Il mondo e tutti i suoi continenti potrebbero essere stati toccati ben prima degli europei da un ammiraglio cinese chiamato Zheng He, le cui flotte solcarono gli oceani tra il 1405 e il 1435, stando alla teoria che gli accredita la paternità della scoperta dell’America, elaborata dall’ex ammiraglio inglese Gavin Menzies nel suo saggio 1421: la Cina scopre l’America (in Italia pubblicato nel 2002 da Carocci editore). La Cina fu dunque il vero centro della navigazione antica? Fu l’impero celeste a essere il primo a circumnavigare il mondo in un iter esplorativo del tutto inaspettato e straordinario? È ciò che la scoperta di cui stiamo per parlare, esplosa come una bomba nei notiziari internazionali dello scorso gennaio, sembra evidenziare. Le recenti notizie tendenziose apparse sulla stampa italiana che ne dichiarano con sicurezza la sua falsità, in realtà, non sono dimostrabili e solo le analisi potranno derimere la questione.
Una mappa cinese del 1763 apparsa di recente, probabilmente copiata da un originale del 1418.
Raffigura l’intero planisfero in un periodo in cui l’Europa era molto lontana dallo “scoprire” l’America e l’Australia.
Furono davvero i dragoni cinesi i primi a esplorare il mondo?
In questo esclusivo reportage scopriamo uno dei reperti più importanti apparsi negli ultimi anni.
Una mappa impossibile
Il 16 gennaio, a Pechino, Liu Gang, uno dei più eminenti avvocati commerciali della Cina e collezionista di mappe e dipinti, ha presentato quella che potrebbe rivelarsi una straordinaria prova a sostegno del caso dei viaggi esplorativi dell’ammiraglio Zheng He. Si tratta di una copia, eseguita nel 1763, di una mappa, datata 1418, che contiene note sostanzialmente in accordo con quanto riportato nel libro di Menzies. La mappa mostrata presenta sei ideogrammi cinesi nell’angolo in alto a destra che attestano trattarsi di una «carta generale del mondo integrato». La cosa straordinaria è che questa presenta realmente l’intero planisfero così come lo conosciamo oggi, comprese terre che gli europei erano lontani dallo scoprire. Questo già nel 1418. Nell’angolo in basso a sinistra della mappa, una nota avverte che fu stata disegnata da Mo Yi Tong a imitazione di un originale del 1418 che mostrava i barbari mentre pagavano tributo all’imperatore Ming. Mo Yi Tong, il copista della mappa, avrebbe fatto una chiara distinzione tra ciò che aveva preso dall’originale e ciò che aveva aggiunto lui stesso. La mappa, apparsa all’improvviso, è stata acquistata da Liu Gang per circa 500 dollari da un piccolo commerciante di Shanghai nel 2001. Liu Gang, cosciente del reperto, l’ha mostrata a cinque altri collezionisti esperti, tutti d’accordo nell’affermare che le tracce di vermi nella carta di bambù e la depigmentazione dell’inchiostro e dei colori indicavano che la mappa avesse più di 100 anni. I dettagli sono ragguardevoli. Le sagome dell’Africa, dell’Europa e delle Americhe sono immediatamente riconoscibili. Il Nilo è rappresentato con due sorgenti. Il passaggio a nordovest appare libero dai ghiacci. Ma anche le inesattezze saltano immediatamente all’occhio. La California è rappresentata come un’isola, mentre le Isole Britanniche non appaiono affatto. La distanza tra il Mar Rosso e il Mediterraneo è 10 volte quella che dovrebbe essere. L’Australia è nel luogo sbagliato (anche se i cartografi non hanno più alcun dubbio che l’Australia e la Nuova Zelanda furono scoperte dai marinai cinesi secoli prima che il capitano Cook arrivasse sul posto). Il commentario della mappa, che dovrebbe essere stato tratto dall’originale del 1418 – sempre se questo verrà provato – è scritto in ideogrammi cinesi ancora facili da leggere. Riguardo alla costa occidentale dell’America, la mappa dice: «La pelle della razza di questa zona è nera-rossastra e portano piume intorno alla testa e alla vita». Degli australiani racconta: «La pelle degli aborigeni è anch’essa nera. Tutti loro sono nudi e indossano manufatti d’osso intorno alla vita». Dunque, i cinesi avrebbero davvero anticipato tutti nelle loro esplorazioni, riuscendo a mappare l’intero globo? La mappa offre buone stime della latitudine e della longitudine di gran parte del mondo, e riconosce che la Terra è rotonda. «I cinesi erano sicuramente al corrente di concetti come la longitudine prima che Zheng He salpasse», sostiene Robert Cribbs della California State University. Sicuramente ne avevano dedotto che la Terra è rotonda. Il reperto ha già generato caos tra gli addetti ai lavori. Wang Tai-Peng, giornalista e studioso che vive a Vancouver, non dubita che i cinesi esplorarono il mondo all’inizio del XV sec. (il ricercatore ha scritto di una visita di ambasciatori cinesi a Firenze nel 1433), ma mette in dubbio che le navi di Zheng He siano sbarcate in Nordamerica. Wang sostiene inoltre che le mappe di navigazione di Zheng He erano disegnate con uno stile cinese completamente differente.
