Eddy Kühl Managua, Nicaragua 25 Junio 2015 Edición Impresa
¿Por qué? «Chontales» no es nombre local del centro-norte, sino que así le llamaban los nahuas del Pacífico a estas hermosas sierras en el horizonte azul en el centro de la Provincia, pues para ellos significa extranjeros, groseros, que no hablaban náhuatl. Los amerrique eran de los mismos matagalpas (misma lengua, misma cerámica “cacaolí naranja”, mismas estatuas de piedra cilíndricas (no eran ídolos), costumbres, etc., quienes negociaban con los mayas del norte, estos (los mayas) se cree que bajaron hasta acá al sur, e hicieron súperestructuras que ahora buscamos profesionales nicas con la “Fundación Ulúa-matagalpa, y estamos seguros de encontrarlas al sur de este departamento. Pues la toponimia de “Amerrique”, “lugar del viento” o “donde el viento sopla”, así llamaron los mayas a esta cordillera.
In his book The Naturalist in Nicaragua written in 1874, British geologist Thomas Belt stated that the source of America’s name originated in the Amerrique Mountains – an important source of gold in the early 1500s. Nicaraguan archaeologist Jorge Espinosa also stated that the Amerrique gave their name to the Western Hemisphere, however, he based his thesis, for the University of Louisiana, on historical maps – drawn by John Cabot in 1497 – where the name Amerrique already appears 5 years before Columbus set foot in Nicaragua in 1502 (El Nuevo Diario October 18, 2005).
* Miembro de la Academia de Historia y Geografía de Nicaragua.
Ai primi del Cinquecento, un grande geografo, l’olandese Johannes Ruysch è l’autore di una clamorosa affermazione che coincide con quanto sosteniamo da oltre 25 anni. Lo scienziato, sulla cui carta il Giappone non compare, scrive che «Marco Polo afferma che … c’è un’isola molto grande chiamata Cipango (il presunto Giappone, in un errore marchiano che si continua a protrarre), i cui abitanti adorano idoli e sono governati da un re … La loro terra è ricca di oro e di ogni genere di pietre preziose. Ma per quanto le isole scoperte dagli spagnoli occupino questo spazio, noi non dobbiamo arrischiarci a localizzare qui quest’isola, essendo dell’opinione che quelli che gli spagnoli chiamano Spagnola (l’odierna Repubblica dominicana con Haiti, n.d.a.) è in realtà Cipango, poiché le cose che sono descritte come caratteristiche di quest’ultima sono state rilevate anche a Spagnola in aggiunta all’idolatria». Lo stesso valga per l’antropofagia. Difatti il passo più sorprendente contenuto nei “Commentari reali degli Incas” di Garcilaso de La Vega afferma che «Il Padre Blas Valera, parlando delle antichità del Perù e dei sacrifici che gli Incas rendevano al Sole riconoscendolo per padre, dice quanto segue, e lo cito alla lettera: “Nella qual venerazione, i successori rendevano al Sole grandi sacrifici di pecore e di altri animali, mai però di esseri umani, come a torto sostengono Polo e quanti lo hanno seguito”». E’ evidente che anche Blas Valera come Garcilaso identificano il Cipango con territori delle Americhe, in questo caso il Perù.
Dall’Indonesia alle tombe delle isole Sulawesi e i Moai dell’isola di Pasqua. Strane somiglianze si rincorrono in località lontane fra di loro, specie per quanto riguarda gli occhi bianchi. Forse sono solo suggestioni o forse sono indizi di lontani contatti. Come anche le costruzioni su anfratti rocciosi. Dagli Anasazi del Messico fino ai Chachapoias del Perù per finire addirittura con l’Africa dell’antico impero del Mali nelle ultime due fotografie.
Crociata, guerra santa, infedeli, guerre di religione sono termini appartenenti ad un triste e sanguinoso passato tornato tristemente d’attualità. Per cui proponiamo queste carte che riproduce quali furono i momenti storici, gli itinerari che videro lo scontro fra Cristianesimo ed Islam e gli ordini cavallereschi che ne furono protagonisti.
A proposito dei Cinesi in America prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo il professor José Luis Rosùa Campos ci ha inviato alcune immagini, che rafforzano quella che ormai non può considerarsi una semplice ipotesi. In Perù ad esempio sono centinaia i toponimi di località perfettamente identiche nel nome a corrispettivi cinesi. Avanzando anche il possibile scambio a senso inverso, che condividiamo, fra le due sponde dell’Atlantico. Questo il testo della mail che il professore dell’Università di Granada ci ha inviato:
“Tengo alguno de sus libros y le felicito por su rastreo de la sociedad italiana del momento que permitió apoyar el "descubrimento tardio", que otros hicieron mucho antes, mesopotamicos, fenicios, griegos, árabes, chinos y dravidas . Usted me envia algunas pruebas de ello (chinos) y yo trabajo en muchas mas pruebas de la presencia mediterránea en America desde el 3000 antes de Cristo (Caral, Perú). Los jomones de Japon lo hicieron 4000 años antes de Cristo. Pero tambien es muy interesante la "volta" de los americanos al Mediterraneo (etruscos, y celtas, etc, etc entre otros).
