sfizio di dire a qualche professoressa e a qualche esperto che mi parlava di competenza: “Noi giornalisti quando non cogliamo una notizia importante diciamo che abbiamo preso un buco e dobbiamo fare ammenda con la direzione, per dei colombisti non essersi accorti di un papa, per lo più genovese, non rappresenta solo un buco, si tratta di una voragine, di un abisso. Peraltro di fronte alle novità clamorose il comportamento della scienza, come ho letto, è sempre lo stesso. Prima negare, poi sminuire, infine fare in modo di dire che in fondo lo si è sempre detto. A me sta capitando lo stesso”.
Quindi esiste una coltre di silenzio nei confronti dei non addetti ai lavori?
Sì! Lo posso affermare in tutta serenità. Per Rai International la professoressa Luzzana Caraci è riuscita a bloccare un servizio. Lo stesso era accaduto anni fa con un servizio di Tv7. Da poco hanno ritrasmesso una puntata di Voyager dove io non comparivo più, anche se si parlava solo delle mie scoperte. Si trattava infatti di una replica in cui comparivano soltanto le esterne senza gli interventi in studio. Io nell’edizione originale c’ero, nella replica non c’ero più. Anche se Giacobbo mi nominava e il giornalista Giuseppe Carrisi, intervistato davanti al colonnato di San Pietro, faceva il mio nome dicendo che dietro mio suggerimento si era recato al Topkapi, il museo nazionale di Istanbul, per filmare per la prima volta la celeberrima mappa di Piri Reis. Glielo avevo consigliato per poter cercare di risolvere la questione della controversa datazione della scoperta americana di Colombo, riportata sulla mappa stessa di cui avevo parlato con voi in un nostro precedente incontro[4]. Adesso sono stato invitato a Fermo, nei pressi di Ascoli Piceno, per presentare il libro. Avrò a fianco alcune professoresse. Voglio proprio e vedere cosa ne esce fuori … C’è poi da dire che curiosamente a Fermo si trovano delle carte autografe di Colombo. Voglio proprio andare a visionarle, si tratta di testi già noti, ma è strano che si trovino là… Nella storia di Colombo anche il minimo indizio a volte è prezioso per ribaltare il ritratto di un uomo più infamato che osannato dalla storia. Spero proprio che non prevalga il solito “razzismo culturale” tipico di certa accademia contro la quale lotto da oltre quindici anni e che è riuscita a fare scendere una cortina di silenzio sul mio lavoro.
[1] Nel suo nuovo libro, Ruggero Marino approfondisce la questione della possibile parentela tra Colombo e Innocenzo VIII. Riafferma con tanto di immagini la somiglianza fisica molto spiccata tra le raffigurazioni del navigatore e quelle del Papa. Avvalorando l’ipotesi già da tempo espressa che possano essere addirittura padre e figlio. La somiglianza tra i due si estende anche al padre di Innocenzo VIII.
[2] Santo e martire. Si pensa sia stato un palestinese poi convertito al cristianesimo. Venne martirizzato a causa della sua fede nel 250 d.C. Nel medioevo il culto di San Cristoforo si diffuse dapprima in oriente poi approdò in occidente. San Cristoforo è uno dei Santi detti ausiliatori ed è perlopiù invocato in occasione di gravi calamità naturali. Il suo nome in greco significa portatore di Cristo. Infatti, una leggenda narra di un uomo che, in riva ad un grande fiume della Licia aiutava i viaggiatori ad attraversarlo. Una notte un fanciullo gli chiese di trasportarlo sull’altra riva. Cristoforo, che era un uomo massiccio e forte, fece un’enorme fatica a reggere in braccio quel bambino. Quando egli con meraviglia chiese al piccolo il proprio nome, egli gli rivelò di essere Gesù e gli predisse il martirio. San Cristoforo è, inoltre, il patrono dei viaggiatori e degli esploratori.
[3] Bajazet e Djem erano i figli di Maometto II. Con la cattura di Djem, Innocenzo VIII, che lo accoglie in Vaticano, sperava di riottenere le sacre reliquie della cristianità in mano ai musulmani e di poter negoziare la riconquista della Terrasanta senza spargimento di sangue.
[4] In una precedente intervista Marino ci parlò della controversa annotazione inserita nella mappa di Piri Reis in cui, riferendosi alla scoperta dell’America, l’ammiraglio turco non citava l’anno 1492 bensì il 1491 o addirittura e più probabilmente il 1485.