Attualmente, secondo quanto comunicatomi personalmente dal proprietario della mappa Liu Gang, si stanno già eseguendo analisi della spettrografia di massa presso l’Università di Waikato, in Nuova Zelanda, e i risultati verranno annunciati a febbraio. Un campione è stato anche spedito a Cambridge per le analisi al C-14. Siamo in attesa del responso, al contrario degli scettici per partito preso. Ma anche se i risultati fossero affermativi, queste analisi hanno un’importanza limitata, in quanto non possono fare altro che datare la carta con l’inchiostro del copista del 1763 e non confermare l’esistenza dell’originale del 1418, sebbene ne rappresenterebbero un forte indizio. Infatti, se la mappa del 1763 risultasse autentica, non si capirebbero i motivi per cui il copista avrebbe dovuto inventarsi che essa fu copiata da un originale di oltre tre secoli prima, considerando che a quell’epoca non esistevano mire espansionistiche o motivi per attribuirsi la paternità della scoperte dei cinesi rispetto agli europei. Per comprendere maggiormente l’importanza di questa scoperta, abbiamo contattato il ricercatore americano Gunnar Thompson, storico della navigazione aderente alla corrente “diffusionista”, personalmente coinvolto nella ricerca dei dati che possano comprovare l’autenticità o la falsità del reperto. Thompson ha già una sua idea sul reperto e ce ne parla approfonditamente.
Intervista a Gunnar Thompson
A.F.: Crede che questa mappa rivoluzionerà la storia della navigazione? Se sì, in che modo?
G.T.: «La risposta più semplice è un enfatico sì! Questo perché la mappa del 1418 e il libro di Gavin Menzies, 1421: La Cina scopre l’America, hanno portato nella pubblica arena un argomento che ha infuriato ai limiti della scienza ufficiale per decenni. L’etnologo norvegese Thor Heyerdahl (HERA 30, pag. 14) provò, negli anni Settanta, che gli antichi marinai erano in grado di veleggiare attraverso gli oceani, tuttavia gli storici e gli antropologi hanno continuato ad aggrapparsi all’inconsistente sicurezza che gli oceani erano barriere contro la diffusione culturale. Gavin Menzies, osando pubblicare una teoria controversa, ha messo insieme migliaia di indizi attraverso il suo sito internet; e, in effetti, la pubblicazione del suo libro in Cina ha permesso al signor Liu Gang di rendersi conto che l’antica mappa che aveva comprato cinque anni prima avrebbe potuto essere di vitale importanza per una nuova interpretazione della storia delle scoperte mondiali. Dobbiamo tenere a mente che gli storici occidentali hanno sostenuto per anni che i cinesi non si sono mai dati pena di attraversare l’Oceano Pacifico e che, dopo che l’imperatore Ming chiuse le frontiere nel 1438, la Cina non riuscì a scoprire nulla di geograficamente rilevante. Beh, la popolare interpretazione occidentale della storia è semplicemente sbagliata. È il risultato di una visione estremamente miope da parte degli studiosi occidentali inizialmente impegnati a raccontare la storia dell’evangelismo cristiano. Dopo che Marco Polo (HERA 27-28-29) tornò dall’Oriente esaltando i cinesi come la civiltà più avanzata del mondo, gli storici europei erano comprensibilmente ansiosi di promuovere le conquiste di esploratori ed eroi occidentali, anche se ciò significava ignorare le grandi conquiste degli antichi marinai, fossero essi romani, greci, fenici o cinesi. E questo è ciò che è effettivamente accaduto. Gli europei hanno deciso che la storia delle esplorazioni mondiali sarebbe iniziata con il principe Enrico di Portogallo e Colombo e quindi ci siamo ritrovati con una prevenuta visione antistorica del mondo proprio all’inizio del Rinascimento. Chiunque fosse in disaccordo, compreso il famoso storico veneziano Ramusio (1575 circa) veniva ostracizzato o condannato come traditore. Gli storici non avevano interesse a promuovere le conquiste degli esploratori cinesi pagani e quindi non vennero minimamente considerati quando si trattò di scrivere i libri di storia. La stessa sorte toccò all’eredità degli antichi marinai romani. Un giorno, anni fa, mi avvicinai a uno storico dell’età classica e gli dissi che avevo trovato le