Mi diletto a scrivere anche poesie brevi e aforismi quelle che chiamo minime e massime o bonsai. di una sono particolarmente fiero perché credo si tratti di un primato da guinnes con un titolo più lungo della poesiola:
MICROTRAGEDIA D'AMORE
SI?
NO!
KO.
Sanno di giallo le foglie d’autunno
sanno di rosso le foglie d’autunno
sanno di fuoco le foglie d’autunno
e la montagna si spoglia nel vento
per rivestirsi nel verde a primavera.
Gli storni grafomani
disegnano a china
la lavagna del cielo.
CECILIA (Il male)
DA "LE STAGIONI DEL TURANO" il libro che ha vinto il "PREMIO LAURENTUM", la poesia singola che ha vinto il Premio speciale "LE ROSSE PERGAMENE."
Hai occhi di laguna verde
liquidi e trasparenti
come non ho visto mai
distesa sul letto bianco
con le spalle nude
la ferita sul cranio
la ricrescita argento
e la testa rasata
come in un campo
di concentramento,
ma ancora bella
come un totem scolpito.
Tu così viva non sei nata
per soffrire allacciata
al respiro, il collo offeso
con tubi trasparenti
dai bottoni colorati.
Al fianco macchine
e numeri accesi di rosso
nel duello della vita,
PER LA VITA.
le labbra distorte
tumefatte si sforzano
ma non esce un suono
nelle sillabe soffiate
non si coglie il senso
mentre alzi gli occhi al cielo.
Tu così piena di energie
tu così fiera e battagliera
ora sfinita, disarmata
il corpo abbandonato
una marionetta senza fili
nella camera d’ospedale
affacciata alla campagna.
Ricordi quando al lago
raccoglievi nella mano
gli uccelli caduti implumi?
Ora sei come loro,
lo sguardo vitreo, spento
la mano che stringe appena
come stringevi la rondine,
innocente e impaurita,
come una creatura
che ha smarrito la strada.
Ti ho protetta sempre
ora non posso più.
Vorrei darti la forza
che anche io sto perdendo
come il coraggio di dirti bugie
per un domani migliore.
Non lo sanno i medici
lo sa solo il tuo angelo
se lui è mai esistito.
Morena
Morena è cresciuta
nella valle dei ciliegi
e i sorrisi bianchi dei fiori.
Morena lavora da operaia
il giorno in fabbrica
il sabato a ballare;
ma lo stipendio
non le basta più.
Morena lascia il fieno
e i campi coltivati
dai vecchi genitori
per vendere i baci
e la pelle dei vent'anni.
Morena che si porta con l'amore
anche la morte nel nome.
Hanno trovato il suo corpo
dopo un mese
ai bordi di un fossato
sotto la neve
caduta lentamente.
L'hanno trovata
come un pupazzo di ghiaccio
intirizzita e dura.
Un cantoniere ha scavato
nel manto con le mani
credendo si trattasse
di una bestia imprigionata.
Morena caduta
come una slavina
da un'auto in corsa
e abbandonata laggiù
tra i fiocchi che scendono
come lacrime bianche.
Come i fiori gelati dei ciliegi.
Da "L'inferno in paradiso", storie vere di ragazzi morti di droga
Laura
Hanno pescato un fagotto
il giorno di Pasqua,
un fagotto inzuppato
vicino ad una roggia.
Sul lago di Sirio
che ha nome di stelle
sulle colline di Ivrea
che sanno di ortica.
E' affiorata sull'acqua
come una ninfea marcita
con i jeans di tela azzurri
e le scarpe da tennis.
L'hanno tirata a riva
come un fradicio straccio
senza vita né nome
se non fosse per la chiave
attaccata alla cintura.
E l'ultimo brivido
annotato sul diario:
"Mario non arriva
e forse non verrà
ma quando lo vedo
il cuore mi va in gola
e la gola nel cuore
anche se faccio di tutto
per non farlo vedere.
Siamo andati a ballare
E mentre l'auto correva
si son fatti uno "spino"".
Vicino al roccione
nel tempo di primavera
solo i capelli nell'acqua
son rimasti a ballare
fluttuando come medusa
che ha smarrito il mare.
Da "L'inferno in paradiso", storie vere di ragazzi morti di droga
Addolorata
"Sono tanto allegra
meglio finirla così".
L'alba è appena stirata
sul casolare di campagna
quando Addolorata
apre gli occhi
sui suoi quattordici anni.
Sul muro scheggiato
della cucina antica
c'è la bocca di un fucile
che sorride sguaiato.
Non ha lasciato indizi
sul diario gentile
di amori immaginari
di pensieri freschi
di frasi senza storia.
