I ragazzi della droga (parte prima)
Addolorata
"Sono tanto allegra
meglio finirla così".
L'alba è appena stirata
sul casolare di campagna
quando Addolorata
apre gli occhi
sui suoi quattordici anni.
Sul muro scheggiato
della cucina antica
c'è la bocca di un fucile
che sorride sguaiato.
Non ha lasciato indizi
sul diario gentile
di amori immaginari
di pensieri freschi
di frasi senza storia.
La luce filtra dagli scuri
e il padre è già nei campi
quando rivolge sul petto
l'anello di ferro buio
come un pozzo senza fondo.
"Papà, perdonami,
ma oggi sono allegra".
E sorride alla malia
che le ha squarciato il cuore.
Andrea
Un pomeriggio torrido di luglio
per ritornare a Roma
dal paesino di pietra.
L'occasione è il compleanno
di una nipotina,
la festa felice.
Come è disfatta, ma bella
la città sotto il sole.
Non deve essere stato facile lasciarla
ma i genitori hanno preferito così
per cercare di salvarlo.
Come è distorta, ma ancora bella
la città che si piega liquefatta
dopo la sosta in farmacia.
Pochi passi danzati
con le scarpe da tennis
la tuta azzurra azzurra
come il cielo impazzito
mentre crollano
con le facciate delle case
anche i riccioli biondi.
Con il laccio sulla pelle
sotto il muretto sbrecciato
che regge un cancello rugginoso
sembra un bambolotto
cui si sia rotto un filo.
Antonio
E' rimasto inginocchiato
come in preghiera
davanti al quadro dell'amico:
un piccolo lago
due cigni in primo piano
gli alberi di un paradiso.
Un randagio
venuto dalla Sardegna
con il quaderno
del dare e dell'avere
per tenere i conti;
e il profumo di mare
roccia e vento nel cuore.
Una stanza di periferia
prestata per svernare,
tra pannelli colorati
barattoli di vernice
e tele sfondate.
Era perfino Natale:
forse nessuno
glielo aveva ricordato.
Bruno
Ha fatto appena in tempo
ad uscire dall'auto.
Qualche passo da automa
infine si è accucciato.
Nel piazzale disperato
a fianco dell'asilo nido
come un giocattolo rotto.
I bambini escono
nel pomeriggio freddo
con i cestini vuoti;
guardano Bruno seduto
coi vent'anni sprecati
la frangetta sugli occhi
e ridono per quella posizione
da burattino irrigidito.
Cathia
Era bella Cathia
con i suoi diciannove anni
quando i ragazzi le facevano la corte
dalle parti dell'Idroscalo.
Era libera Cathia
come la gioventù
quando la madre alla sera
non vedendola tornare
nemmeno si allarmò.
Su un sentiero di Ostia
è rimasta trafitta
alle soglie del buio
di uno strano venerdì.
Cathia che era già donna
Col sorriso da bambina
Che portava sul braccio
I rintocchi dell'oblio.
All'obitorio a baciarla
È venuto solo uno zio.
Daniele
Daniele ha radici
ancora corte nella vita
un viso a coltello
capelli scarruffati
un mistero negli occhi.
"Voglio guarire... ",
scrive Daniele
nelle pagine del diario
fra stazioni di delirio:
"... domani l'alba
ucciderà la mia anima
e mi alzerò in volo solo
alla disperata ricerca
di me stesso...
forse ricomincerò a bucarmi
ad entrare ancora una volta
nel buco nero fino... ".
In una via di Rivoli
in una notte gelata
hanno trovato
un corpo di ghiaccio
con la neve nel cuore.
Domenico
Come giaciglio
un tappeto di aghi
sulla strada sterrata
dell'Acqua Bullicante.
Lungo il braccio i tatuaggi
e le tracce dei buchi.
Una maglietta celeste
un pullover di lana
le scarpe di gomma.
Venti anni
venticinque?
Nemmeno un nome sulla brace
per scaldare l'acqua
ed il laccio emostatico.
Intorno solo campagna
mentre il viso crolla
in una girandola
sul legno irto di chiodi.
Hanno fatto l'inventario:
un mazzetto di chiavi
fra il materiale
per le costruzioni
ed una frase incisa:
"Se mi vuoi, fischia".
Donato
Quando arriva Natale
si è fatto un regalo
sul pianerottolo
della scala L.
Nemmeno vent'anni:
una donna e due figli
ad aspettare
dietro la porta
della casa popolare.
Tanti piccoli furti
tante notti in carcere
per un albero di luci
acceso nel cervello.
Il litigio e la fuga
il ritorno a Milano
il coraggio che manca
di chiedere perdono;
e allora la quiete
può essere un ago.
E' stata Gina a trovarlo
quando è già tardi.
"Così sbandati
ma tanto bravi"
hanno detto i vicini.
Mentre le cornamuse
piangono lontane.
Enza
Un fagotto nel bagno
il cucchiaio sul pavimento
la scatola di cerini
i pezzetti di stagnola
e le ombre viola
sulla pelle trasparente.
La madre ad Orvieto
il padre a Torino,
una guardia carceraria.
Era finita in collegio
per scappare senza meta.
Una telefonata agli zii:
"Vengo a pranzo da voi".
Prima di andare a tavola
si è appartata un momento.
Soltanto il tempo
"di lavarsi le mani".
Enzo
Un vecchio albero
per appendere la fune
al Parco delle rose.
Non riesce a dormire
nella casa di salute
che culla
voglie di illusione.
Ad ogni evasione
è tornato nel giro.
Così la corda è una collana
nel buio butterato
che non accenna a finire.
Lo hanno scoperto
con le gambe penzoloni
per una fine "priva
di plausibile ragione".
Fausto
Gli è rimasta la foto
con la divisa ed il fucile in mano
dopo che lo hanno cacciato dall'esercito
perché "sorpreso a bucarsi".
Fausto aveva cominciato
nel giro dei bar di quartiere
fra una ragazza ed un flipper
con gli amici sbagliati.
Non è bastato il calvario di una madre
che gli dava i soldi
perché non diventasse un balordo.
Ma a ventott'anni si vorrebbe
il sapore della vita, quella vera.
Così nella notte
non ha infastidito nessuno:
un tonfo sordo nel buio e nel silenzio
solo un vicino si e chiesto: "cos'è?".
Lo hanno capito all'alba:
un letto disfatto
una vestaglia abbandonata
la finestra del bagno spalancata.
Nell'imbuto del cortile
che è la sua tomba
sono rimasti i gatti
a fargli compagnia;
a piangere d'amore
contro il cielo e la luna.
Francesco
Tre coltellate nel sonno
sul divano letto
nell'oscurità di Segrate.
Nemmeno il tempo di vedere
che a vibrarle
è la mano
di una cameriera a ore.
Un figlio difficile
bello, robusto, esuberante.
Anche violento.
Non gli basta il lavoro
l'umiltà dell'operaio
per le ragazze a contatore.
