I ragazzi della droga (parte prima)
Addolorata
"Sono tanto allegra
meglio finirla così".
L'alba è appena stirata
sul casolare di campagna
quando Addolorata
apre gli occhi
sui suoi quattordici anni.
Sul muro scheggiato
della cucina antica
c'è la bocca di un fucile
che sorride sguaiato.
Non ha lasciato indizi
sul diario gentile
di amori immaginari
di pensieri freschi
di frasi senza storia.
La luce filtra dagli scuri
e il padre è già nei campi
quando rivolge sul petto
l'anello di ferro buio
come un pozzo senza fondo.
"Papà, perdonami,
ma oggi sono allegra".
E sorride alla malia
che le ha squarciato il cuore.
Andrea
Un pomeriggio torrido di luglio
per ritornare a Roma
dal paesino di pietra.
L'occasione è il compleanno
di una nipotina,
la festa felice.
Come è disfatta, ma bella
la città sotto il sole.
Non deve essere stato facile lasciarla
ma i genitori hanno preferito così
per cercare di salvarlo.
Come è distorta, ma ancora bella
la città che si piega liquefatta
dopo la sosta in farmacia.
Pochi passi danzati
con le scarpe da tennis
la tuta azzurra azzurra
come il cielo impazzito
mentre crollano
con le facciate delle case
anche i riccioli biondi.
Con il laccio sulla pelle
sotto il muretto sbrecciato
che regge un cancello rugginoso
sembra un bambolotto
cui si sia rotto un filo.
Antonio
E' rimasto inginocchiato
come in preghiera
davanti al quadro dell'amico:
un piccolo lago
due cigni in primo piano
gli alberi di un paradiso.
Un randagio
venuto dalla Sardegna
con il quaderno
del dare e dell'avere
per tenere i conti;
e il profumo di mare
roccia e vento nel cuore.
Una stanza di periferia
prestata per svernare,
tra pannelli colorati
barattoli di vernice
e tele sfondate.
Era perfino Natale:
forse nessuno
glielo aveva ricordato.
Bruno
Ha fatto appena in tempo
ad uscire dall'auto.
Qualche passo da automa
infine si è accucciato.
Nel piazzale disperato
a fianco dell'asilo nido
come un giocattolo rotto.
I bambini escono
nel pomeriggio freddo
con i cestini vuoti;
guardano Bruno seduto
coi vent'anni sprecati
la frangetta sugli occhi
e ridono per quella posizione
da burattino irrigidito.
Cathia
Era bella Cathia
con i suoi diciannove anni
quando i ragazzi le facevano la corte
dalle parti dell'Idroscalo.
Era libera Cathia
come la gioventù
quando la madre alla sera
non vedendola tornare
nemmeno si allarmò.
Su un sentiero di Ostia
è rimasta trafitta
alle soglie del buio
di uno strano venerdì.
Cathia che era già donna
Col sorriso da bambina
Che portava sul braccio
I rintocchi dell'oblio.
All'obitorio a baciarla
È venuto solo uno zio.
Daniele
Daniele ha radici
ancora corte nella vita
un viso a coltello
capelli scarruffati
un mistero negli occhi.
"Voglio guarire... ",
scrive Daniele
nelle pagine del diario
fra stazioni di delirio:
"... domani l'alba
ucciderà la mia anima
e mi alzerò in volo solo
alla disperata ricerca
di me stesso...
forse ricomincerò a bucarmi
ad entrare ancora una volta
nel buco nero fino... ".
In una via di Rivoli
in una notte gelata
hanno trovato
un corpo di ghiaccio
con la neve nel cuore.
Domenico
Come giaciglio
un tappeto di aghi
sulla strada sterrata
dell'Acqua Bullicante.
Lungo il braccio i tatuaggi
e le tracce dei buchi.
Una maglietta celeste
un pullover di lana
le scarpe di gomma.
Venti anni
venticinque?
Nemmeno un nome sulla brace
per scaldare l'acqua
ed il laccio emostatico.
Intorno solo campagna
mentre il viso crolla
in una girandola
sul legno irto di chiodi.
Hanno fatto l'inventario:
un mazzetto di chiavi
fra il materiale
per le costruzioni
ed una frase incisa:
"Se mi vuoi, fischia".
Donato
Quando arriva Natale
si è fatto un regalo
sul pianerottolo
della scala L.