La luce filtra dagli scuri
e il padre è già nei campi
quando rivolge sul petto
l'anello di ferro buio
come un pozzo senza fondo.
"Papà, perdonami,
ma oggi sono allegra".
E sorride alla malia
che le ha squarciato il cuore.
Da "L'inferno in paradiso", storie vere di ragazzi morti di droga
GRIDO
Stanotte impiccato
c'è un grido infinito.
Da troppe parti qualcuno
assassina l’amore
mentre una luna di sangue
rimane a guardare.
A PRIMAVERA
Vorrei tornare giovane
mettermi in livrea per te
come quando a primavera
gli alberi in fiore
fanno la ruota del pavone.
Una luna abbagliante
un cristallo notturno
che riluce d’argento.
Anno dopo anno
rinvio dopo rinvio
la vita fugge
fra le dita.
E già la vedo posarsi
come un aquilone stanco
tradito dal vento.
Un incontro d'amore, quando la differenza d'età è visibile, ci rende più giovani di quanto non siamo. Un rifiuto ci rende più vecchi di quanto non si sia.
Unire parole
come fili di perle
creando armonie
che sfiorano il cuore.
Trovare nei suoni
messaggi più arcani,
scoprire pensieri
che sanno di altrove.
Stupito compongo
e assemblo colori
di un vecchio dipinto
che gronda millenni.
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La storia non è maestra di vita. La storia dell'uomo non insegna nulla, se non gli errori già commessi, che qualcuno prima o poi ripeterà. L'unica maestra è la natura. Basta solo osservarla.
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L'ultima volta che lo vidi
capii che stava male.
Lo scheletro
gli era scivolato via.
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L'11 settembre 2001 anche il Nuovo Mondo è diventato vecchio.
Quante volte
ho sentito chiedere
che cos'è la poesia.
Una vibrazione
un sentimento
un lampo
degli occhi e del cuore.
Un'eco fonda
di questa vita
colorata e incolore.
Di questa vita
haimè, senza amore.
Sto entrando nel tramonto, ma non ho ancora visto l'alba.
Do fronte al fiume della corruzione che tracima giorno dopo giorno propongo una triste riflessione.
L'ITALIA CHE VORREI
Non avrò più il tempo
di vedere l’Italia che conoscevo
l’Italia che sognavo
l’Italia che mi riempiva d’orgoglio
quando in un paese lontano
entrando in un museo
scoprivo che il mondo intero
si fa bello delle nostre bellezze.
Non vedrò più
l’Italia dell’infanzia
ferita dalla guerra
ma con il viso altero
il sudore sulla fronte,
quando le parole
sacrificio, onestà,
educazione e rispetto
avevano ancora un valore.
Quando in autobus
se saliva un vecchio
gli si cedeva il posto.
Quando la scuola era la scuola
e i genitori come i maestri
davano giuste punizioni
e nessuno fiatava
a casa poi per rimprovero
arrivava pure un ceffone.
Un’Italia di gente operosa
che andava avanti fra le macerie
un’Italia del dovere
prima ancora del diritto.
Un’Italia povera
che sapeva costruire
pietra su pietra e non aveva
l’ossessione del cemento,
un’Italia che si faceva
in ginocchio il segno della croce,
dove il sentimento della terra
era nelle braccia dei contadini.
Quando rubare
era una vergogna.
Non quest’Italia
di giovani di ogni sesso
arroganti, violenti, spudorati,
di lacchè e ruffiani
di politici ignoranti
senza la minima decenza,
di avidi famelici e corrotti,
di insaziabili carrieriste
dai seni di plastica
e bocche deragliate.
In un parlamento
ridotto a spelonca
fra risse e contumelie
da bar del biliardo
e perfino pornostar.
Gente che ha scelto la polis
solo per le gozzoviglie
l’arricchimento facile
i privilegi osceni da rapina
e il bordello dantesco.
Non quest’Italia aggredita
da disperati d’ogni colore
che fuggono nell’inganno
di trovare un paradiso.
Il paradiso in terra
non è mai esistito
ma quest’Italia di chi,
in un sussulto di antica
estrema dignità,
è costretto ad uccidersi
per non perdere la faccia
assomiglia sempre più
a una desolante bolgia.
Dove tutto è malmesso
dove tutto è permesso
dove il caos impera
e non si sa da dove ripartire,
dove chi è alla guida
ha smarrito il senso
dell’orientamento,
dove i politici mutano
per rivelarsi sempre
un’ avvilente delusione.
Dove ogni parola
è spesso una menzogna
dove la burocrazia
è una melma che impantana
ogni voglia di fare,
dove le leggi
sono anche troppe
tanto nessuno le fa rispettare.