Una catenina d'oro
il primo furto in casa
poi l'argento, gli assegni.
Infine quel giorno
alza le mani
schiocca una lama
e spara contro il muro:
"Vi uccido con questa
se non mi date pace"
Gliel'ha data
un automa senza pianto.
Alla madre con occhi di vetro
nessuno chiede perché.
Giulio
Ancora sul letto
bocconi, vestito
come se dormisse.
Il pantalone, il giubbetto
spiegazzati.
Come si fa a cogliere
le grida di un ragazzo
fra gli alveari
della città-satellite?
Non ha un lavoro
Passa il tempo
ritagliando il legno,
dipingendo per hobby:
tanti colori
spremuti inutilmente.
Poi quella sera
quando la madre ignara
gli ha ravviato i capelli
ha scalato le stelle.
Era allegro,
gentile dicono gli amici:
"Sapeva solo scherzare" .
Laura
Le risate arrivano
dalla grande sala
del cinema di Trastevere
con uno scroscio
sempre più fondo
sempre più lontano.
Un laccio e un cucchiaio
nella lurida latrina
il solito braccio venato.
Più o meno vent'anni
"un'età buia e senza tempo"
dice il fratello
che l'ha riconosciuta
piangendo troppo tardi
sul corpo afflosciato.
Laura
Hanno pescato un fagotto
il giorno di Pasqua,
un fagotto inzuppato
vicino ad una roggia.
Sul lago di Sirio
che ha nome di stelle
sulle colline di Ivrea
che sanno di ortica.
E' affiorata sull'acqua
come una ninfea marcita
con i jeans di tela azzurri
e le scarpe da tennis.
L'hanno tirata a riva
come un fradicio straccio
senza vita né nome
se non fosse per la chiave
attaccata alla cintura.
E l'ultimo brivido
annotato sul diario:
"Mario non arriva
e forse non verrà
ma quando lo vedo
il cuore mi va in gola
e la gola nel cuore
anche se faccio di tutto
per non farlo vedere.
Siamo andati a ballare
E mentre l'auto correva
Si son fatti uno "spino"".
Vicino al roccione
Nel tempo di primavera
solo i capelli nell'acqua
son rimasti a ballare
fluttuando come medusa
che ha smarrito il mare.
Leandro
Batte ancora le ali
come una farfalla
crocifissa dallo spillo
ed il viso di cera;
un Pierrot senza più lacrime
un uccello tremante
con lunghe ali di raso
sotto i portici
di piazza San Marco.
Mentre il carnevale sale
ululando alla luna.
Nel vicolo si spegne
l'ultimo atto di un amore
dietro maschere smarrite
fra una gondola nera
e la gioia colorata di coriandoli,
nello sciacquio nebuloso della notte
fino al rintocco dell'orologio
che batte alle stelle.
Fino all'ultimo movimento del capo
che reclina lentamente
mentre si affretta
l'ultimo respiro.
E il silenzio plana
con un urlo di terrore.
Leopoldo
E' proprio buia
la notte di Napoli
dal secondo piano
dell'alberghetto
dietro la stazione.
Arriva l'eco dei treni,
dove andranno?
Sciarade senza senso
di nottambuli ubriachi
calze a rete bucate
sulle cosce grasse
di una prostituta.
Sotto, il vuoto
è uno scivolo nel nulla
per il volo breve
dalla finestra aperta
mentre il convoglio arriva
con un fischio lacerante.
Luca
Una notte come un'altra
sui giacigli del fortino
fra i respiri dell'Adige,
quando una mano nel buio
cosparge benzina.
Hanno trovato
un pezzo di tanica
fra i resti riarsi
là dove i corpi
si ostinano a sognare
nella tana dei diversi
di Piazza delle Erbe.
Sono fuggiti come torce pazze
lacerando di urla
il sonno bruciato.
"Hanno avuto quello che si meritavano".
Perchè c'è sempre un rogo
nella mente dei giusti.
Lucia
E' tornato il sole
dopo i giorni di neve
e nei giardini Lucia
distesa sull'erba
e un fiore gelato
che si scalda a dicembre.
Mentre domani è Natale.
Quando arriva la sirena
per Lucia dagli occhi bianchi
forse è un suono di zampogna.
Ora in fondo alla corsia
con l'albero acceso
nella stanza linda
Lucia è un insetto
con una maschera strana
mentre un monitor grigio
rimanda diagrammi allarmati.
E domani è Natale.
Ma i fantasmi nei camici
non sanno ancora
se per lei verrà,
perchè qualcuno ha spento
la luce nel cervello di Lucia.
Lucia
Proprio la notte di San Silvestro.
Per Lucia lo champagne
è un bicchiere di cera.
" Era una bella ragazza"
ripetono gli occhi di Luigi:
"Si faceva, io mi buco".
Che può fare una bella ragazza
fra i casermoni del Tiburtino?
A via Bissolati
quando il denaro mancava
per procurarsi la roba si prestava.
"Ed io che faccio? Il ladro".
Luigi tornava felice
dopo due anni di prigione
l'amnistia e il suo regalo.
Alla vigilia di capodanno
è rientrato al mattino
col cuore in gola
perchè la porta è socchiusa:
Ho intruppato in qualcosa
un corpo irrigidito
era la mia ragazza".
Lucia è una sagoma di gesso
sul pavimento sporco.
Alla parete il poster di un centauro
sul braccio scoperto
un fiorellino rosso.
Chi erano, coca facevano?
domandano ai vicini.
"Non li conosciamo
non li abbiamo mai visti"
risponde la gente
che vive porta a porta.
Dal cortile arrivano le voci
dei bambini che giocano al pallone.
Luigi seduto fissa Lucia
con un sorriso che ha cent' anni:
"Perchè da cinque anni
ho perduto tutti i denti".
Lucillo
"Da questo inferno
non uscirò mai più"
ha scritto alla madre.
Ha chiesto soltanto di morire
vicino casa
sotto l'albero
dei giochi da bambino.
L'inferno non è la prigione
dove lo hanno portato i furti
e l'eroina
ma la bianca follia
che l'accompagna.
Là nel carcere di Arezzo
ha deciso di farla finita
con un chiodo
un pezzo di coltello
la forchetta che ingoia forsennato
e lo stomaco pieno di grumi.
Fra un'infermeria e l'altra
tra un'emorragia e l'altra.
Fino all'ultima goccia
di un suicidio lento e disperato.
Luigi
La paura e sempre uguale
prima che arrivi il sonno
nella stanza al quartiere Tuscolano.
Ancora un letto disfatto
e un cencio di pietra
senza respiro, immobile
fra le lenzuola sporche.
Non ha fatto in tempo
lei che lo aiutava
a ridargli una ragione
con l'ombelico dell'amore.
Per uncinare la vita
che ormai se ne va.
Per un briciolo di polvere
tagliata pure male.