Nemmeno vent'anni:
una donna e due figli
ad aspettare
dietro la porta
della casa popolare.
Tanti piccoli furti
tante notti in carcere
per un albero di luci
acceso nel cervello.
Il litigio e la fuga
il ritorno a Milano
il coraggio che manca
di chiedere perdono;
e allora la quiete
può essere un ago.
E' stata Gina a trovarlo
quando è già tardi.
"Così sbandati
ma tanto bravi"
hanno detto i vicini.
Mentre le cornamuse
piangono lontane.
Enza
Un fagotto nel bagno
il cucchiaio sul pavimento
la scatola di cerini
i pezzetti di stagnola
e le ombre viola
sulla pelle trasparente.
La madre ad Orvieto
il padre a Torino,
una guardia carceraria.
Era finita in collegio
per scappare senza meta.
Una telefonata agli zii:
"Vengo a pranzo da voi".
Prima di andare a tavola
si è appartata un momento.
Soltanto il tempo
"di lavarsi le mani".
Enzo
Un vecchio albero
per appendere la fune
al Parco delle rose.
Non riesce a dormire
nella casa di salute
che culla
voglie di illusione.
Ad ogni evasione
è tornato nel giro.
Così la corda è una collana
nel buio butterato
che non accenna a finire.
Lo hanno scoperto
con le gambe penzoloni
per una fine "priva
di plausibile ragione".
Fausto
Gli è rimasta la foto
con la divisa ed il fucile in mano
dopo che lo hanno cacciato dall'esercito
perché "sorpreso a bucarsi".
Fausto aveva cominciato
nel giro dei bar di quartiere
fra una ragazza ed un flipper
con gli amici sbagliati.
Non è bastato il calvario di una madre
che gli dava i soldi
perché non diventasse un balordo.
Ma a ventott'anni si vorrebbe
il sapore della vita, quella vera.
Così nella notte
non ha infastidito nessuno:
un tonfo sordo nel buio e nel silenzio
solo un vicino si e chiesto: "cos'è?".
Lo hanno capito all'alba:
un letto disfatto
una vestaglia abbandonata
la finestra del bagno spalancata.
Nell'imbuto del cortile
che è la sua tomba
sono rimasti i gatti
a fargli compagnia;
a piangere d'amore
contro il cielo e la luna.
Francesco
Tre coltellate nel sonno
sul divano letto
nell'oscurità di Segrate.
Nemmeno il tempo di vedere
che a vibrarle
è la mano
di una cameriera a ore.
Un figlio difficile
bello, robusto, esuberante.
Anche violento.
Non gli basta il lavoro
l'umiltà dell'operaio
per le ragazze a contatore.
Una catenina d'oro
il primo furto in casa
poi l'argento, gli assegni.
Infine quel giorno
alza le mani
schiocca una lama
e spara contro il muro:
"Vi uccido con questa
se non mi date pace"
Gliel'ha data
un automa senza pianto.
Alla madre con occhi di vetro
nessuno chiede perché.
Giulio
Ancora sul letto
bocconi, vestito
come se dormisse.
Il pantalone, il giubbetto
spiegazzati.
Come si fa a cogliere
le grida di un ragazzo
fra gli alveari
della città-satellite?
Non ha un lavoro
Passa il tempo
ritagliando il legno,
dipingendo per hobby:
tanti colori
spremuti inutilmente.
Poi quella sera
quando la madre ignara
gli ha ravviato i capelli
ha scalato le stelle.
Era allegro,
gentile dicono gli amici:
"Sapeva solo scherzare" .
Laura
Le risate arrivano
dalla grande sala
del cinema di Trastevere
con uno scroscio
sempre più fondo
sempre più lontano.
Un laccio e un cucchiaio
nella lurida latrina
il solito braccio venato.
Più o meno vent'anni
"un'età buia e senza tempo"
dice il fratello
che l'ha riconosciuta
piangendo troppo tardi
sul corpo afflosciato.
Laura
Hanno pescato un fagotto
il giorno di Pasqua,
un fagotto inzuppato
vicino ad una roggia.
Sul lago di Sirio
che ha nome di stelle
sulle colline di Ivrea
che sanno di ortica.
E' affiorata sull'acqua
come una ninfea marcita
con i jeans di tela azzurri
e le scarpe da tennis.
L'hanno tirata a riva
come un fradicio straccio
senza vita né nome
se non fosse per la chiave
attaccata alla cintura.