prove di viaggi romani nel Golfo del Messico. Mi disse che studiava solamente i romani del Vecchio Mondo: non era interessato! Tutto questo sta cambiando, ora che la gente sta chiedendo spiegazioni agli accademici. La mappa del 1418/1763 è autentica. Mostra il mondo nella maniera più avanzata e scientifica con tutti i continenti, eccetto l’Antartide, in posizioni ragionevolmente corrette. Si può anche dimostrare che le mappe portoghesi, come la mappa di Albert Cantino del 1502 e la sezione di Vespucci della mappa di Waldseemuller del 1507, erano derivate in parte da mappe Ming. La mappa di Waldseemuller (HERA 39 pag. 66), che presentava la Florida e il Sudamerica in maniera ragionevolmente accurata, fu il fondamento per tutte le mappe successive del Nuovo Mondo. Ho discusso queste mappe nel mio libro, The Friar’s Map (1996), e ho presentato il materiale a un pubblico di studiosi generalmente ricettivo in occasione di meeting nazionali della Società per la Storia delle Scoperte e al Simposio su Zheng He alla Biblioteca del Congresso. La cosa importante di cui rendersi conto è che la mappa di Liu Gang del 1418/1763 non è un unicum. In effetti, si inserisce perfettamente nella sequenza conosciuta e documentata delle mappe cinesi e mondiali della dinastia Song dell’XI sec., le mappe della dinastia Yuan portate a Venezia da Marco Polo, mappe della dinastia Ming quali la Shanhai Yudi Quantu che risale all’incirca al 1425-1430 e infine le mappe portoghesi che copiavano parzialmente le mappe Ming. Con la rivelazione della prima cartina mondiale Ming conosciuta, gli studiosi dovranno finalmente scendere a patti con lo scrivere una prospettiva realmente scientifica e realmente mondiale delle conquiste degli antichi marinai. Abbiamo bisogno di una tale storia per liberare la comunità globale dai ceppi dell’ignoranza e dei pregiudizi etnici».
A.F.: Su quali basi, eccezion fatta per questa mappa, possiamo essere sicuri che i cinesi abbiano effettivamente circumnavigato l’intero globo già nel 1418? Tutto ciò è davvero credibile?
G.T.: «Nel mio primo libro, Nu Sun (1989), ho parlato della diffusione in tutto l’Oceano Pacifico e sulla costa occidentale del Messico e del Guatemala intorno al 500 a.C. circa dei simboli religiosi taoisti cinesi, quali il Tao, la scrittura cinese e alcuni manufatti unici quali poggiatesta di ceramica. Questo materiale è stato confermato dall’archeologa della Smithsonian, Betty Meggers. Ho anche parlato di monete di giada cinesi trovate dagli archeologi a Teotihuacan, in Messico, e datate tra il 300 e il 500 d.C. circa. L’esploratore George Vancouver disse di aver trovato indizi della presenza di mercanti cinesi quando giunse nella regione dell’Isola di Vancouver nel 1794. Una ciotola di bronzo della dinastia Ming del periodo dell’imperatore Zhu Di e di Zheng He è stata trovata a Susanville, in California, ed è stata identificata come manufatto cinese autentico da uno storico cinese. Anche Marco Polo ha descritto beni importati dal Nuovo Mondo quali perle rosse, legno brasiliano e la tintura vermiglia nei suoi scritti di viaggio. E nei suoi carteggi ha anche menzionato il fatto che i mercanti cinesi veleggiavano a est del Giappone e attraverso l’oceano verso Paesi che richiedevano un anno di viaggio tra andata e ritorno per raggiungerli. Tra i nativi americani della costa occidentale troviamo molti racconti di antichi viaggiatori che visitarono le loro spiagge e ci sono “sacche” di abitanti il cui DNA indica che sono di estrazione cinese o estremorientale – anche se vengono considerati “nativi americani”. I cinesi disegnavano mappe dell’Africa già ai tempi della dinastia Yuan, nel 1285 circa, e il cartografo italiano Fra Maru indica nella sua mappa che uno “zoncho de India”, ossia una giunca indiana, aveva doppiato il Capo di Buona Speranza e aveva navigato nell’Oceano Atlantico. Con il termine “India” a quei tempi ci si riferiva a tutto l’Estremo Oriente. Il marinaio inglese Frobisher racconta di aver visto “cinesi” in una visita all’Isola di Baffin all’incirca nel 1580. Quindi, non vi è proprio alcun dubbio che i cinesi navigarono in tutto il mondo».