Luigi
Non basta la moto
e il vento in faccia
sulla strada del mare.
Un angolo di verde più denso
per spegnere il motore fra gli
aghi dei pini i fiori acerbi
una farfalla che ride.
La ricerca affannosa
fra ragnatele di vene
per un nuovo viaggio
senza più ritorno.
Un uomo lo ha visto
lo ha portato all'ospedale.
Se ne è andato
con i camici negli occhi
come formiche bianche
che lo guardano stupite.
A notte fonda
sulla strada del mare
sono tornati a cercare la moto.
Era sparita anche quella
nel vento della sera.
Forse per correre con Gigi
sui sentieri delle stelle.
Marco
Si e accovacciato
con i ferri nel canile,
l'aiuto degli altri
può offrire soltanto
una lunga catena.
Ma un giorno la comune
è messa sotto accusa
e la libertà si tramuta
in un cappio
per il disadattato
disceso in Romagna
dalle cinture del nord.
Lo hanno trovato sbilenco
nella tasca il foglio di via
sulla massicciata della ferrovia
in località ponte della morte.
Aveva cercato, bussato:
anche alle porte del manicomio.
"Sapeva di essere debole"
dice l'amico Billi.
"Non poteva farcela da solo.
Lo ha ucciso il senso di colpa
per la fiducia tradita".
Mentre il fischio di un treno
lacera il silenzio.
Maria
Maria e una bambola vecchia
Maria non ha genitori
ha un padre senza nome
una madre prostituta.
Maria è orfana a tredici anni
quando lascia Napoli
e fugge verso il Nord
Maria non ha meta né fretta.
Maria è un fiore gualcito
quando la violentano
dalle parti di Bologna.
Maria è una bambola sgangherata
nell'aula del tribunale
vuole la cioccolata e impreca.
Maria senza ricordi
oltre il coma lontano,
Maria che si guarda
da dietro le lenti
con occhi di vetro
e sorrisi assonnati.
Maria che accusa
senza sapere perchè
e ripete sempre "sai".
Marino e Loretta
C'e un profumo
di fiori d'arancio bruciati
nella cucina spoglia,
sotto i capannoni grigi
nel paese di metallo
dove si fabbricano
fedi di latta.
Ancora avvinghiati
come un anno prima,
quando bambini uniscono
le loro schiavitù;
due giovani sposi
davanti alla tivù
che rimanda
arabeschi misteriosi;
che illumina con occhi di fantasma
quattro occhi di pietra.
Si sono dati l'ultimo bacio
nell'odore acido di gas
della stufetta staccata
sotto il filo della luce
senza nemmeno il lampadario
vicino alla finestra
senza neppure le tendine.
Accucciati nell'unica poltrona
come in una bomboniera.
Si sono amati ancora
le labbra sulle labbra
quasi a succhiare
l'ultimo sorso di vita.
Hanno lasciato un biglietto
per le nozze di morte:
"Perdono, non abbiamo
altra strada"
E hanno scalato insieme
il silenzio delle stelle.
Matteo
E' rimasta un'ora
senza parlare
davanti al corpo
livido del fratello.
E' scesa poi di un piano
Simona in silenzio:
"Matteo signora
è diventato nero.
Inutile the corra
non c'è niente da fare".
In una mansarda scrostata
del Collatino vecchio
quanti giorni mancano
ai suoi sedici anni?
Il padre, Gino
cuce vestiti:
"Torniamo in Sardegna
prima the sia tardi".
Per un ragazzo venuto dal mare
non ci sono più scogli
per non annegare.
"A pagare c'è tempo
prenditi intanto
un poco di neve".
Finché una valanga di ghiaccio
gli è franata nel cuore.
Maurizio
Quanto è profumata
la latta di benzina;
sotto la doccia è bello
accendere un cerino.
Un falò di coraggio
per uscire dall'imbuto.
Bruciano le palpebre
il torace, la schiena.
Bruciano i ricordi
brucia il padre in pensione
il fratello sordomuto
la moglie, il figlio
il matrimonio fallito
l'andare e venire
sempre uguale
fra i bianchi inganni
di letti senza amore.
Al medico che si china
sulle piaghe attizzate
arriva solo un fiato:
"Ci ho provato dottore,
nessuno m'aiutava".
Morena
Morena è cresciuta
nella valle dei ciliegi
e i sorrisi bianchi dei fiori.
Morena lavora da operaia
il giorno in fabbrica
il sabato a ballare;
ma lo stipendio
non le basta più.
Morena lascia il fieno
e i campi coltivati
dai vecchi genitori
per vendere i baci
e la pelle dei vent'anni.
Morena che si porta con l'amore
anche la morte nel nome.
Hanno trovato il suo corpo
dopo un mese
ai bordi di un fossato
sotto la neve
caduta lentamente.
L'hanno trovata
come un pupazzo di ghiaccio
intirizzita e dura.
Un cantoniere ha scavato
nel manto con le mani
credendo si trattasse
di una bestia imprigionata.
Morena caduta
come una slavina
da un'auto in corsa
e abbandonata laggiù
tra i fiocchi che scendono
come lacrime bianche.
Come i fiori gelati dei ciliegi.
Rita
Rita si fa
sotto i portici
con gli amici balordi
di piazza Cavalli
e la sera batte
fra le luci gialle
della circonvallazione.
Poi la notte ritorna
sull'autombulanza parcheggiata
nei sotterranei dell'ospedale
dove dorme
al lume di candela
finché una sera
un odore acre
risveglia un portantino.
Anche la stagnola è diventata nera
e Rita ha il viso bruciato
buio come se qualcuno
avesse giocato su di lei col nerofumo.
Roberto
Al bar Euclide vanno i pariolini;
al bar Euclide vanno i ragazzi
che stendono il braccio
perchè non hanno trovato
di meglio da imparare,
che amano picchiare
per sentirsi maschi.
Al bar Euclide si mangiano le paste
con le ragazze dalle cosce lunghe
si va alla toilette con l'ultima dose
per ricordare gli amici:
Angelo il picchiatore
ucciso dalla Volante rossa,
Andrea che crocifisse Rosaria
nella villa del Circeo.
E via con loro
nel girotondo pazzo
del militante sconfitto:
guerrieri smarriti
disertori della vita
mentre bussano invano
alla porta del bagno occupato.
Rosaria
Rosaria è in posa
come un soldato caduto
la testa riversa
il braccio abbandonato
la gamba scoperta
sulle scale del sottopassaggio
e l'odore d'orina.
Sono passati
per un'ora intera
accanto ai suoi trentotto anni
pensando: "sporca barbona"
perchè Rosaria è morta
ma nessuno lo sa.
E sotto gli stracci
non c'è centimetro
di pelle senza buco.
Rossella ed Elena
Da quanti anni Rossella
convive con la scimmia?
Negli schedari della Polizia
è l'unica data precisa:
un furto a diciott'anni
per procurarsi la roba.