E l'ultimo brivido
annotato sul diario:
"Mario non arriva
e forse non verrà
ma quando lo vedo
il cuore mi va in gola
e la gola nel cuore
anche se faccio di tutto
per non farlo vedere.
Siamo andati a ballare
E mentre l'auto correva
Si son fatti uno "spino"".
Vicino al roccione
Nel tempo di primavera
solo i capelli nell'acqua
son rimasti a ballare
fluttuando come medusa
che ha smarrito il mare.
Leandro
Batte ancora le ali
come una farfalla
crocifissa dallo spillo
ed il viso di cera;
un Pierrot senza più lacrime
un uccello tremante
con lunghe ali di raso
sotto i portici
di piazza San Marco.
Mentre il carnevale sale
ululando alla luna.
Nel vicolo si spegne
l'ultimo atto di un amore
dietro maschere smarrite
fra una gondola nera
e la gioia colorata di coriandoli,
nello sciacquio nebuloso della notte
fino al rintocco dell'orologio
che batte alle stelle.
Fino all'ultimo movimento del capo
che reclina lentamente
mentre si affretta
l'ultimo respiro.
E il silenzio plana
con un urlo di terrore.
Leopoldo
E' proprio buia
la notte di Napoli
dal secondo piano
dell'alberghetto
dietro la stazione.
Arriva l'eco dei treni,
dove andranno?
Sciarade senza senso
di nottambuli ubriachi
calze a rete bucate
sulle cosce grasse
di una prostituta.
Sotto, il vuoto
è uno scivolo nel nulla
per il volo breve
dalla finestra aperta
mentre il convoglio arriva
con un fischio lacerante.
Luca
Una notte come un'altra
sui giacigli del fortino
fra i respiri dell'Adige,
quando una mano nel buio
cosparge benzina.
Hanno trovato
un pezzo di tanica
fra i resti riarsi
là dove i corpi
si ostinano a sognare
nella tana dei diversi
di Piazza delle Erbe.
Sono fuggiti come torce pazze
lacerando di urla
il sonno bruciato.
"Hanno avuto quello che si meritavano".
Perchè c'è sempre un rogo
nella mente dei giusti.
Lucia
E' tornato il sole
dopo i giorni di neve
e nei giardini Lucia
distesa sull'erba
e un fiore gelato
che si scalda a dicembre.
Mentre domani è Natale.
Quando arriva la sirena
per Lucia dagli occhi bianchi
forse è un suono di zampogna.
Ora in fondo alla corsia
con l'albero acceso
nella stanza linda
Lucia è un insetto
con una maschera strana
mentre un monitor grigio
rimanda diagrammi allarmati.
E domani è Natale.
Ma i fantasmi nei camici
non sanno ancora
se per lei verrà,
perchè qualcuno ha spento
la luce nel cervello di Lucia.
Lucia
Proprio la notte di San Silvestro.
Per Lucia lo champagne
è un bicchiere di cera.
" Era una bella ragazza"
ripetono gli occhi di Luigi:
"Si faceva, io mi buco".
Che può fare una bella ragazza
fra i casermoni del Tiburtino?
A via Bissolati
quando il denaro mancava
per procurarsi la roba si prestava.
"Ed io che faccio? Il ladro".
Luigi tornava felice
dopo due anni di prigione
l'amnistia e il suo regalo.
Alla vigilia di capodanno
è rientrato al mattino
col cuore in gola
perchè la porta è socchiusa:
Ho intruppato in qualcosa
un corpo irrigidito
era la mia ragazza".
Lucia è una sagoma di gesso
sul pavimento sporco.
Alla parete il poster di un centauro
sul braccio scoperto
un fiorellino rosso.
Chi erano, coca facevano?
domandano ai vicini.
"Non li conosciamo
non li abbiamo mai visti"
risponde la gente
che vive porta a porta.
Dal cortile arrivano le voci
dei bambini che giocano al pallone.
Luigi seduto fissa Lucia
con un sorriso che ha cent' anni:
"Perchè da cinque anni
ho perduto tutti i denti".
Lucillo
"Da questo inferno
non uscirò mai più"
ha scritto alla madre.
Ha chiesto soltanto di morire
vicino casa
sotto l'albero
dei giochi da bambino.
L'inferno non è la prigione
dove lo hanno portato i furti
e l'eroina
ma la bianca follia
che l'accompagna.