A.F.: Crede che la cartografia cinese possa essere basata su conoscenze nautiche e cartografiche più antiche, come quelle egizie e fenicie?
G.T.: «Sicuramente. Ho fornito prove del fatto che la navigazione cinese poteva essere fatta risalire forse sino al 3000 a.C. sul sito www.marcopolovoyages.com, sviluppato per archiviare parte delle informazioni venute fuori dal Simposio su Zheng He tenutosi alla Biblioteca del Congresso di Washington. Nella mia ricerca ho trovato simboli greci nella Cina del 100 a.C. e ci sono documenti storici che parlano delle visite dei romani in Cina. I cinesi non erano affatto riluttanti ad apprendere dagli arabi – quindi non sorprende che alcune delle loro mappe, come ad esempio quella del 1418 possiedano uno stile vagamente tolemaico, che continuò a essere utilizzato nei territori musulmani persino dopo che i preti europei avevano bruciato tutte le antiche mappe romane. Ai tempi della dinastia Song, nel 1150 circa, i cinesi avevano sviluppato un metodo di sondaggio geodetico che diede luogo a un’eccellente mappa della Cina, effettivamente di molto migliore rispetto a qualsiasi mappa europea sino al XIX sec. Sotto i mongoli, ossia con la dinastia Yuan, l’imperatore diede inizio a un progetto scientifico di mappatura mondiale in modo da poter controllare tutte le genti del mondo che si presumeva fossero sotto la sovranità spirituale o politica del governante cinese come presunto rappresentante terreno di Dio. Questo mandato continuò anche sotto i Ming. Questo era il motivo per cui i cinesi avvertivano questa urgenza di approntare una mappa accurata del mondo come questa. Era un modo per dimostrare il loro posto al centro del mondo».
A.F.: Com’è possibile che questa mappa, se è vera, presenti dettagli incredibili, come le due sorgenti del Nilo? Come potevano i cinesi aver scoperto ciò? È possibile che le più antiche mappe cinesi vennero conservate, allo stesso modo in cui accadde ad Alessandria?
G.T.: «I Ming erano più che felici di apprendere tutto quello che potevano da mappe esistenti di regioni remote e presero molto dagli arabi riguardo ai dettagli geografici dell’Africa, dell’Arabia e dell’Egitto. La mappa in questione presenta anche considerevoli errori, come l’assenza della Florida e delle Isole Britanniche, oltre che del Rio delle Amazzoni e del Rio de la Plata in Sudamerica. Si tratta di una mappa molto schematica ideata per mostrare informazioni politiche all’imperatore Ming, non si tratta di quel genere di carta di navigazione accurata prodotta dall’ammiraglio Ming Zheng He. Tuttavia, la mappa fa riferimento nella regione del Pacifico proprio a Ma Sanbao, o Zheng He, e sembra improbabile che una mappa così schematica possa essere stata prodotta senza essere derivata da documenti ed esplorazioni a carattere maggiormente localizzato frutto di marinai che navigarono in tutto il mondo. Certamente gli europei non avrebbero ottenuto mai una mappa tale senza fare la stessa cosa, cioè navigare in tutto il mondo, ma l’ottennero con 100 anni di ritardo e in molti casi con la facilitazione di una mappa già esistente».
A.F.: Dunque per Lei il documento è autentico?
G.T.: «Dato che il documento è considerato una copia dell’originale Ming, la mia maggiore preoccupazione era la possibilità che parte di esso fosse stato inavvertitamente migliorato dall’autore (copista?) Mo Yi Tong nel XVIII sec. copiando da mappe europee contemporanee. Nel ’600 e all’inizio del ’700 molte mappe europee presentavano una strana conformazione della costa occidentale nordamericana nota come “Isola della California”. Gli storici accademici occidentali sostengono che questa cattiva interpretazione della California ebbe inizio con una mappa dell’inglese Henry Briggs del 1622, anche se Briggs attribuiva l’idea a una mappa olandese basata su una mappa spagnola. La mia ricerca ha dimostrato che nel 1285 circa il veneziano Marco Polo aveva compiuto viaggi con i marinai cinesi della dinastia Yuan sino alla costa occidentale del Nordamerica durante i quali vennero disegnate mappe. Le loro mappe sono state copiate e in seguito migliorate dalle spedizioni comandate da Zheng He. Dato che ero a conoscenza delle mappe veneziane di Sylvanus (1511) e Bordone (1523) che mostravano la California come un’isola, ho suggerito che queste carte veneziane della California (scoperta Hernan Cortés nel 1535, quando le mappe già esistevano) erano il risultato dell’importazione a Venezia da parte di Marco Polo di copie delle mappe Yuan con ciò che sembrava essere l’Isola della California. In seguito ho predetto che le prime mappe Ming avrebbero dovuto contenere lo stesso errore, mentre le ultime mappe Ming avrebbero dovuto correggerlo. In effetti, esiste una mappa Ming più tarda del 1425 circa, la Shanhai Yudi Quantu, che mostra la California attaccata al continente. Ho discusso queste mappe nel sito www.marcopolovoyages.com. Ad ogni modo, questo è il genere di anomalia, o “marcatore di diagnostica geografica”, che ha la maggiore possibilità di confondere gli studiosi occidentali e di escludere completamente la possibilità di un falso. Effettivamente, la mappa del 1418/1763 appena scoperta si inserisce perfettamente nella tradizione cartografica cinese sotto le dinastie Song e Yuan e continuata da Zheng He – e vastamente migliorata.