Dove mafia, ndrangheta
e camorra sono il biberon
di tanta gioventù perduta.
Dove il sopruso è diventato
un modo di esistere
dove si spaccano vetrine,
si incendiano auto
si uccide persino
per il gusto idiota di farlo.
Dove la caput mundi
è un labirinto sconnesso
di deiezioni e escrementi.
Un’Italia che ogni giorno
stupra o massacra una donna.
Un’Italia sotto la minaccia
di un Islam che sprofonda
indietro nella storia.
Un’Italia che ha tradito
il bello e la cultura,
un’ Italia figlia bastarda
di Roma e Rinascenza.
Unica ad avere avuto
due volte nei secoli
lo scettro della civiltà.
Un’Italia nata per essere invidiata
ma che è soltanto da commiserare.
Mentre avanzano
in un lugubre canto
le prefiche del pianto.
Azzurro fluttuante
nelle anse dei pensieri
mentre il buio gronda
su grida e silenzi.
E il digiuno di baci
screpola le stelle.
Non capisco il fine del disordinato ordine e della disarmonica armonia di questa vita. Ma questa vita, tuttavia, ha un ordine e in qualche modo una misteriosa armonia.
Appena ieri ti cercavo
con la febbre del desiderio.
Quando ogni cantone la sera
era il porto dei baci.
Siamo brandelli di carne in progressivo disfacimento. Siamo pirati della vita, con un teschio sulle nostre bandiere.
La vita è un tram sul quale si sale senza sapere dove è diretto, senza sapere perché siamo in vettura, senza sapere a quale fermata dover scendere.
C'è un sapere perduto
da qualche parte nel mondo
da qualche parte nel tempo.
Vivere è un po' morire.
La vita mi si è sciolta
come neve al sole.
E in un battito di ciglia
mi è scivolata fra le dita.
Gioca con me
gioca anche tu.
Fai di me un gioco
per giocare con te.
In un ginnico
gioco gioioso.
Perché solo giocando
saremo eterni
giocatori dell'eterno.
Non ti ho
ancora trovata
e già ti perdo.
Il cielo piange
con lacrime di stelle.
Le stimmate del mondo.
Inguaribile coltivo sogni.
Sogni fragili
come bolle di sapone.
Basta un soffio per farli svanire.
Ma la vita si diverte
a sparargli col bazooka.
Questa febbre insana
del mio piccolo io
di risanare
le ingiustizie del mondo.
Uno spillo di fuoco
caduto su un ghiacciaio,
capace di sciogliere
una lacrima soltanto.
Ho gridato nel tuo muschio
come un uccello ferito.
E sbattendo le ali
sono precipitato.
L'ho amata
come non è giusto amare
senz' essere riamati.
Il sonno della ragione produce mostri. La dittatura della scienza provoca il sonno della ragione.
Stanno cadendo le stelle
con una scia di sangue lucente.
Come se qualcuno svenasse
le braccia del tempo.
L'Illuminismo, a ben riflettere, ha prodotto anche un orrendo olocausto intellettuale.
Il mondo rotondo
ha forma di mela
che l'uomo divora.
E se la terra
fosse il pomo
che Adamo ed Eva
non dovevano mangiare?
Diogene cercava
l'uomo con la lanterna.
Non l'hanno trovato
nemmeno con il laser.
Ombre lunghe la sera
si intrecciano
nell'alveare dei pensieri
mentre le spie colorate
del videoregistratore
carezzano il buio
nelle stanze senza amore.
Rimango giorni
con il pensiero
sulle tue labbra
appena sfiorate.
E resto nell'attesa
per ritentare ancora.
Dio stanco d'esser solo
mise l'uomo al mondo
creatura intelligente.
Ma poi temendo
quest'essere innocente
gli diede una compagna:
la donna.
E lo fregò per sempre.
Le stelle
sono stampelle
alle quali
appendere i sogni.
Disegno di Cecilia Arguello Sanson
L'alba è degli uccelli
la notte è dei grilli.
In mezzo ci sono io
come un pendolo senza senso.
Ricordi, emozioni
rimescola la notte
in un turbinio di visioni.
Per fuggire all’alba
come i sogni dal cassetto.
Dicono che con te
sarebbe come andare
in mezzo al fuoco.
E io ho paura.
Ma nella notte
sogno il rogo.
Madames et monsieurs
et voilà le soleil
et voilà la lune !
Sono i giochi quotidiani
del clown del firmamento.
Un pianto nella gioia
un pianto nel dolore.
Il bianco ed il nero
la luce ed il buio
il bene ed il male.
Una lacrima al fondo
a cucire la vita.
C’è gente che imprecando
brucia la propria bandiera.
É come darsi da soli
del “figlio di puttana”.