Là nel carcere di Arezzo
ha deciso di farla finita
con un chiodo
un pezzo di coltello
la forchetta che ingoia forsennato
e lo stomaco pieno di grumi.
Fra un'infermeria e l'altra
tra un'emorragia e l'altra.
Fino all'ultima goccia
di un suicidio lento e disperato.
Luigi
La paura e sempre uguale
prima che arrivi il sonno
nella stanza al quartiere Tuscolano.
Ancora un letto disfatto
e un cencio di pietra
senza respiro, immobile
fra le lenzuola sporche.
Non ha fatto in tempo
lei che lo aiutava
a ridargli una ragione
con l'ombelico dell'amore.
Per uncinare la vita
che ormai se ne va.
Per un briciolo di polvere
tagliata pure male.
Luigi
Non basta la moto
e il vento in faccia
sulla strada del mare.
Un angolo di verde più denso
per spegnere il motore fra gli
aghi dei pini i fiori acerbi
una farfalla che ride.
La ricerca affannosa
fra ragnatele di vene
per un nuovo viaggio
senza più ritorno.
Un uomo lo ha visto
lo ha portato all'ospedale.
Se ne è andato
con i camici negli occhi
come formiche bianche
che lo guardano stupite.
A notte fonda
sulla strada del mare
sono tornati a cercare la moto.
Era sparita anche quella
nel vento della sera.
Forse per correre con Gigi
sui sentieri delle stelle.
Marco
Si e accovacciato
con i ferri nel canile,
l'aiuto degli altri
può offrire soltanto
una lunga catena.
Ma un giorno la comune
è messa sotto accusa
e la libertà si tramuta
in un cappio
per il disadattato
disceso in Romagna
dalle cinture del nord.
Lo hanno trovato sbilenco
nella tasca il foglio di via
sulla massicciata della ferrovia
in località ponte della morte.
Aveva cercato, bussato:
anche alle porte del manicomio.
"Sapeva di essere debole"
dice l'amico Billi.
"Non poteva farcela da solo.
Lo ha ucciso il senso di colpa
per la fiducia tradita".
Mentre il fischio di un treno
lacera il silenzio.
Maria
Maria e una bambola vecchia
Maria non ha genitori
ha un padre senza nome
una madre prostituta.
Maria è orfana a tredici anni
quando lascia Napoli
e fugge verso il Nord
Maria non ha meta né fretta.
Maria è un fiore gualcito
quando la violentano
dalle parti di Bologna.
Maria è una bambola sgangherata
nell'aula del tribunale
vuole la cioccolata e impreca.
Maria senza ricordi
oltre il coma lontano,
Maria che si guarda
da dietro le lenti
con occhi di vetro
e sorrisi assonnati.
Maria che accusa
senza sapere perchè
e ripete sempre "sai".
Marino e Loretta
C'e un profumo
di fiori d'arancio bruciati
nella cucina spoglia,
sotto i capannoni grigi
nel paese di metallo
dove si fabbricano
fedi di latta.
Ancora avvinghiati
come un anno prima,
quando bambini uniscono
le loro schiavitù;
due giovani sposi
davanti alla tivù
che rimanda
arabeschi misteriosi;
che illumina con occhi di fantasma
quattro occhi di pietra.
Si sono dati l'ultimo bacio
nell'odore acido di gas
della stufetta staccata
sotto il filo della luce
senza nemmeno il lampadario
vicino alla finestra
senza neppure le tendine.
Accucciati nell'unica poltrona
come in una bomboniera.
Si sono amati ancora
le labbra sulle labbra
quasi a succhiare
l'ultimo sorso di vita.
Hanno lasciato un biglietto
per le nozze di morte:
"Perdono, non abbiamo
altra strada"
E hanno scalato insieme
il silenzio delle stelle.
Matteo
E' rimasta un'ora
senza parlare
davanti al corpo
livido del fratello.
E' scesa poi di un piano
Simona in silenzio:
"Matteo signora
è diventato nero.
Inutile the corra
non c'è niente da fare".
In una mansarda scrostata
del Collatino vecchio
quanti giorni mancano
ai suoi sedici anni?
Il padre, Gino
cuce vestiti:
"Torniamo in Sardegna
prima the sia tardi".
Per un ragazzo venuto dal mare
non ci sono più scogli
per non annegare.
"A pagare c'è tempo
prenditi intanto
un poco di neve".
Finché una valanga di ghiaccio
gli è franata nel cuore.