Un altro elemento che mi stupisce è l’inclusione di quattro isole inesistenti intorno al Polo Nord. Questa era una caratteristica comune delle mappe europee di Mercatore (1569) e dei maestri olandesi (Ortelius, Judeus), che sembravano aver derivato l’idea da una leggenda romana. Il perché queste isole siano presenti in una mappa cinese è incerto. Dato che vi era contatto tra europei e cinesi ai tempi dei romani e quando Marco Polo visitò la Cina nel XIII sec., potrebbe darsi che queste isole possano derivare da quelli o da successivi contatti con i missionari gesuiti. In ogni caso, questi casi minori di possibile influenza dell’Occidente non sono molto significativi. In questa mappa possiamo vedere l’Australia rappresentata come il “continente meridionale”, che i geografi occidentali confondevano con l’Antartide. Tuttavia, la mappa in sé stessa presenta diverse inaccuratezze. Non è una carta pratica per la navigazione, ma piuttosto una schematica cartina politica ideata a uso e consumo dell’imperatore che mostrava i Paesi stranieri (barbari) che inviavano doni (tributi) ai Ming. Certamente non si tratta della mappa di navigazione di Zheng He – ma può essere stata prodotta unicamente compilando innumerevoli carte più piccole e racconti di viaggiatori».
A.F.: Dunque, qual è l’importanza della mappa del 1418/1763?
G.T.: «Essa mostra tutti i continenti (eccetto l’Antartide) e rappresenta il primo ritratto delle terre emerse nella loro posizione corretta. Ciò potrebbe essere stato ottenuto unicamente da un enorme sforzo di esplorazione e dei cartografi, dei geografi e degli astronomi. E ciò poteva essere raggiunto unicamente in seguito a decenni di lavoro sul campo e di osservazioni astronomiche come quelle condotte dai marinai Yuan. In effetti, rappresenta il culmine di uno sforzo. Possiamo notare questo sforzo nella mappa Ming posteriore, chiamata Shanhai Yudi Quantu (1425 ca -1430). Chiaramente i marinai di Zheng He circumnavigarono il globo. Comparandola con mappe precedenti della dinastia Yuan che ritraggono l’Africa, l’Asia e le coste del Nuovo Mondo, possiamo documentare l’espansione della conoscenza del mondo attraverso gli occhi degli esploratori cinesi. Di conseguenza, sono convinto che gli europei copiarono le mappe cinesi. Vediamo porzioni della mappa del 1418 riflettersi in quella di Cantino (1502) e di Waldseemuller (1507), che derivarono da fonti portoghesi. E i documenti storici del principe Pedro, di Niccolò da Conti e Pero de Covilha identificano fonti cinesi per i loro servizi segreti. Questo accesso prematuro alla conoscenza accurata della geografia mondiale permise ai portoghesi di raggiungere le Indie nel 1498, con grande vantaggio su tutti i concorrenti europei. Sfortunatamente per il resto d’Europa, i portoghesi erano molto gelosi delle loro fonti straniere. Fecero uso di una mappa ingannevole creata dall’agente Martin Behaim per far credere ai rivali che il Cathay (o Cina) si trovasse direttamente a ovest dell’Europa. La scoperta di Liu Gang è un tassello vitale del puzzle della storia delle esplorazioni. Ha trovato una mappa che si inserisce perfettamente nel progressivo sviluppo dei documenti cartografici. Presi nella loro interezza, questi documenti sostengono la tesi di Gavin Menzies, secondo la quale le navi dell’ammiraglio Zheng He giunsero in America».
Di Adriano Forgione
(per gentile concessione di Hera Magazine)