Finché si è lanciata nel vuoto,
per crollare nel balcone sottostante.
Quattro volte si è rialzata
quattro volte si è buttata,
rimbalzando da terrazzo a terrazzo
come una bestia impazzita.
Fino a schiantarsi nel cortile
fra rigagnoli di sangue
che impiastricciano
il corpo minuto
il volto scavato
i capelli castani.
Come Elena sette mesi prima.
Anche lei quel Lunedì dell'Angelo
scavalcò con le calze bianche
il parapetto dell'attico
con la ringhiera metallica
e si gettò nel vuoto
fino al piano di sotto.
Ancora la forza di rifarlo
ed il lungo volo
come un aquilone stanco.
Senza nome
Il pallone rimbalza
un mattino nel prato
al centro commerciale
di Casalpalocco:
"sembrava che dormisse".
Allungata sull'erba
sotto il tronco di un albero,
come la principessa
di una dolce fiaba.
Piccolina, graziosa, giovanissima
nei jeans celesti
la camicetta a pois rossi
i capelli lunghi castani
e sul braccio scoperto
tanti forellini:
"forse le zanzare".
Poi i ragazzi hanno compreso
l'immobilità senza respiro
e sono scappati
lasciando il pallone.
Dopo cinque giorni
cercano ancora il nome.
Sulla cronaca del giornale
hanno pubblicato la foto dei gioielli:
un anellino di latta
un cerchietto da polso
due orecchini d'ottone spaiati.
Sigfrido
Diciassette anni fragili
e un nome forte, Sigfrido
figlio della prigione.
Il padre ladro a Rebibbia
la madre spacciatrice alle Muratte
lui tra le sbarre di Casal del Marmo.
Un'auto rubata, una fuga, uno scippo
sono la sua provvisoria libertà
sono la sua sgangherata gioventù.
Finché negli spazi angusti di una cella
l'acido non spalanca
un orizzonte senza più confini
un inganno senza più orizzonti.
Tranne il pendolo di un lenzuolo bianco
legato come un ultimo sudario
ai ferri rugginosi del finestrone
in un collare per un cucciolo infranto.
Silvia
Va da Milano a Roma
il treno dell'inverno,
l'inverno dei vent'anni;
la vita fugge dai finestrini
come il rotolo di carta
nella squallida toilette.
Silvia non ricorda più
con la puntura nel braccio,
finché i buchi neri
dell'ultima stazione
sono il capolinea di un respiro.
La troverà la donna delle pulizie
nel convoglio già vuoto.
Un corpo da ramazzare
con le briciole dei panini
e i cocci di bottiglie
mentre i viaggiatori
si fanno da parte.
Silvio
Silvio lo chiamano Flash
e non ha un amico
quando si aggira
con occhi di fantasma
fra le panchine
dei giardini reali.
Silvio con un codino
di capelli neri
dietro la nuca
e quarant'anni bastonati
quando l'hanno scoperto
con gli occhi al cielo
e la camicia slacciata.
Non ha parenti Silvio
non conosce nessuno.
Per farlo felice
almeno una volta
la pietà di pochi
lo ha lasciato andare
fra i canti, le preghiere
e il sorriso dei fiori.
Stefano
Pupazzetto scomposto reclinato
sul ciclomotore nel viottolo
sterrato al Ponte Mammolo.
Nascosto all'ombra
di una chiesa con la croce,
la siringa nella carne.
Il deliquio improvviso
la fuga senza scampo
sulla motocicletta,
immobile sul cavalletto:
le braccia scivolano
il petto sul manubrio
la testa sul fanale
quasi un mimo impietrito.
Diciassette anni
per un sepolcro grottesco
e una dose di fuoco.
" Non so, non sa nessuno"
balbetta il gemello.
Gli anni di piombo (parte seconda)
Alla stazione di Bologna
Sole di amianto rovente.
Voce metallica uguale:
"E' in arrivo il treno... ".
I binari si perdono lontani
nella calura tremolanti.
L'orologio rotondo
insegue i secondi.
Stazione d'agosto:
l'emigrante ritorna
i ragazzi della colonia
il militare va a casa
la famiglia in vacanza.
Lo zaino sulle spalle
un bacio d'amore
un fazzoletto agitato.
La sala d'attesa, il bar
il sottopassaggio.
Fermi così un istante:
foto ricordo con la morte.
L'apocalisse della ragione
e una valigia abbandonata.
Lacerante il boato,
polvere e vento
a mordere la pelle
di cento persone.
Sotto travi e calcinacci
poltiglia di vita
sangue annaffiato
da recipienti bucati.
Inizia il conto macabro
della lucidità assassina.
Un padre, una madre
più un bambino;
un vecchio, una vecchia,
più un cane;
un tassista, un turista
più una suora.
Unghie scavano
tesori di bocche inaridite
di membra straziate.
Che conto lungo
che giorno senza fine
per Bologna violentata.
Vecchio invecchiato
il Presidente piange:
"... quelle creature... ".
Ed ora silenzio,
non parlate.
La dignità d'essere vittime,
anche del ladro,
il sacrificio
innocente non
merita nessuna
delle vostre parole senza senso.
Biagio e Francesco
A Badde `E Carros
è in prigione la pietà
quando nel carcere
si liberano
lampi di bestia.
Lo hanno trovato garrotato
con il cranio fra le sbarre.
Hanno fatto col corpo
il tiro alla fune,
l'amico sgozzato
con coltelli e forchette nella gola.
Se hanno la colpa
di avere parlato
non parleranno più:
bocche cucite
nel cuore di Barbagia.
Luigi
Puntuale al mattino
nell' auto d' argento
Milano perbene
ha un mitra per sveglia.
Le canne brillanti
impazzite di fiamma
il cristallo che esplode
in un fuoco di vetri
e la carne sfregiata
accompagnano il sorriso
di un ragazzo elegante
dagli occhi incupiti.
Una lapide in più
nell'elenco meccanico
dei burattini condannati.
La promessa mantenuta
nelle lettere senza nome
delle voci senza volto
quando il telefono
è un filo di paura,
quando e impossibile sottrarsi
alla spirale vigliacca
mentre il mangianastri
ubriaca di suoni
la bara argentea metallizzata.
Renato
Ha l'età di un figlio
l'angelo che gli siede accanto
mentre il convoglio s'immerge
silenzioso nel tunnel.
Fuori, livido, novembre
spande lacrime di pioggia.
La mano armata e ferma
all'altezza del viso,
il tempo di incrociare lo sguardo
con l'angelo della morte
che preme il grilletto
con due colpi precisi
nel mezzo della fronte.
Zampillano rivoli rossi
dal corpo piegato sul sedile.
Puntuale il metrò
arriva alla stazione
nei respiri rappresi
di cinquanta passeggeri.
Colpi di vento regolari
sbattono le porte
carezzano il sangue che corre
nei canali paralleli
dei tappeti di gomma.