Maurizio
Quanto è profumata
la latta di benzina;
sotto la doccia è bello
accendere un cerino.
Un falò di coraggio
per uscire dall'imbuto.
Bruciano le palpebre
il torace, la schiena.
Bruciano i ricordi
brucia il padre in pensione
il fratello sordomuto
la moglie, il figlio
il matrimonio fallito
l'andare e venire
sempre uguale
fra i bianchi inganni
di letti senza amore.
Al medico che si china
sulle piaghe attizzate
arriva solo un fiato:
"Ci ho provato dottore,
nessuno m'aiutava".
Morena
Morena è cresciuta
nella valle dei ciliegi
e i sorrisi bianchi dei fiori.
Morena lavora da operaia
il giorno in fabbrica
il sabato a ballare;
ma lo stipendio
non le basta più.
Morena lascia il fieno
e i campi coltivati
dai vecchi genitori
per vendere i baci
e la pelle dei vent'anni.
Morena che si porta con l'amore
anche la morte nel nome.
Hanno trovato il suo corpo
dopo un mese
ai bordi di un fossato
sotto la neve
caduta lentamente.
L'hanno trovata
come un pupazzo di ghiaccio
intirizzita e dura.
Un cantoniere ha scavato
nel manto con le mani
credendo si trattasse
di una bestia imprigionata.
Morena caduta
come una slavina
da un'auto in corsa
e abbandonata laggiù
tra i fiocchi che scendono
come lacrime bianche.
Come i fiori gelati dei ciliegi.
Rita
Rita si fa
sotto i portici
con gli amici balordi
di piazza Cavalli
e la sera batte
fra le luci gialle
della circonvallazione.
Poi la notte ritorna
sull'autombulanza parcheggiata
nei sotterranei dell'ospedale
dove dorme
al lume di candela
finché una sera
un odore acre
risveglia un portantino.
Anche la stagnola è diventata nera
e Rita ha il viso bruciato
buio come se qualcuno
avesse giocato su di lei col nerofumo.
Roberto
Al bar Euclide vanno i pariolini;
al bar Euclide vanno i ragazzi
che stendono il braccio
perchè non hanno trovato
di meglio da imparare,
che amano picchiare
per sentirsi maschi.
Al bar Euclide si mangiano le paste
con le ragazze dalle cosce lunghe
si va alla toilette con l'ultima dose
per ricordare gli amici:
Angelo il picchiatore
ucciso dalla Volante rossa,
Andrea che crocifisse Rosaria
nella villa del Circeo.
E via con loro
nel girotondo pazzo
del militante sconfitto:
guerrieri smarriti
disertori della vita
mentre bussano invano
alla porta del bagno occupato.
Rosaria
Rosaria è in posa
come un soldato caduto
la testa riversa
il braccio abbandonato
la gamba scoperta
sulle scale del sottopassaggio
e l'odore d'orina.
Sono passati
per un'ora intera
accanto ai suoi trentotto anni
pensando: "sporca barbona"
perchè Rosaria è morta
ma nessuno lo sa.
E sotto gli stracci
non c'è centimetro
di pelle senza buco.
Rossella ed Elena
Da quanti anni Rossella
convive con la scimmia?
Negli schedari della Polizia
è l'unica data precisa:
un furto a diciott'anni
per procurarsi la roba.
Finché si è lanciata nel vuoto,
per crollare nel balcone sottostante.
Quattro volte si è rialzata
quattro volte si è buttata,
rimbalzando da terrazzo a terrazzo
come una bestia impazzita.
Fino a schiantarsi nel cortile
fra rigagnoli di sangue
che impiastricciano
il corpo minuto
il volto scavato
i capelli castani.
Come Elena sette mesi prima.
Anche lei quel Lunedì dell'Angelo
scavalcò con le calze bianche
il parapetto dell'attico
con la ringhiera metallica
e si gettò nel vuoto
fino al piano di sotto.
Ancora la forza di rifarlo
ed il lungo volo
come un aquilone stanco.
Senza nome
Il pallone rimbalza
un mattino nel prato
al centro commerciale
di Casalpalocco:
"sembrava che dormisse".
Allungata sull'erba
sotto il tronco di un albero,
come la principessa
di una dolce fiaba.
Piccolina, graziosa, giovanissima
nei jeans celesti
la camicetta a pois rossi
i capelli lunghi castani
e sul braccio scoperto
tanti forellini:
"forse le zanzare".