Ciertamente las elites del mundo renacentista, entorno a los Mecci y los Paleologo, conocian de la existencia de America, entro otros los Geraldini Vespucci, Colombo di Cuccaro, los Cybo, etc, etc,. Los Medici necesitaban retomar la importación de especias, que se complicaba , por el dominio turco del Oriente mediterraneo y todo ello propicio la descoperta colombina.”
Nelle foto alcuni manufatti dalle sembianze tipicamente orientali oltre al comune culto del drago e disegni identici sulle ceramiche. Da sinistra due foto relative alla cultura Chorrera, la terza alla cultura Olmeca. Poi dal Perù un classico mandarino cinese ed infine due foto relative alla cultura La Tolita Tumaco, al confine fra Colombia ed Ecuador.
José Luis Rosúa Campos
Ciencias Ambientales
Edificio Politécnico
UNIVERSIDAD DE GRANADA
Le analogie fra le due sponde del pacifico sono sempre tante. E non fanno che accumularsi. Se tre indizi fanno una prova in questo caso gli indizi si rivelano innumerevoli. A riprova di contatti precolombiani che vanno molto indietro nel tempo. È il caso di totem e statue che paiono avere un’unica ispirazione. Come quelle di Tula in Messico (nelle prime due foto) e in Nuova Caledonia (penultima a destra). Che ricordano anche le immagini sulle tombe del 1300 dei Geraldini, gli amici di Colombo e suoi protettori alla corte di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Alessandro fu inoltre quello che convinse la regina a dare l’ok all’”operazione America”. Per finire con una testa Maya nell’ultima foto.
Josquin Desprez, trascritto anche Des Prés o Desprès (1450 circa – Condé-sur-l'Escaut, 27 agosto 1521), è stato un compositore franco-fiammingo. È contemporaneo di Leonardo da Vinci (è morto, come lui, in Francia, due anni dopo) e nel XVI secolo fu definito "il Michelangelo della musica". Recenti ricerche hanno ipotizzato che Josquin possa essere il soggetto del quadro di Leonardo "Ritratto di musico", in precedenza riconosciuto in Franchino Gaffurio.
Da 500 anni si disputa, ci si confronta, ci si affronta su chi per primo ha raggiunto le Americhe. Tutti hanno i loro primati, che divergono sia per regioni geografiche di provenienza, sia per interessi economici, politici, di bandiera e persino religiosi. Non c’è nessuno che potrà mai dare una risposta conclusiva. Perché chi fu il primo non lo sapremo mai. Per noi, non ci stancheremo di ripeterlo, l’unico che ha fondamentale importanza è l’ultimo, il definitivo, quello con il quale l’ “otro mundo” è diventato una realtà, mutando fino ai giorni nostri il corso della storia. E questi non può essere che Cristoforo Colombo. Chapeau! Ma se anche noi volessimo partecipare al gioco dell’oca dei primatisti abbiano da tempo il sospetto che possano essere stati, fin da tempi molto antichi, precedenti anche a Cristo, i Cinesi. Sempre che dall’America non siano stati loro a venire prima da noi. La civiltà cinese è stata da sempre incredibilmente sviluppata, ma altrettanto gelosa delle proprie tradizioni, al punto da costruire una muraglia che la escludesse dal resto del mondo considerato barbaro, per finire con il distruggere tutte le loro carte geografiche per impedire ogni possibilità di contatto e di comunicazione per chi avesse avuto l’ardire di sfidare l’interdetto. Abbiano già fatto, con le immagini, il percorso da Oriente a Occidente del simbolo del serpente-drago sacro (vedi sul sito). Ma credo che sia necessario riprodurre ancora una volta due delle immagini proposte. La loro identità è straordinaria, sorprendente, rivelatrice. Questi due serpenti draghi uno maya e uno cinese in giada non possono essere, come tante volte si sostiene, per cancellare una scomoda verità, una coincidenza. Queste sono il segno inequivocabile di una trasmissione del pensiero e delle credenze che trasmigra dall’America alla Cina e viceversa attraverso il lungo serpente-drago dell’oceano Pacifico. Le due rappresentazioni sono il prodotto a stampino di un’unione indissolubile e culturale che attraversa il tempo. Una scoperta di fronte alla quale ogni scetticismo dovrebbe cadere. Anche se così non sarà. Perché qualcuno ha scritto: "La verità attraversa sempre tre fasi: nella prima viene ridicolizzata; nella seconda ci si oppone violentemente; infine, la si accetta come ovvia.". E questo vale anche per quanto stiamo diffondendo da 25 anni sulla storia di Cristoforo Colombo e di papa Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo.