Linea 1, numero 06:
si recava al lavoro
col paltò da impiegato.
Sugli occhi sbarrati
l'ultimo vestito
è una coperta grigia
nel carro bianco
dalla sirena impazzita.
Serpico
Dicono che i migliori
li porta via
il Signore.
Ora li porta via
il terrore.
Moro, Bachelet, Tobagi...
Io non so
se siano i migliori.
Perchè lo sarebbe anche il poliziotto
col viso frantumato
stipendio magro
sogno da brigadiere
coltivato sull'onda
di una vita di riflesso.
Lo chiamavano Serpico.
Io non so
se siano i migliori.
So che nei giorni
di Caino
sono là,
in un'auto
in un androne
lungo un marciapiede
specchiato di pioggia,
fagotti di carne
senza appello.
Ciascuno ha un nome
ma nella memoria
sono un'unica
assurda, monotona teoria
dell'uomo dilaniato.
Disco incantato
che suona
valzer di morte.
Un figlio
Ed ora chi spiegherà
che i chiodi
non erano suoi?
Che la croce
può essere un errore?
Una somiglianza
uno sbaglio di persona.
Ventiquattro anni sui
sampietrini ubriachi di sangue.
Le mani contratte
gli occhiali di traverso
in un cunicolo buio
di Monteverde.
Gli contano i buchi
alla tempia, alla gola
ma chi lo dirà
alla madre malata
che aspetta un figlio
coperto di fiori?
Una madre
La donna ha panni neri
bocca dilatata
denti squassati.
Vecchia madre del Sud.
Capelli di neve sporca
polvere di fatica.
Labbra scomposte
come un nastro
registrano dolore:
"Figlio mio
amore mio
unico amore".
Seno caduto in fiore
per allevare
bare tricolori.
Speranze
di un destino diverso
chiuse nel catafalco
e la corona sopra.
Baci, parole e poi?
Donna in croce
Inchiodata
ai tuoi perchè.
Via Fani
Grida di lamiere contorte
quella mattina in via Fani.
Il graffio delle gomme
sull' asfalto
la sequenza accelerata
della mattanza vigliacca.
Marionette piagate
come sagome al tiro.
Veli di sangue coprono
i fotogramma della scorta.
Ed è carro già funebre
la vettura che fugge.
Ostaggio dallo sguardo triste
nei ritratti scattati
nel carcere di un popolo
smarrito ed infedele.
A che vale essere eroi
quando non c'è un perchè?
Quando la vita disperata
annaspa senza presa.
La grafia si perde
negli interrogativi
di una fine inaccettata.
Inaccettabile forse.
"Uomini delle Brigate"
si genuflette il Papa.
Fino al giorno in cui
non basta la mano
a difendere la carne.
In via Castani
il corpo sgualcito
sotto cenci sgualciti
accartocciato, osceno.
Che riposi almeno
nella pace
di un piccolo cimitero
senza storia.
Le illustrazioni realizzate a pennarello sono della pittrice Cecilia Argulello Sanson.
Giorno per giorno
mi screpolo
nel tempo.
Molti studiosi amano fare un'infinità di dotte citazioni. Non avendo nulla da dire o da aggiungere fanno la ruota del pavone con le penne degli altri.
Quanto dovrò
ancora amarti
per poterti odiare?
La scienza di danna contro l'astrologia. Smascherando anche i sogni e riducendoli ad altrettanti inganni. L'astrologia, nel peggiore dei casi, si limita a trasformare gli inganni in sogni.
Controluce
nuvole bianche
germogliano leggere
sui tuoi capelli.
Un tempo in cui le bombe vengono definite "intelligenti" non può che essere un tempo idiota.
Ti ho sognato.
Purtroppo è soltanto
un surrogato.
La vita è sogno. Quando non diventa un incubo.
Il lumino nella notte
si proietta sul soffitto
tremolando rotondo.
Barlume appena fioco
come un'anima in pena.
Il nocciolo della conoscenza è uno soltanto. Sono gli uomini a mutarne il guscio secondo i tempi e le convenienze.
Non mi interessi più.
Mi hai detto sempre no
cancellandoti da sola.
Ogni giorno la televisione rimanda da tutte le parti del mondo orrende scene di guerra: corpi dilaniati, incendi, distruzioni, bombe, stupri, profughi, deportati... Dio deve essere in ferie.
Il cielo notturno mi incanta
è un incunabolo
che non riesco a decifrare.
Un alfabeto
che non riesco a capire.
La Cappella Sistina è un'opera sublime. E' l'unico posto dove ho visto esseri umani di tutte le razze guardare insieme verso l'alto.
Lasciati andare
alla giostra dei colori
al pennello
che veloce rapprende
gli umori dell'anima.
Quando si è giovani si insegue la felicità e, non trovandola, si pensa che la vita possa essere infelice. Poi non la si insegue più. E ci si sente più vicini alle soglie della serenità.
Dicono che con te
sarebbe come andare
in mezzo al fuoco.
E io ho paura.
Ma nella notte
sogno il rogo.
I soldi non danno la felicità. Ma aiutano a comprare a prezzo d'occasione la soglia minima indispensabile di tranquillità. Senza la quale è impossibile ogni felicità.
Se ne andò dolcemente
come era vissuto.
Due parole solamente:
"Scusate il disturbo".
La vita è una minuscola macchia d'inchiostro su un libro bianco dove non è scritto nulla.
Le stelle
sono stampelle
alle quali
appendere i sogni.
Poche righe, una lettera. Possono cambiare una vita.
Sfoglio gli anni
della mia vita
come i petali
di una margherita.
Per scoprire
che la vita non m'ama.
In questo mondo di successi finti, artefatti, artificiali non è poi così indispensabile raggiungere il successo. Si rischia di essere confusi con le monete false.
Mi piace al risveglio
ricucire i sogni
catturando esausto
le ombre del mistero
Ogni 10 di agosto mi metto con il naso all'insù, a guardare le stelle che cadono. Chissà se le stelle mi riconoscono.
L'alba è degli uccelli
la notte è dei grilli.
In mezzo ci sono io
come un pendolo senza senso.
Con la costola rotta mi posso muovere poco. Che alibi per la mia pigrizia.
La vita è un gioco
a rimpiattino
con la morte.
Ho espresso un desiderio mentre cadeva una stella. Ho chiesto te. Non vorrai dire di no anche alle stelle?
Sarebbe proprio stupido
se non ci fosse un Dio
a dare la sveglia
all'orologio della vita.
Fino al giorno in cui
si dimenticherà di caricarla.
Sue vent'anni, dicevano per la somiglianza, molti mi chiamavano Kennedy. Poi, per fortuna, se lo sono dimenticato. Con tutto quello che succede in quella famiglia... e soprattutto perché io Marilyn me la sono solo sognata.
Di fronte
alle stelle
rammendo
i pensieri.
Se non ci fosse stato Giuda, Gesù correva il rischio di diventare un fallito.