Poi i ragazzi hanno compreso
l'immobilità senza respiro
e sono scappati
lasciando il pallone.
Dopo cinque giorni
cercano ancora il nome.
Sulla cronaca del giornale
hanno pubblicato la foto dei gioielli:
un anellino di latta
un cerchietto da polso
due orecchini d'ottone spaiati.
Sigfrido
Diciassette anni fragili
e un nome forte, Sigfrido
figlio della prigione.
Il padre ladro a Rebibbia
la madre spacciatrice alle Muratte
lui tra le sbarre di Casal del Marmo.
Un'auto rubata, una fuga, uno scippo
sono la sua provvisoria libertà
sono la sua sgangherata gioventù.
Finché negli spazi angusti di una cella
l'acido non spalanca
un orizzonte senza più confini
un inganno senza più orizzonti.
Tranne il pendolo di un lenzuolo bianco
legato come un ultimo sudario
ai ferri rugginosi del finestrone
in un collare per un cucciolo infranto.
Silvia
Va da Milano a Roma
il treno dell'inverno,
l'inverno dei vent'anni;
la vita fugge dai finestrini
come il rotolo di carta
nella squallida toilette.
Silvia non ricorda più
con la puntura nel braccio,
finché i buchi neri
dell'ultima stazione
sono il capolinea di un respiro.
La troverà la donna delle pulizie
nel convoglio già vuoto.
Un corpo da ramazzare
con le briciole dei panini
e i cocci di bottiglie
mentre i viaggiatori
si fanno da parte.
Silvio
Silvio lo chiamano Flash
e non ha un amico
quando si aggira
con occhi di fantasma
fra le panchine
dei giardini reali.
Silvio con un codino
di capelli neri
dietro la nuca
e quarant'anni bastonati
quando l'hanno scoperto
con gli occhi al cielo
e la camicia slacciata.
Non ha parenti Silvio
non conosce nessuno.
Per farlo felice
almeno una volta
la pietà di pochi
lo ha lasciato andare
fra i canti, le preghiere
e il sorriso dei fiori.
Stefano
Pupazzetto scomposto reclinato
sul ciclomotore nel viottolo
sterrato al Ponte Mammolo.
Nascosto all'ombra
di una chiesa con la croce,
la siringa nella carne.
Il deliquio improvviso
la fuga senza scampo
sulla motocicletta,
immobile sul cavalletto:
le braccia scivolano
il petto sul manubrio
la testa sul fanale
quasi un mimo impietrito.
Diciassette anni
per un sepolcro grottesco
e una dose di fuoco.
" Non so, non sa nessuno"
balbetta il gemello.
Gli anni di piombo (parte seconda)
Alla stazione di Bologna
Sole di amianto rovente.
Voce metallica uguale:
"E' in arrivo il treno... ".
I binari si perdono lontani
nella calura tremolanti.
L'orologio rotondo
insegue i secondi.
Stazione d'agosto:
l'emigrante ritorna
i ragazzi della colonia
il militare va a casa
la famiglia in vacanza.
Lo zaino sulle spalle
un bacio d'amore
un fazzoletto agitato.
La sala d'attesa, il bar
il sottopassaggio.
Fermi così un istante:
foto ricordo con la morte.
L'apocalisse della ragione
e una valigia abbandonata.
Lacerante il boato,
polvere e vento
a mordere la pelle
di cento persone.
Sotto travi e calcinacci
poltiglia di vita
sangue annaffiato
da recipienti bucati.
Inizia il conto macabro
della lucidità assassina.
Un padre, una madre
più un bambino;
un vecchio, una vecchia,
più un cane;
un tassista, un turista
più una suora.
Unghie scavano
tesori di bocche inaridite
di membra straziate.
Che conto lungo
che giorno senza fine
per Bologna violentata.
Vecchio invecchiato
il Presidente piange:
"... quelle creature... ".
Ed ora silenzio,
non parlate.
La dignità d'essere vittime,
anche del ladro,
il sacrificio
innocente non
merita nessuna
delle vostre parole senza senso.
Biagio e Francesco
A Badde `E Carros
è in prigione la pietà
quando nel carcere
si liberano
lampi di bestia.
Lo hanno trovato garrotato
con il cranio fra le sbarre.
Hanno fatto col corpo
il tiro alla fune,
l'amico sgozzato
con coltelli e forchette nella gola.