Continuando nella ricerca degli indizi comuni fra le due sponde dello sconfinato Pacifico c’è un altro elemento che unisce quelle popolazioni lontane, ma vicine attraverso scambi sviluppatisi fin da tempi molto antichi. Un elemento connesso in particolare alle credenze e ai costumi mortuari. E’ la giada. Pietra sacra, che dona in qualche modo l’immortalità e preserva dalla decomposizione dei corpi. Particolarmente impiegata nelle usanze funebri sia nei paesi asiatici ed in particolare in Cina sia nelle terre Maya, in Messico e in Perù. Come è dimostrato in questa serie di foto con i vestiti di giada in alto intessuti a volte di fili d’oro per i cadaveri degli imperatori cinesi e sotto con le maschere, le sculture e gli oggetti rinvenuti nelle tombe dei paesi latinoamericani. A completare il tutto ritorniamo sulla figura del drago serpente con tre dischi, uno di provenienza mesoamericana e gli altri due in giada rinvenuti in Cina. Le “coincidenze” si moltiplicano, mentre il dubbio di contatti anche prima di Cristo sconfina sempre di più nella certezza. Senza nulla togliere al primato di chi ha cambiato la storia del mondo: Cristoforo Colombo.
Ci sono singolari similitudini iconografiche, che uniscono continenti molto lontani fra loro. Abbiamo già visto il “filo rosso” che si dipana dall’Europa verso l’Asia e da lì alle Americhe nell’immagine terrifica del serpente-drago. Oggi proponiamo una serie di sculture, che sembrerebbero avere una matrice comune, a cominciare da un’immagine dell’Honduras, seguita da un manufatto maya e uno del Guatemala. Per poi trasferirci, traversando il Pacifico, in Cina e a Bali e infine in Giappone con un antico e nobile samurai nel suo abbigliamento guerriero. Nella fila sottostante ancora sculture, questa volta della misteriosa civiltà precolombiana degli Olmechi nel Messico centrale con i loro grandi visi contrassegnati addirittura da tratti negroidi. Ai quali fanno da eco quelli più stilizzati e dai connotati decisamente orientali di una statuetta sempre olmeca e di una del Guatemala, per finire con due visi sorridenti, alla stregua di Monne Lisa dagli occhi a mandorla, che fanno parte dello spettacolare parco archeologico di Angkor, in Cambogia. Ancora una volta solo e sempre semplici suggestioni?
Il serpente-drago è un simbolo antichissimo. Attraversa moltissime culture e si fa risalire ai Celti. Agli albori era un simbolo positivo, poi con il tempo si è tramutato in negativo a cominciare dalla tentazione di Adamo ed Eva. In particolare con la religione cristiana l’ottica è radicalmente cambiata. Così San Giorgio uccide il drago e gli infedeli diventano a loro volta il drago da estirpare. Ma è curioso il filo russo che attraversa e unisce le regioni della terra da Occidente ad Oriente, sull’onda delle spire di una bestia terrifica. Thailandia (figure 1 e 2), Corea (figura 6), Bali (figura 3), Giappone (figura 4), Cina (figura 6) lo rappresentano sul fronte dei paesi asiatici, ma se si supera lo sconfinato oceano Pacifico ecco riapparire le stesse immagini sulle terre latinoamericane: Messico (figura 7), Maya e Atzechi (figure 8, 9 e 10), Quetzalcoatl (figure 11 e 12), Incas. Del Perù e lago Titicaca (13-14-15). Tutti accomunati dal serpente-drago. Segnale di una possibile comunicazione che lega le due sponde della grande distesa oceanica? Ormai è assodato che i Vichinghi siano arrivati in America prima di Colombo (chi è stato il primo non lo sapremo mai e la storia è cambiata solo con l’ultimo, il definitivo: l’Ammiraglio). E quali erano le polene dei “drakkar” degli uomini del Nord? Guarda caso ancora il drago (tutte le figure della terza fila). Inoltre in una delle immagini che abbiamo trovato si scorge sulla vela una croce rossa (compare anche nella leggenda di San Brandano, monaco irlandese) proprio come quella che inalberavano le caravelle di Cristoforo Colombo. Forse si tratta solo di una suggestione. Che comunque lascia pensare.
Una lettera poco conosciuta di un Presidente americano, il massone Abramo Lincoln. Il quale usa il tono della profezia. Nel testo si esprimono singolari concetti circa l’importanza e la necessità di riapprodare alla culla di Roma, per un felice futuro della civiltà.
Ecco alcune delle più famose e importanti frasi su Cristoforo Colombo: il navigatore ritenuto (quasi all'unanimità) lo scopritore dell'America. A dimostrazione che su questo tema l’ignoranza è atavica.