cultura LGBT
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La definiscono società fluida, nel pan-transessualismo ormai imperante. Nulla da obiettare sulla libertà individuale di fare la scelta che si vuole in fatto di genere. Ogni persona ha il diritto di rivendicare la propria personalità, come la propria sessualità. Ma non si deve cadere nell’errore opposto, cioè di sbandierare le proprie inclinazioni accompagnate da una forma di “razzismo” nei confronti dei cosiddetti “normali”, considerati alla stregua di esseri meno elevati, perché incapaci di superare certi steccati imposti dalla tradizione e dal costume dei nostri tempi. Il cosiddetto orgoglio “gay”, con le relative parate, ne sono uno dei corollari. Come il bisessualismo o l'omosessualità, argomenti principe di molte interviste. Come sta accadendo con i cantanti di Sanremo, che sono diventati un vero e proprio “spot”. Come molte pubblicità, che fanno l’occhietto all’universo gay, non per prendere posizione contro eventuali bandi morali, ma solo per allargare la cerchia dei consumatori di un prodotto. Come ancora l’ipocrisia opportunista di molte trasmissioni televisive, che pare non possano andare in onda se fra i protagonisti non compare almeno un “fluidificatore”. Vero è che ci sono periodi storici in cui, ai massimi livelli del potere e dell’arte, la “fluidità” era una caratteristica considerata naturale. Ma non ci risulta che fosse propagandata come la “conditio sine qua non” di un esibizionismo sfrenato e di una superiorità intellettuale in grado di contraddistinguere un clan di “illuminati”.

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