Il cielo oggi vola
nel vento
come un aquilone
nei ricordi
di un'estate al mare.
Va di moda "er piotta", Viviamo stagioni da quattro soldi.
Rimango giorni
con il pensiero
sulle tue labbra
appena sfiorate.
E resto nell'attesa
per ritentare ancora.
Guardare è di tutti. Saper cogliere il bello è dei pochi.
Quando avevo
un corpo giovane
il cervello era già vecchio.
Ora che invecchio
il cervello si sforza
di ringiovanire.
Sono stato a Venezia all'ultima Biennale del millennio. Ho avuto l'impressione che l'arte se la siano perduta lungo la strada.
Il mondo rotondo
ha forma di mela
che l'uomo divora.
E se la terra
fosse il pomo
che Adamo ed Eva
non dovevano mangiare?
Al ristorante del paradiso servono animelle.
Un giorno la morte
mi sorriderà.
Ed io
ricambierò il sorriso.
Io voglio bene a mia moglie. Ma il suo carattere a volte me la fa odiare.
Un urlo nella notte
ha prosciugato le stelle.
Mentre brividi di paura
si posano nella mente
come fiocchi di neve.
La vita trascorre in un mondo senza pace. La morte dovrebbe trascorrere in una pace senza mondo. Il paradiso sulla terra non esiste. Quello in cielo è da verificare.
Ombre lunghe la sera
si intrecciano
nell'alveare dei pensieri
mentre le spie colorate
del videoregistratore
carezzano il buio
nelle stanze senza amore.
Veniamo al mondo con un cappio al collo. La morte deciderà quando stringerlo. Godiamoci la suspence.
Diogene cercava
l'uomo con la lanterna.
Non l'hanno trovato
nemmeno con il laser.
Nel buio più disperato anche un fiammifero diventa un faro.
Anno dopo anno
rinvio dopo rinvio
la vita fugge
fra le dita.
E già la vedo posarsi
come un aquilone stanco
tradito dal vento.
Un incontro d'amore, quando la differenza d'età è visibile, ci rende più giovani di quanto non siamo. Un rifiuto ci rende più vecchi di quanto non si sia.
Ho vestito i miei occhi
di tramonti
ora che l'alba della vita
sfuma nella lontananza.
E mi sento assente
come fuori del tempo
sospeso agli aghi
dei miei anni perduti.
La scienza spesso codifica, a distanza di millenni, ciò che l'uomo già conosce dall'alba del tempo.
E se anche tu
nelle notti senza luce
fossi scesa dolcemente
a visitare i ricordi
avrei pianto pensando
che non ci sei più.
La fede è spesso il grimaldello con cui il potere scassina il cuore degli uomini, rubando il tesoro più prezioso: il cervello.
Dio stanco d'esser solo
mise l'uomo al mondo
creatura intelligente.
Ma poi temendo
quest'essere innocente
gli diede una compagna:
la donna.
E lo fregò per sempre.
I sogni più belli sono quelli che non si realizzano mai. Non soffrono il confronto e la delusione della realtà. Restando così eternamente sognati.
Sono nato un giorno
nel quale in cielo
era vacanza.
Così all'anagrafe celeste
il mio nome non esiste.
E fu per questo che Dio
non seppe mai
che c'ero anche io.
Gli scienziati ora dicono che l'inizio del tutto fu il big bang e che Dio non c'era. Ma pare non vogliano porsi la domanda su cosa o chi c'era prima.
Oggi è un giorno maledetto.
Un angelo si è suicidato
buttandosi da una nuvola.
Gesù, il figlio di Dio, morì crocifisso sulla croce. E con lui fu messa in croce parte della nostra capacità di raziocinio.
Oggi è un giorno strano.
Satana risvegliandosi
si è fatto il segno della croce.
Quando si comincia appena appena a capire come bisognerebbe vivere è già il momento di morire.
Tra un uomo e Dio
è preferibile
amare Dio.
Anche perché
non è detto che ci sia.
Il sesso non ha e non può avere regole. Purché non sconfini nella violenza fisica o psicologica dell'altro.
Navigheremo insieme
extrasensoriali mondi
battendo all'unisono
col cuore di Pangea.
Squamando verità
alle membrane di galassie
inchiodate sul cielo.
La scienza nasce senza peccato, innocente, verginale. Troppo spesso l'uomo che la pratica e la governa è solo un peccatore.
L'ho amata
come non è giusto amare
senz'essere riamati.
Avverto spesso la sensazione di essere nato controvento.
La vita è un urlo
fra un pianto ed un silenzio.
La vita è un lampo
fra la luce e il buio.
Gli zombi debbono essere persone colpite da depressione nelle aree del sottosviluppo.
Ti nascondi
eppure sei presente
quando una farfalla
schiude le ali
dalla sua larva molle.
Da solo il caso
produce sgorbi
e di sgorbi è ripieno
il suo cortile.
Ma ci governa un'armonia
che viene da altri mondi.
Avevo smarrito la memoria e la capacità di ragionare. Ora, per fortuna, anche il cervello se ne è accorto.
C'è più saggezza
in una goccia d'acqua
che nella mente
dell'uomo più sapiente.
In questo mondo finto mi sento troppo vero.
Quando la malinconia
spugna i pensieri
la vita si arrotola
in un vortice vischioso.
Nel quale
mi inabisso
a poco a poco.
L'uomo è il sommo distruttore dell'universo. Creato da Dio, creatore dell'universo. C'è qualcosa che non va in questa sequenza.
Cerco di addentrarmi
nel bosco d'un pensiero:
l'infinito.
Ogni volta mi perdo.
Con il passare delle stagioni diventiamo, almeno nel corpo, la caricatura di quello che eravamo.
Fra stella e stella
ci sono miliardi
di anni luce.
Gli stessi che corrono
fra me e il mio vicino.
Se facendo un conto ti diverti a fare somme senza senso con i numeri, vuol dire che non sei ancora un numero.
Sotto i portici
un barbone
vive in un cartone.
Non è una reggia, eppure
padrone di se stesso
sembra un re.
Il massimo del romanticismo masochista: impiccarsi ad una stella cadente.
Sulla neve, in Egitto
durante la crociera
sull'antico fiume
ho visto una donna bellissima.
E mentre la spiavo
con la curiosità pavida dei timidi
un desiderio mi è caduto nel Nilo.
Il giorno, la notte. La notte, il giorno. Solo la morte interrompe la monotonia.
E' una donna
dalla lingua tagliente:
l'hanno chiamata
durlin-dama.
Sindacalisti spesso diventano quanti, con l'alibi di tutelare gli interessi degli altri, cercano un ruolo per curare soprattutto gli interessi propri.
Un giorno colsi
un imbroglione in flagrante.
"Chi sei?" gli chiesi
e mi rispose: "Dio!".
Sogno o son desto? Vivo, ma non sogno più.
Hai venti anni.