Se hanno la colpa
di avere parlato
non parleranno più:
bocche cucite
nel cuore di Barbagia.
Luigi
Puntuale al mattino
nell' auto d' argento
Milano perbene
ha un mitra per sveglia.
Le canne brillanti
impazzite di fiamma
il cristallo che esplode
in un fuoco di vetri
e la carne sfregiata
accompagnano il sorriso
di un ragazzo elegante
dagli occhi incupiti.
Una lapide in più
nell'elenco meccanico
dei burattini condannati.
La promessa mantenuta
nelle lettere senza nome
delle voci senza volto
quando il telefono
è un filo di paura,
quando e impossibile sottrarsi
alla spirale vigliacca
mentre il mangianastri
ubriaca di suoni
la bara argentea metallizzata.
Renato
Ha l'età di un figlio
l'angelo che gli siede accanto
mentre il convoglio s'immerge
silenzioso nel tunnel.
Fuori, livido, novembre
spande lacrime di pioggia.
La mano armata e ferma
all'altezza del viso,
il tempo di incrociare lo sguardo
con l'angelo della morte
che preme il grilletto
con due colpi precisi
nel mezzo della fronte.
Zampillano rivoli rossi
dal corpo piegato sul sedile.
Puntuale il metrò
arriva alla stazione
nei respiri rappresi
di cinquanta passeggeri.
Colpi di vento regolari
sbattono le porte
carezzano il sangue che corre
nei canali paralleli
dei tappeti di gomma.
Linea 1, numero 06:
si recava al lavoro
col paltò da impiegato.
Sugli occhi sbarrati
l'ultimo vestito
è una coperta grigia
nel carro bianco
dalla sirena impazzita.
Serpico
Dicono che i migliori
li porta via
il Signore.
Ora li porta via
il terrore.
Moro, Bachelet, Tobagi...
Io non so
se siano i migliori.
Perchè lo sarebbe anche il poliziotto
col viso frantumato
stipendio magro
sogno da brigadiere
coltivato sull'onda
di una vita di riflesso.
Lo chiamavano Serpico.
Io non so
se siano i migliori.
So che nei giorni
di Caino
sono là,
in un'auto
in un androne
lungo un marciapiede
specchiato di pioggia,
fagotti di carne
senza appello.
Ciascuno ha un nome
ma nella memoria
sono un'unica
assurda, monotona teoria
dell'uomo dilaniato.
Disco incantato
che suona
valzer di morte.
Un figlio
Ed ora chi spiegherà
che i chiodi
non erano suoi?
Che la croce
può essere un errore?
Una somiglianza
uno sbaglio di persona.
Ventiquattro anni sui
sampietrini ubriachi di sangue.
Le mani contratte
gli occhiali di traverso
in un cunicolo buio
di Monteverde.
Gli contano i buchi
alla tempia, alla gola
ma chi lo dirà
alla madre malata
che aspetta un figlio
coperto di fiori?
Una madre
La donna ha panni neri
bocca dilatata
denti squassati.
Vecchia madre del Sud.
Capelli di neve sporca
polvere di fatica.
Labbra scomposte
come un nastro
registrano dolore:
"Figlio mio
amore mio
unico amore".
Seno caduto in fiore
per allevare
bare tricolori.
Speranze
di un destino diverso
chiuse nel catafalco
e la corona sopra.
Baci, parole e poi?
Donna in croce
Inchiodata
ai tuoi perchè.
Via Fani
Grida di lamiere contorte
quella mattina in via Fani.
Il graffio delle gomme
sull' asfalto
la sequenza accelerata
della mattanza vigliacca.
Marionette piagate
come sagome al tiro.
Veli di sangue coprono
i fotogramma della scorta.
Ed è carro già funebre
la vettura che fugge.
Ostaggio dallo sguardo triste
nei ritratti scattati
nel carcere di un popolo
smarrito ed infedele.
A che vale essere eroi
quando non c'è un perchè?
Quando la vita disperata
annaspa senza presa.
La grafia si perde
negli interrogativi
di una fine inaccettata.
Inaccettabile forse.
"Uomini delle Brigate"
si genuflette il Papa.
Fino al giorno in cui
non basta la mano
a difendere la carne.
In via Castani
il corpo sgualcito
sotto cenci sgualciti
accartocciato, osceno.
Che riposi almeno
nella pace
di un piccolo cimitero
senza storia.