Come femmina li dimostri
come donna devi ancora nascere.
Per femmina intendo
l'indispensabile corollario
dell'uomo nell'accoppiamento.
Per donna, lo sai,
molto di più.
dunque, amore, cresci!
C'è troppa gente più concentrata quando si siede sul cesso che quando apre la bocca.
Non innamoratevi di un folle.
Non avrà pietà
e a voi non resterà nemmeno
il diritto di odiarlo.
Ha un alibi perfetto.
Il sapere e la conoscenza, quando si accompagnano al pregiudizio e al fanatismo, sono più pericolosi dell'ignoranza e dell'incultura.
Io vorrei
ma non posso.
Io vorrei
ma ho timore.
Io vorrei
ma mi arrendo.
Io vorrei
ma sono stanco.
Io vorrei
ma ci penso.
Io vorrei
ma è già tardi.
Viviamo in un mondo fatto di esseri inconciliabili: c'è chi spreme il tubetto del dentifricio dal basso e chi lo spreme dalla metà. Chi potrà mai metterli d'accordo?
Facciamo festa
per i vent'anni
che schioccano
come nacchere
sui corpi di giada.
Perché un giorno
la vecchiaia li artiglierà.
La religione castra l'uomo. Il comunismo lo uccide. Il capitalismo lascia che si uccida.
Le sabbie mobili della vita
ci ingoiano a poco a poco.
E affondiamo lentamente
mentre gli altri
stanno a guardare.
Fare il direttore di un giornale equivale a contrarre un virus inguaribile. Spesso non si riprendono più, in una repentina mutazione genetica.
In fondo viviamo solamente
lo stillicidio
di una condanna a morte.
Vivo in condominio, ci sono persone gentili. Ma sono costretto a convivere con tanta umanità-spazzatura. Spesso sono quelli che confezionano meglio i sacchetti dell'immondizia.
E se un giorno
qualcuno mi amerà
senza chiedere niente
solo per darsi
e dare
io ne sarò contento.
Egoista felice
per un lungo momento.
Ma non è mai accaduto.
Non accade.
Chissà mai
se accadrà.
Ci sono sere in cui i miei pensieri mi fanno paura.
Sul manifesto a lutto
c'è un antico amore.
Una lacrima asciugata
rispunta nel cuore.
La vita mi è venuta inconsapevolmente addosso. Avrei voluto un'occasione per poterla scegliere.
Ho un paraocchi scuro
non vedo più niente.
Ho paura che possa
uccidermi lentamente.
E' un giorno strano. Dio è morto cadendo dal paradiso mentre guardava la terra. Qualcuno sussurra che si sia suicidato.
Quando le giornate
sono nere
la notte incombe
il terrore.
Ho schiacciato un pisolino. E' rimasto spiaccicato.
Ho appeso un sogno
a una farfalla.
E' caduta stecchita.
Ho la più grave delle malattie. Ho perso il sorriso.
Imbalsamato
fra la gente.
Deambulando.
Stoicamente
assente.
La gioventù è una stagione ingannevole. E' fatta soprattutto per essere rimpianta.
Porto a spasso
me stesso
con il viso di gesso
e gli occhi rossi
per l'insonnia
che striscia
fra guanciali sudati.
Quando i pensieri diventano una matassa inestricabile il cervello picchia in testa come un motore fuso.
Il sole va calando
e io non mi stanco.
Perché domani
al tramonto
starò ancora
sognando.
Perché parlate sempre d'amore se non sapete cos'è?
Fino a ieri con occhi arrossati
martellava sugli appunti.
Ora vola inebriato da un clacson.
Prima sofferto e ispirato.
Adesso incazzato e felice.
Con un sonetto nel motore.
Dieci di agosto: San Lorenzo. Questa notte gli angeli giocano a ping pong con le stelle.
La penna graffia il foglio.
Se almeno in questo
fosse il mio valore.
O è solamente
il solito balbettio monco
di eterno aspirante
alle illusioni?
Solo padri e madri migliori potranno garantire una società migliore. Il guaio è che per i figli non siamo mai i genitori migliori.
La rabbia o la depressione
sono fra gli stimoli
delle mie creazioni.
Ma quando il cielo è sereno
mi rassereno anch'io.
L'aforisma, le massime sono filosofie bonsai.
La notte allaga i pensieri
uccellandoli
sull'altalena dei sogni.
Ad essere onesti e miti si finisce quasi sempre per passare dalla parte del torto.
La poesia non paga.
Ed è giusto,
perché il denaro
non è mai poesia.
La vita non è poi così bella. In fondo non è nemmeno brutta. Purtroppo la vita è soltanto vita.
Ho fatto un'operazione
al computer
e il computer ha risposto:
"non sei abilitato".
Dicono che il computer
non sia intelligente.
Ma intanto
mi dà del deficiente.
Vorrei essere un Dio. Per poter restare indifferente alle sofferenze dell'uomo.
Mi guardo attorno
e non vedo molta gente
in grado di andare
nel regno dei cieli.
Forse in paradiso
hanno messo un cartello:
"Affittasi".
Non possediamo la verità. Ne siamo posseduti.
E ora chi
ridarà la gioia
al mio sesso stanco?
Senza amore.
Appeso fra le gambe
come a un gancio da macello?
La notte è la faccia scura, il ballo in maschera del giorno.
Appena ieri ti cercavo
con la febbre del desiderio.
Quando ogni cantone la sera
era il porto dei baci.
Siamo brandelli di carne in progressivo disfacimento. Siamo pirati della vita, con un teschio sulle nostre bandiere.
Pensieri fluttuanti
di voglie smarrite
di sogni feriti
guardandomi indietro.
E avanti?
Non so.
E l'aldilà? Ne sappiamo poco. Quel poco è di una noia infernale.
Sono le notti senza sonno
le notti senza vita
le notti ululanti
di strani rumori.
Dei gatti in amore.
La vita è un tram sul quale si sale senza sapere dove è diretto, senza sapere perché siamo in vettura, senza sapere a quale fermata dover scendere.
C'è un sapere perduto
da qualche parte nel mondo
da qualche parte nel tempo.
Vivere è un po' morire.
La vita mi si è sciolta
come neve al sole.
E in un battito di ciglia
mi è scivolata fra le dita.
Non c'è nulla che la natura non possa permettersi.
Azzurro fluttuante
nelle anse dei pensieri
mentre il buio gronda
su grida e silenzi.
E il digiuno di baci
screpola le stelle.
Non capisco il fine del disordinato ordine e della disarmonica armonia di questa vita. Ma questa vita, tuttavia, ha un ordine e in qualche modo una misteriosa armonia.
I miei morti
sono già tutti nella terra
e chiamano con rami
d'albero spogli.
Un giorno verrò.
Per essere un fiore a primavera.
Finalmente mi sono convinto di avere talento. Il guaio è che non sono ancora riuscito a convincere gli altri.
Dava l'amore a pagamento.
Quando morì
le fecero un triangolo
come monumento.
A volte me la rido. Perché se dovessi analizzare seriamente questa vita mi verrebbe da piangere.
Nel buio del disamore
un grido senza fine
ha attraversato le stelle
mentre la malinconia
si posa sulla mente
come un manto di pece.
Da ragazzino andavo a caccia di farfalle con il retino. E le prendevo. Da grande continuo ad andare a caccia di farfalle. Ma non le prendo più.
Ogni giorno che passa
la vita e il lavoro
mi deludono.
Allora rastrello ricordi
di ciò che poteva essere
e non è stato.
E sugli scaffali degli anni
raccolgo ampolle di vetro
con gli aborti dei sogni.
Il sonno della ragione produce mostri. La dittatura della scienza provoca il sonno della ragione.
Stanno cadendo le stelle
con una scia di sangue lucente.
Come se qualcuno svenasse
le braccia del tempo.
L'Illuminismo, a ben riflettere, ha prodotto anche un orrendo olocausto intellettuale.
Ha i brividi
ha la febbre
smania.
Sentitegli il cuore
può darsi che è amore.
Da un po' di tempo quando incontro un fiore gli rispondo con un sorriso. E' preoccupante?
Parole, assonanze
lontane transumanze
di vocaboli e suoni.
Chissà perché le donne, anche quelle più libere, dopo che si sono concesse, hanno sempre bisogno di un alibi.
Questa febbre insana
del mio piccolo io
di risanare
le ingiustizie del mondo.
Uno spillo di fuoco
caduto su un ghiacciaio,
capace di sciogliere
una lacrima soltanto.
Ogni successo dei furbi e dei prepotenti l'avverto come una sconfitta personale.
E' faticoso al mattino
ricominciare a vivere
dopo l'eclisse dell'io
nei sogni scolorati.
Sono nato in un tempo in cui comandavano i padri. Sono diventato padre in un tempo in cui comandano i figli. Aspetto ancora il mio tempo.
Ho gridato nel tuo muschio
come un uccello ferito.
E sbattendo le ali
sono precipitato.
I poeti non andranno mai al potere. Si rischierebbe forse un mondo migliore.
Inguaribile coltivo sogni.
Sogni fragili
come bolle di sapone.
Basta un soffio per farli svanire.
Ma la vita si diverte
a sparargli col bazooka.
Tanto più il nostro io è nobile tanto più entriamo in crisi.
Non ti ho
ancora trovata
e già ti perdo.
Vorrei fare uno "strike" fra gli scranni di Montecitorio.
Risale a poco a poco
lungo il vetro
il groviglio scomposto
dei pensieri.
Cercando l'alba
la luce
e il giorno nuovo.
Ma le piaghe riaperte
di chissà quali paure
hanno incrinato
lo specchio fragile
del mio io
senza appigli.
Roma sta diventando la pattumiera più bella del mondo.
Dio mio,
è abbastanza.
Non mi ferire più.
L'umanità, dice qualcuno, è un prodotto del caso. Ho l'impressione, a volte, che si confonda la "s" con due "z".
Vorrei che qualcuno chiamasse
quando scendo nell'abisso.
Altrimenti corro il rischio
di non tornare su.
Ma non c'è una voce
nemmeno l'eco di una voce.
Come se in fondo al buco
il mondo fosse muto.
Non c'è peggior lettore di chi, credendo di sapere scrivere, non sa nemmeno leggere.
Quante speranze
avevo riposto in me.
I capelli sono bianchi
e le speranze riposte.
La vita è un soffio. Chiudete le finestre! Sta già fuggendo via.
Forse è ancora presto
per fare i bilanci.
Ho una sete inesaudita
di consenso.
Ma i bilanci mi inseguono.
I sogni sono ombre di imperscrutabili verità. O di inconfessabili deisderi.
Vorrei essere un'isola felice,
ma gli altri mi hanno costretto
ad essere un'isola soltanto.
Con la nascita veniamo dati in prestito alla vita.
{adselite}
Il cielo piange
con lacrime di stelle.
Le stimmate del mondo.
Ahi serva Italia di dolor bordello!
Gioca con me
gioca anche tu.
Fai di me un gioco
per giocare con te.
In un ginnico
gioco gioioso.
Perché solo giocando
saremo eterni
giocatori dell'eterno.
In questa società mestruata persino le pornostar diventano navi-scuola di pensiero.
Hai talento, hai talento
me lo hanno detto
tante volte.
Ma all'anima non basta
come unguento.
Specie se il talento
sbatte sui vetri
come una mosca cieca.
Il rispetto assoluto, categorico delle regole è il grande alibi della mediocrità supponente.
Unire parole
come fili di perle
creando armonie
che sfiorano il cuore.
Trovare nei suoni
messaggi più arcani,
scoprire pensieri
che sanno di altrove.
Stupito compongo
e assemblo colori
di un vecchio dipinto
che gronda millenni.
La storia non è maestra di vita. La storia dell'uomo non insegna nulla, se non gli errori già commessi, che qualcuno prima o poi ripeterà. L'unica maestra è la natura. Basta solo osservarla.
L'ultima volta che lo vidi
capii che stava male.
Lo scheletro
gli era scivolato via.
L'11 settembre 2001 neanche il Nuovo Mondo è diventato vecchio.
Quante volte
ho sentito chiedere
che cos'è la poesia.
Una vibrazione
un sentimento
un lampo
degli occhi e del cuore.
Un'eco fonda
di questa vita
colorata e incolore.
Di questa vita
haimè, senza amore.
Sto entrando nel tramonto, ma non ho ancora visto l'alba.
Prefazione
Desidero salutare questo libro felice, felice perché è una delle rare opere che facciano sperare nella possibilità, oggi, di un ponte lanciato fra la scrittura in versi e il grande pubblico. Paradossalmente felice: perché in nessun verso, in nessuna piega del discorso cessa di risuonare una nota cupa, tragica. Tanto nella prima parte, dove sfilano gli adolescenti personaggi di una nostrana Spoon River in terza persona, i dannati dell'illusorio piacere, quanto nella seconda parte, dove passano le vittime e i testimoni degli anni di piombo, ci appare sempre aperta e sanguinante la ferita inferta al nostro tessuto sociale, alla nostra inerme fraternità, alla nostra fiducia che tanta tecnologia, tanto genio scientifico e tanto benessere possano, tanto più in mancanza di guerre, rendere migliore il mondo.
Lasciando da parte in questo caso, per esigenze anche pratiche di discorso, la nostra formazione crociana e quanto ne rimane, ricordiamo che ci sono testi di poesia che privilegiano il plot, la storia, la narrazione, l'antico contenuto o il senso, e altri, quelli dove il significante s'impone sul significato, quelli insomma che hanno fatto dire a Jacques Chardonne. "Quando uno scrittore ha stile, di quello che ci racconta può non importarci un bel nulla".